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ferenza di spirito, tutti dovranno per un quarto d'ora fare la lezione spirituale.

CAPO DECIMOQUARTO.

Del modo come dobbiamo conversare fra di noi. 1. La nostra conversazione e colloqui familiari devono dimostrare il sincero e cristiano amore, che tutti scambievolmente dobbiamo portarci, e cosi dee quella essere tutta amore e carità cordiale, che abbia Iddio per principio, e Iddio per fine; a mandoci con quell' amore al quale esortava i fedeli l'apostolo diletto: Quoniam haec est annuntiatio, quam audistis ab initio, ut diligatis alterutrum 1.

II. Questo amore ci dovrà fare compassionevoli co' compagni, desiderosi del loro bene spirituale, e pazienti nel soffrire i loro difetti: Supporiantes invicem in chari tate, solliciti servare unitatem spiritus in vinculo pacis 2.

II. Dee regnar ancora tra noi uno scambievole rispetto e stima, considerandosi ognuno come suddito e discepolo del compagno, ponendo sempre mente alle parole. del Redentore: Non veni ministrari, sed ministrare 3, e dell' altre riferite da S. Giovanni: Si ego lavi pedes vestros, dominus et magister, et vos debetis alter alterius lavare pedes *.

IV. Ma ingegnandosi ciascuno di mostrarsi amico caritatevole ed ossequioso di ogni fratello, avverta a non fomentare amicizia particolare con veruno, essendo questa, non men che l'avversione, origine di rotture, di discordie, e della rovina delle comunità, le quali non possono ben regolarsi e camminar con buon ordine, se non regna in esse una pace equabile in tutti e con tutti, onde sfuggansi le soverchie familiarità e confidenze che non si confanno colla sodezza e rigore del vero spirito, il quale dee, non dico diminuirsi, ma crescere nella santa fraterna cordiale nostra amicizia in Gesù Cristo.

tino i nostri con rispetto e decoro, così in casa come fuori. A mensa però si levi la beretta solo al superiore, e a qualche personaggio forestiero e di condizione distinta.

VI. Si fugga più che la peste ogni sorte di contesa, e se ne tronchi a buon'ora qualsivoglia radice ancor con perder le proprie ragioni, e se (il che tolga Iddio) accadesse alcun disturbo, sia ognuno ricordevole dell'avviso della sagra Scrittura come altrove si è incaricato: Sol non occidat super iracun

diam vestram 1.

VII. Niuno ardisca di riprendere o correggere il compagno de' suoi difetti o mancamenti, ancorchè naturali, essendo questo uffizio proprio del superiore, ed il quale niuno dee arrogarsi, ma osservandosi nel compagno alcun mancamento o difetto, se ne dia con secretezza e carità al superiore l'avviso, il quale con la sua prudenza ed autorità metterà in opera i mezzi opportuni per emendare, correggere e castigare ancor il fratello, se il difetto lo richiede, e far cessare il disordine e le mancanze.

VIII. Senza licenza del superiore niuno ardisca parlare con collegiali, con novizî, studenti, e parimente niuno si porti nei luoghi destinati al loro uso o per gli eser

cizi loro.

IX. Niuno s' intrometta nell'uffizio o impiego del compagno, eccetto quando venisse pregato dagli uffiziali subalterni a porgere aiuto in alcuna cosa, perchè allora, potendo, dia subito la mano, e caritatevolmente l'aiuti, purchè però possa in breve tempo spedirsi la faccenda, perchè, se vi si richiede molto tempo, si dee prima chiedere licenza al superiore.

x. Nelle ore di ricreazione severamente si proibiscono le dispute su punti di scienze, per non riscaldare il capo, impedire la digestione ed il sollievo delle anime, che si pretende in questo tempo. Il luogo del disputare è la scuola, ove s'attende nelle

v. Nell'incontrarsi l'uno l'altro si salu- scienze e ne' studî. 1 I, Iон., III, 11.

2 Ephes., IV, 2 et 3.

3 MATTH., XXVIII.

4 IоH., XIII, 14.

XI. S'incarica fortemente a servar rigoroso silenzio intorno a tutto ciò che si fa

1 Ephes., IV, 20.

CAPO DECIMOQUINTO.
Dell' orazione mentale.

o si dice in casà, niente discorrendone con | ne' titoli come nelle espressioni riluca in forestieri, specialmente se siano difetti o essi la carità, l'amorevolezza, la confidenza, imperfezioni, ancorché minime. Il buon e sopra tutto la semplicità cristiana. Leggat nome è pur troppo necessario agli evange- ognuno il cap. xxv del Cammino di perfelici ministri, onde di loro con tutti bisogna zione di S. Teresa di Gesù, e rifletta a quei parlar di tal guisa, che ognuno resti di mirabili documenti che ivi dà, acciocchè le loro conversazione e vita edificati. E la pace sorelle si reputino tutte eguali, e certae fraterno amore è pure assai richiesto nelle mente ognuno si persuaderà, che niuna dicomunità, e si dee porre da ognuno qualsi- stinzione, nè pur nello scriversi l'un l'alvoglia studio e fatica, acciocchè, senza om- tro, e niuna maniera che odori di mondo, bra e diminuzione, viva nel cuor di tutti, debba permettere nelle ben regolate comue con ogni sollecitudine e zelo dee ognuno nità. avvertire, che non abbia a ricevere canza, nè a raffreddarsi per colpa sua; onde se in ciò accadesse alcuna mancanza o trasgressione, il superiore non lasci impunito il trasgressore, per leggiero che sia stato il fallo, essendo ciò cagione che l'amore tra i fratelli si raffreddi, cosa che noi dobbiamo sfuggire con tutte le forze possibili. XII. Non presuma alcuno lamentarsi del vitto, della camera, o di qualsivoglia altra cosa della comunità, nè di qualche mancanza di comodo; e se mai avvenisse cosa alcuna che non soddisfacesse, o dasse non leggiero fastidio, se ne dia segreto e subito avviso al superiore, il quale con discreta prudenza dovrà porvi il rimedio.

XIII. Parlandosi d'altri regni o paesi dei quali sono gli astanti, non se ne dicano i difetti, potendo essere ciò cagione di rompersi la carità fraterna.

XIV. Coloro che hanno deposto l'affetto al mondo, e si sono liberi dalle cure di quel lo, consecrati agli esercizi apostolici, senza alcuna mira di proprio interesse, debbono anche spogliarsi del soverchio desiderio di sapere le avventure delle guerre e delle cose che succedono ne' governi degli Stati, ma dovran piuttosto vivere come se per loro non ci fosse mondo, sebbene però non dobbiamo dimenticarci del nostro essenzialissimo obbligo di pregar sempre il Signore per li nostri sovrani in primo e principal luogo, indi per tutti i principi cristiani, e loro pace e concordia.

xv. Nelle lettere che si scriveranno i nostri fratelli scambievolmente, evitino ogni soverchia cerimonia ed affettazione, ma cosi

1. Se, come dice S. Teresa, la meditazione è cosa che a tutti i cristiani importa la vita il cominciarla, chi mai potrà dubitare che noi dobbiamo con una cura particolarissima far che questo santo esercizio sia l'unico nostro pensiero e le nostre vere delizie, dacchè non solo è debito della nostra vocazione il procurare coll'aiuto del Signore accostarci a lui, e seco in dolce conversazione deliziarci il più che possiamo per mezzo di questo santo esercizio e degli altri atti inverso Dio che negli altri capitoli si prescrivono, ma è altresì principal nostro impiego il trasfondere lo spirito di orazione negli altri prossimi ed istillarlo ne' cuori de'collegiali; onde essendo l'amore dell'orazione il principal fondamento su cui si erige il grande edificio di questa minima radunanza, quanto con più o meno fervore, assiduità e vigilanza si attenderà da noi a tal santo esercizio, tanto maggiore o minore sarà lo spirito della nostra comunità; nella quale benchè un'ora solo d'orazione da farsi in comune s'ordini e comandi, tale determinazione di tempo sia data solamente per tôr via tutte le scuse che alcuno volesse pretendere per non intervenirvi, non già perchè, soddisfattosi all'obbligo della comunità, dobbiamo menare il resto del giorno senza volger la mente al nostro grande Iddio e dolcissimo padre, essendo tenuto ognuno a sapere che lo spirito del presente istituto esige da ognuno l'osservanza puntuale e fedele delle parole di Gesù Cri

sto: Oportet semper orare et nunquam deficere ; la qual cosa anco nella folla delle faccende, e nel mezzo degl' impieghi nei quali saranno posti i nostri, potranno facilmente colla grazia di Dio conseguire, osservando la pratica seguente.

II. Si studii e si sforzi ognuno di contrarre l'abito di purificare l'intenzione nel principio di qualsisia azione, con indirizzarla a Dio ed alla sua maggior gloria, e continuare poi di quando in quando lo stesso atto nel progresso dell'opera, similmente procurando ravvivare di quando in quando la fede della divina presenza, avendo di continuo avanti gli occhi che noi andiam sempre sotto gli occhi di Dio, e cosi faremo brevemente con sua divina maestà di tempo in tempo alcun colloquio amoroso o qualche aspirazione fervorosa, o alcun atto di fede, speranza e carità, per fare i quali atti non si richiede lunghezza di tempo, ma fervore di volontà e brevissimo lancio d'ossequioso pensiero verso Dio. Si facciano anche familiare i nostri l'uso delle giaculatorie orazioni, particolarmente di quelle che dall'orazione fatta in comune si sono prese, o che l'anima, riflettendo alle verità meditate, ha fatte e fa, essendo utilissimo consiglio quello del grande S. Francesco di Sales che noi dobbiam raccorre dalla meditazione alcuni sentimenti che più ci han mosso, per rimeditarli fra il giorno, come chi raccoglie da un orto i fiori che più gli sono piaciuti, e poi tra via gli va tratto tratto odorando; e finalmente nelle ore, nelle quali i nostri saranno liberi e sbrigati dalle necessarie occupazioni, utile pratica sarà o di portarsi in chiesa a fare un poco d'orazione innanzi il santissimo sagramento, o di leggere nelle loro stanze qualche buon libro che accenda la volontà e la porti a far qualche atto fervido verso il suo Dio, ed in questa maniera nelle azioni avendo riguardo a Dio, e per fine Iddio, e nelle ore libere dalle fatiche colla lettura e meditazione illustrando la mente ed intenerendo l'anima, si farà sempre orazione, e si acquisterà il bell'abito di star sempre con Dio anche nel mezzo delle 1 Luc. XVIII, 1.

più distrattive faccende, e si eseguirà il comando di S. Leandro vescovo di Siviglia alle religiose: Lectio sit tibi assidua, iugisque oratio, dividantur tibi tempora et officia, ut, postquam legeris, ores, postquam oraveris, legas.

III. La mentovata ora d'orazione in comune, acciocchè riesca facile a tutti e niuno possa allegare scusa per non intervenirvi, si dividerà in due volte: una mezz'ora se ne farà la mattina, e l'altra la notte nella stagione d'inverno, e dopo il riposo del giorno nella stagione di estate. Subito intesosi il segno della detta orazione, ognuno s'immagini d'esser chiamato da nostro signor Gesù Cristo per andar a trattar seco da solo a solo il grande affare dell'eterna salute, e con tal pensiero, lasciando subito ogn'altra cosa che si stesse facendo, vada nel luogo destinato, pensando sempre a chi è colui che lo chiama, ed al negozio per cui lo chiama. Arrivato che sarà ognuno nel detto luogo si porrà in ginocchio, trattenendosi, fintanto che s'incominci l'orazione, in atti d'adorazione e di amore inverso il santissimo sagramento, il che si praticherà anche quando per la mattina e sera si raduneranuo per l'esame di coscienza.

IV. L'orazione si farà da tutti posti in ginocchioni, e se taluno non potesse proseguire in tal sito, dopo la preparazione potrà levarsi e stare in piedi, ma niuno potrà stare appoggiato o a sedere, senza che pria n'abbia ottenuto la licenza dal superiore.

v. Datosi il segno, il superiore aspetterà uno spazio determinato nel quale ciascuno possa venire dalla sua stanza, dopo il quale, benchè non tutti si siano radunati, egli non aspetterà oltre, ma darà principio all'orazione col Veni, Sancte Spiritus, etc.; e lo stesso dovrà farsi in ciaschedun altro esercizio di comunità, non dovendo aspettare più tempo per far ragunare tutti.

VI. Dopo recitato il Veni, Sancte Spiritus, etc., si farà la preparazione, suggerendone il superiore in poche parole il motivo degli atti suoi, e frapponendo fra l'uno e l'altro motivo tanto di spazio, che ciascuno possa brevemente fare gli atti, e nel fine di essa si dirà l'Ave Maria col Gloria Patri.

VII. Finita che sarà la preparazione, si leggerà un punto per meditare o da' libri del padre Spinola, o da altri scielti dal superiore; e passato che sarà un quarto d'ora in circa, nel quale ognuno ben rifletterà a ciò che ha inteso e si studierà destarsi agli affetti e risoluzioni corrispondenti; si leggerà poi l'altro punto, circa il quale ognuno farà lo stesso, dovendo sempre la meditazione dell'intelletto accendere la volontà, e muoverci all'acquisto e pratica delle virtù. Circa il fine il superiore darà il segno ed i motivi per gli atti della conclusione; e finita la mezz'ora, si dirà con pausa divota la Salve Regina, prima della quale potrà il superiore o dire o far dire a chi gli parerà qualche sentimento che siasi ricavato dall'orazione.

VIII. La meditazione che si farà per la mattina dovrà farsi sulla Passione di nostro signor Gesù Cristo, fuori de' giorni di comunione, ne'quali dee essere su dello stesso soggetto della comunione; la sera poi si farà su qualche punto della vita purgativa, e spesso sui novissimi.

IX. Durando l'orazione mentale, a niuno sia lecito recitare qualsisia orazione vocale, ma ciascuno sia intento a meditare il punto proposto.

dimento non potesse intervenire all' ora suddetta, dovrà poi supplire in altro tempo e luogo.

CAPO DECIMOSESTO.

Della mortificazione.

1. Gran nemico ed insidiatore continuo è ciascuno a se stesso, ed il secondare le nostre voglie ed appetiti, è un far più forte un tal nemico e renderlo più gagliardo ai nostri danni, e l'unica maniera per superarlo e sottrarsi alle sue insidie ed assalti, è il contrastarlo sempre e mortificare in noi ogni piccol moto di appetito non ben regolato, e star sempre avvertito a considerare, che si pensa, che si desidera, che si stima, che si ambisce, per vedere se in qualche cosa in noi nascesse desiderio di cosa non conforme alla nostra vocazione, per sradicare subito dal cuore tal cattiva semenza che potrebbe far germogliare erbe velenose che soffocherebbero tutto il buon grano che con aiuto di Dio si spera che abbia da raccorsi dalle nostre pratiche ed osservanze della regola che abbiamo abbracciato. Per ben esercitare la mortificazione bisogna prima riflettere che diceva David: Anima mea in manibus meis semper 1, cioè porto il mio cuore nelle mie mani, per ben osservare e vedere che pensa, che desidera, e dove si muove; e bisogna poi rompere le voglie disordinate, la sregolata concupiscenza, eseguire il bell'avviso di S. Paolo Carnis curam ne feceritis in desideriis 2; anzi per consiglio ed avviso di tutti i direttori di spirito bisogna anche nei desiderî leciti mortificarci e andar contro alle proprie inclinazioni per renderci padroni di noi stessi e togliere l'armi al nemico, il quale non può di leggieri credersi quanto si faccia poderoso e terribile, se secondando spesso i suoi appetiti si lascia prender forza contro allo spirito che lo dee tener soggetto e abbattuto; inoltre la mortificazione è qual forte muro per difendere la religiosa osservanza dagli assalti de' nostri XI. Se alcuno si addormentasse, sia tenuto nemici, e per fare che quell'anima, che di chi gli è vicino a destarlo.

x. Per tutto il tempo che dura la meditazione, si studii ognuno di osservare un esatto e divoto silenzio, seguitando l'esempio de' santi padri antichi, i quali nelle comuni adunanze benchè fossero in numero grandissimo, stavano tuttavia con si fatta modestia e silenzio, che sembrava che niuno ivi fosse; non tossivano nè raschiavano, anzi neppur piangevano nè sospiravano per non disturbare gli altri. Ognuno dunque rifletta seriamente che ivi si sta per meditare, parlar con Dio, con se stesso, e con serietà proponere ciò che conosce ognuno esser necessario per la riforma de'difetti ed aumento delle virtù, per ricordarsene spesso tra il giorno, e mettere in esecuzione ed in opera i fatti proponimenti.

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1 Psal. CXVIII, 109.

2 Rom. XIII, 14.

tal saldo muro è cinta e difesa; porti senza tema d'alcuno i frutti di acquisto di virtù, di santo zelo, e d'utile nelle anime de' prossimi, che sono le cose alle quali sono indirizzate tutte le nostre fatiche.

II. Si parla adunque in questo capo della mortificazione interna, reprimendo la concupiscenza immoderata delle cose sensibili con mortificare i sensi interiori e le proprie passioni.

III. Il fondamento, sul quale ognuno deve stabilire la sua mortificazione, è il risolversi di lasciar affatto la propria volontà, il proprio giudizio, e regolare ogni azione per tutto il corso della giornata, secondo prescrive la regola, e non andar cercando altro, nè pensando oltre, radicando ben nell'animo la risoluzione di volere con esattezza religiosissima puntualmente osservare ogni minuzia della regola, stimando ogni suo prescritto come un mezzo datoci non dagli uomini, ma da Dio signor nostro per farci diventare gran santi col favor suo. Oh bella, sicura e meritoria sommamente maniera di praticare con frutto grandissimo la mortificazione si è questa, nè creda taluno che sia picciola. Ella è più grave e di maggior difficoltà che pare a prima vista, ma è la maniera sicurissima voluta da Dio, ed alla quale noi abbracciati in breve faremo grandi progressi nella perfezione, e senza questa anderemo piuttosto indietro, benchè d'altre volontarie mortificazioni ci caricassimo di proprio capriccio e giudizio. All'incontro, chi esattamente osserverà tutte le regole, ancor le più minute, senza altre mortificazioni di cilizî, digiuni ed altro, diverrà perfetto, e riuscirà, mercè la grazia del Signore, gran santo. E sia così geloso ognuno di tal esatta osservanza, che fissi bene nell'animo tal pensiero, che sarebbe certamente tentazione del nemico il preferire mortificazioni di propria elezione e volontà agli ordini della regola, e ci cagionerebbe non piccol danno e gran ritardamento nell'intrapreso viaggio; imperocchè siccome sarebbe sciocchezza propria ed illusione del comune nemico il trasgredire alcun precetto divino o ecclesiastico per os

servare un punto di regola, cosi sarebbe ancora inganno del nemico se alcuno volontariamente ed avvertitamente trasgredisse un minimo punto di regola o di costituzione per operare mortificazioni supererogatorie abbracciate per proprio parere e consilio.

IV. Chi sarà ben della necessità persuaso dell'interna mortificazione, e la praticherà come si deve, sarà amico dell'esterna, tanto più che questa è molto utile per essere uomini d'orazione, quali dobbiamo essere, mentre dice S. Teresa, che spirito d'orazione ed accarezzamento di corpo non possono star insieme. E poi chi attende a rompere e frenare le voglie proprie in cose anche lecite per avvezzarsi ad essere padrone di se stesso, come non cercherà ogni maniera (prudente però e discreta) di domare anche il suo corpo, sapendo ognuno, che se questo si cura bene, e si tratta con gentilezza e mollezza, dà dei calci e fa gran danno. In questa regola tuttavia poche esterne mortificazioni si prescrivono, e ciò sia 1 fatto acciocchè l'osservanza sia uniforme, e per tòrre tutte le occasioni di scuse, esenzioni e dispense; del resto, benchè abbiamo cotanto inculcato la mortificazione interna, non intendiamo per questo di lasciar senza gagliarde esortazioni di stimolar tutti all'esterna, ma di quella abbiamo con più espressione parlato, come più difficile ed essenzialissima al nostro istituto, e la pratica della quale non si può mai dire che sia eccessiva o soverchia; a questa poi accendiamo tutti, ma con prescrivere, che si regolino col savio parere del direttore per non inciampar in estremità; generalmente però intimiamo a tutti, che la vita del missionario dee essere aspra e mortificata niente amica di comodi e lautezze, acciocchè possiamo avvezzarci a patimenti ben gravi che s'incorrono nell'esercizio del missionare; perchè se non strapazziamo i nostri corpi, nelle battaglie campali poi, ne' viaggi lunghi e disastrosi e nelle persecuzioni ci sbigottiremo, e forte daremo volta; e principalmente perchè l'evangelizzare porta seco l'obbligo d'imitar la vita di Gesù Cristo 1 Potius lege si è (R. T.).

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