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Lassando il corpo, che fia trita terra,
Vedess' io in lei pietà: ch' in un sol giorno
Può ristorar molt' anni, e 'nnanzi l' alba
Puommi arricchir dal tramontar del Sole.
VI. Con lei foss' io da che si parte il Sole,
E non ci vedess' altri che le stelle;
Sol una notte; e mai non fosse l'alba;
E non si trasformasse in verde selva
Per uscirmi di braccia, come il giorno
Che Apollo la seguia quaggiù per terra.

VII. Ma io sarò sotterra in secca selva,

E'l giorno andrà pien di minute stelle
Prima ch' a sì dolce alba arrivi il Sole.

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CANZONE I. (4)

Perduta la libertà, servo di Amore, descrive e compiange il proprio stato.

I. Nel dolce tempo della prima etade,

Che nascer vide ed ancor quasi in erba
La fera voglia che per mio mal crebbe;
Perchè, cantando, il duol si disacerba,
Canterò com' io vissi in libertade,

Mentre Amor nel mio albergo a sdegno s' ebbe:

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come quello delle stelle." Tass. SELVA: nella selva dei mirti dove Virgilio (Aen. VI) finse che errino nel Tartaro le anime degli amanti. 27. TRITA TERRA: polvere; cfr. Genes. III, 19. 29. INNANZI L'ALBA: in una notte sola, Laura può farmi felice dal tramontar del Sole prima che spunti l'alba. 32. LE STELLE: Catul. ad Lesb. Epigr. 7: Aut quam sydera multa, cum tacet nox, Furtivos hominum vident amores.

33. NON FOSSE: non venisse. Desidera una notte sola con Laura, ma una notte perpetua; cfr. Sest. VII, 36: E'l dì si stesse e 'l Sol sempre ne l' onde. 34. SI TRASFORMASSE: l' amata; quì Laura. 35. LA SEGUIA: la sua amata Dafne; cfr. Ovid. Metam. 1, 452-567. Non confonde Laura con Dafne, ma considera in generale le vicende di un amante, che lusinga una schiva amata. 37. IN SECCA SELVA: alcuni intendono del feretro, prendendo selva per legno (Cast., Leop. ecc.); altri spiegano :,,Ma la selva dei mirti dove io sarò destinato ad errare (cfr. v. 26) si disseccherà“ (Vell., Boz., ecc.). Altre interpretazioni cita il Ges. Il senso della chiusa è: Ma io sarò morto e le stelle si faranno vedere di giorno, prima che il Sole arrivi all' alba del giorno che deve precedere la notte da me desiderata. Canz. I. I. 1. NEL DOLCE: costr.: Perchè cantando il duol si disacerba, canterò come io vissi in libertade nel dolce tempo ecc. PRIMA ETADE: gli anni giovanili. Dante, Conv. tr. IV. c. 24: La umana vita si parte per quattro etadi. La prima si chiama adolescenza.... ella dura infino al venticinquesimo anno." 2. IN ERBA: debole. 3. VOGLIA: passione amorosa. 4. DISACERBA: si mitiga, si fa meno acerbo. È l'Oraziano: Minuuntur atrae carmine curae. 6. ALBERGO: animo.

S' EBBE: fu

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Poi seguirò sì come a lui ne 'ncrebbe
Troppo altamente, e che di ciò m'avvenne;
Di ch' io son fatto a molta gente esempio:
Benchè 'l mio duro scempio

Sia scritto altrove sì che mille penne
Ne son già stanche, e quasi in ogni valle
Rimbombi 'l suon de' miei gravi sospiri,
Ch' acquistan fede alla penosa vita.
E se qui la memoria non m' aita,
Come suol fare, iscusinla i martiri,
Ed un pensier, che solo angoscia dalle
Tal, ch' ad ogni altro fa voltar le spalle,
E mi face obbliar me stesso a forza;

Chè tien di me quel d' entro, ed io la scorza.
II. I' dico che dal dì che 'l primo assalto

Mi diede Amor, molti anni eran passati:
Sì ch' io cangiava il giovenile aspetto;
E dintorno al mio cor pensier gelati
Fatto avean quasi adamantino smalto
Ch' allentar non lassava il duro affetto;
Lagrima ancor non mi bagnava il petto
Nè rompea il sonno; quel ch' in me non era,
Mi pareva un miracolo in altrui.

Lasso, che son? che fui?

La vita il fin, e 'l dì loda la sera.

Chè sentendo il crudel di ch' io ragiono,

Infin allor percossa di suo strale

Non essermi passato oltra la gonna,

Prese in sua scorta una possente donna,

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7. A LUI: ad Amore. 8. ALTAMENTE: prima aveva scritto ASPRAMENTE.

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9. DI CHE: onde. 10. DURO: in ori

MILLE PENNE:

E CHE: e ciò che mi avvenne per virtù del suo sdegno. ESEMPIO: che non si debba avere Amore a sdegno. gine aveva scritto CRUDO. - 11. ALTROVE: nelle mie rime. risguarda la scrittura fattane da lui. Cast. 12. NE SON: dapprima avveva scritto: NE SONO STANCHE, E GIÀ PER OGNI VALLE. Era troppo immodesto e dava troppa autorità à suoi versi." Dan. - 14. ACQUISTAN: fanno prova, rendono testimonianza della misera mia vita. 15. QUI: nel cantare le mie pene. 16. ISCUSINLA: altri (Vell., Ges., Cast., Tass., Murat., ecc.) ISCUSILLA, che probabilmente è la vera lezione. 17. PENSIER: di Laura. 20. QUEL DENTRO: il cuore e

18. ALTRO: pensiero. 19. FACE: fa. l'animo. LA SCORZA: il corpo.

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II. 21. PRIMO ASSALTO: non è il dì che amor di Laura lo ha preso, ma amor anteriore di altra donna; cfr. Son. II. Pag. 22. MOLTI: quando s' innamorò di Laura era in età di ventidue anni. 23. GIOVENILE: quello aspetto quasi fanciullesco che nell' età dell' adolescenza si suol mostrare in noi. Vell. 24. GELATI: gravi e severi. 25. IL DURO AFFETTO: il mio ostinato proponimento contra Amore. 27. LAGRIMA: amorosa. - 28. E QUEL: gli affanni e le smanie d'amore. 31. IL FIN: Cod. Bol., Murat. A. ecc.; Cast., Dol., Vol., ecc. AL FIN: Vell., Ges., Murat., Mars., ecc. CRUDEL: Amore. 34. PASSATO: toccato al vivo.

-

32. IL

PETRARCA.

2

Vêr cui poco giammai mi valse o vale
Ingegno o forza o dimandar perdono.
Ei duo mi trasformaro in quel ch' i' sono,
Facendomi d' uom vivo un lauro verde,
Che per fredda stagion foglia non perde.
III. Qual mi fec' io quando primier m'accorsi
Della trasfigurata mia persona,

E i capei vidi far di quella fronde

Di che sperato avea già lor corona,

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E i piedi in ch' io mi stetti e mossi e corsi,

45.

(Com' ogni membro all' anima risponde)
Diventar due radici sovra l' onde,

Non di Penéo, ma d'un più altero fiume;
E 'n duo rami mutarsi ambe le braccia!
Nè meno ancor m' agghiaccia

L'esser coverto poi di bianche piume,
Allor che fulminato e morto giacque
Il mio sperar,
che troppo alto montava.
Chè, perch' io non sapea dove nè quando
Mel ritrovassi, solo, lagrimando,

Là 've tolto mi fu, dì e notte andava

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39 LAURO:

38. EI DUO: essi due, Amore e la possente donna, cioè Laura. figura di Laura. Vuol significare l'intensità e la costanza dell' amor suo; la prima, dicendo di essere stato trasformato nella persona stessa della sua donna; l'altra, dicendo che egli, come fa il lauro, non perde mai foglia. Leop. 40. NON PERDE: Dante Parad. XVIII, 30: E frutta sempre, e mai non perde foglia.

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III. 41. QUANDO PRIMIER: tosto che. 43. FAR: farsi. Cast.: Tre parti del suo corpo spezialmente scrive essersi mutate, sì per convenevolezza della trasformazione, che i capelli si mutino in frondi, i piedi in radici, e le braccia in rami, sì per verità dell' istoria, chè egli sperava di coronarsi di Lauro, P. IV. Son. 3: Se l' onorata fronde, che prescrive ecc. Cioè che egli non istimò mai che altro amore il dovesse prendere, che quello degli studj poetici, onde per guiderdone altri ne viene incoronato. Ed i suoi piedi si fermarono a Valchiusa; chè soleva correre per lo mondo, per desiderio di vedere molte cose. Oltre che accenna la sua destrezza, della quale e nell' opere latine e nelle vulgari si vanta, dicendo, P. II. Son. 81: E la scemata mia destrezza e forza. E le mani si fecer due rami, cioè si fermarono a scriver di Laura; cfr. P. I. Son. 66. v. 12-14. 46. ANIMA: di razionale fatta vegetativa. RISPONDE: Corrisponde. 48. PENEO: sulle cui rive Dafne, tramutata in alloro, mise radice. — PIÙ ALTERO: il Rodano (Vell., Ges., Cast., Car., ecc.). Altri, men bene: la Sorga (Leop., Boz, ecc.). 50. M' AGGHIACCIA: per lo spavento. - 51. COVERTO: cfr. Ovid. Metam. II, 367 e segg. Cast.: La natura di questa e delle seguenti trasformazioni è diversa dalla prima; chè la prima significa innamoramento, e queste accidenti avversi che gli avvennero in amore. Amando adunque il Poeta, sperò di godere Laura; la quale speranza gli fu tolta da Laura. Finge adunque ch' ella, la speranza, sia stata simile a Fetonte il quale, siccome, innalzandosi troppo, fu fulminato da Giove, così la sua speranza fu fulminata dallo sdegno di Laura. Onde egli, nella guisa che Cigno, zio di Fetonte, l' andò cercando e piangendo intorno al Po, ed al fine fu convertito in uccello: così egli, affannandosi per la passione della ripulsa, divenne canuto, e pianse la morte della sua speranza intorno al fiume. 55. RITROVASSI: il mio sperare; nel MS. orig. RITROVASSE. —

Ricercando dal lato e dentro all' acque,
E giammai poi la mia lingua non tacque,
Mentre potéo, del suo cader maligno:
Ond' io presi col suon color d'un cigno.

IV. Così lungo l'amate rive andai;

Che volendo parlar, cantava sempre,
Mercè chiamando con estrania voce:
Nè mai in sì dolci o in sì soavi tempre
Risonar seppi gli amorosi guai,
Che 'l cor s' umiliasse aspro e feroce.
Qual fu a sentir, che 'l ricordar mi coce?
Ma molto più di quel ch' è per innanzi,
Della dolce ed acerba mia nemica
È bisogno ch' io dica;

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Benchè sia tal ch' ogni parlare avanzi.

Questa che col mirar gli animi fura,

M'aperse il petto, e 'l cor prese con mano,

Dicendo a me: Di ciò non far parola.

Poi la rividi in altro abito sola,

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Tal ch'i' non la conobbi, (o senso umano!)

Anzi le dissi 'l ver pien di paura:

Ed ella nell' usata sua figura

Tosto tornando, fecemi, oimè lasso,
D' uom, quasi vivo e sbigottito sasso.

V. Ella parlava sì turbata in vista,

Che tremar mi fea dentro a quella petra,
Udendo: I' non son forse chi tu credi.

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57. DAL LATO: sulle rive. Carb. legge: DA LATO (?). 59. Suo: del mio sperare. MALIGNO: malaugurato. - 60. COL SUON: colla voce. - COLOR: accenna la sua canutezza, cominciata fino nella prima gioventù.

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IV. 61. RIVE: del fiume menzionato nel v. 48. 62. CANTAVA: è l' Ovidiano: Quidquid conabar dicere versus erat. 63. ESTNANIA: di cigno; v. 60. 64. TEMPRE: cfr. Dante Purg. XXX, 94. 65. RISONAR: far risonare. - 66. COR.: di Laura. S'UMILIASSE: si facesse benigno. 67. A SENTIR: a provare il suo dolore; Vell. A patire il fiero sdegno e l'asprezza del cuore aspro; Ges. A sentirla; Leop., Boz., ecc. Meglio: Qual fu la mia pena a provare ciò, di cui la sola ricordanza mi cruccia! Virg. Aen. II, 12: Quamquam animus meminisse horret luctuque refugit. 68. CH'È PER INNANZI: che ho detto sin quì. 71. AVANZI: superi; cosa da non potersi esprimere con parole. 73. PRESE: accenna, non a qualche dimostrazione di amore datagli da Laura (Leop.), ma all' essersi ella impadronita degli affetti del Poeta. 75. IN ALTRO ABITO: in aspetto più benigno del consueto. 76. O SENSO: che spesse volte s' inganna per non discernere il vero, siccome avvenne a lui, non accorgendosi che ella tal si mostrava per far prova di lui. Ges. 77. IL VER: il mio amore. - 78. FIGURA: rigida e severa. 80. D'UOM: molte edizz. antiche hanno: D'UN QUASI VIVO, E SBIGOTTITO SASSO (Vell., Ges., Cast., Vol., Murat., ecc.). In principio aveva scritto: D'UN FREDDO E 'N VISTA SBIGOTTITO SASso, la quale prima lezione egli mutò poi in quella che si legge nel testo. La lez. D'UN è quindi manifesto errore.

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V. 82. PETRA: pietra, in cui io era trasformato; v. 80. arrendevole.

83. CHT:

E dicea meco: Se costei mi spetra,
Nulla vita mi fia noiosa o trista:
A farmi lagrimar, signor mio, riedi.
Come, non so; pur io mossi indi i piedi,
Non altrui incolpando, che me stesso,
Mezzo, tutto quel dì, tra vivo e morto.
Ma perchè 'l tempo è corto,

La penna al buon voler non può gir presso:
Onde più cose nella mente scritte

Vo trapassando, e sol d'alcune parlo,
Che maraviglia fanno a chi l'ascolta.
Morte mi s'era intorno al core avvolta;
Nè tacendo potea di sua man trarlo,
O dar soccorso alle virtuti afflitte:
Le vive voci m' erano interditte;

Ond' io gridai con carta e con inchiostro:

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Non son mio, no: s'io moro, il danno è vostro.

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VI, Ben mi credea dinanzi agli occhi suoi
D' indegno far così di mercè degno:
E questa spene m' avea fatto ardito.
Ma talor umiltà spegne disdegno,
Talor l'enfiamma: e ciò sepp' io dappoi,
Lunga stagion di tenebre vestito;

Ch' a quei preghi il mio lume era sparito.
Ed io non ritrovando intorno intorno
Ombra di lei, nè pur de' suoi piedi orma;
Com' uom, che tra via dorma,

Gitta' mi stanco sopra l'erba un giorno.
Ivi, accusando il fuggitivo raggio,
Alle lagrime triste allargai 'l freno,
E lascia' le cader come a lor parve:

Nè giammai neve sotto al Sol disparve,

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85. NULLA

84. SPETRA: mi libera dall' esser quasi vivo e sbigottito sasso. VITA: ogni altra vita, per dolorosa che sia, mi sembrerà dolce a paragone dell'attuale, perocchè, fatto quasi sasso lacrymarum etiam extremo solatio carebat. -86. SIGNOR: Amore. - 88. INCOLPANDO: di ciò che mi era accaduto. Cast. Questa fu la via di placare Laura, di dire ch' egli s' aveva finta quella promessa. 91. GIR PRESSO: scrivere quanto vorrebbe. 92. NELLA MENTE SCRITTE: cfr. Dante Inf. II, 8. Parad. XVII, 91. — 95. MI S' ERA: io era in un affanno mortale. 96. POTEA: tacendo io non potea trarre il cuor mio dalle mani della morte. - 98. VIVE VOCI: viva voce si dice quella che si ode dire d' alcuno che parli, per differire dalla scritta. Ges. - INTERDITTE: impedite, perchè Laura nol voleva ascoltare. -99. CON CARTA: scrivendo. — 100. NON SON MIO: essendomi donato tutto a voi.

-

VI. 102. così: scrivendo quelle pietose ed umili parole. 107. LUME: Laura. - ERA SPARITO: non mi si lasciava più vedere. 108. NON RITROVANDO: mostra la diligenza usata in voler vedere Laura. Cast. 112. IL FUGGITIVO RAGGIO: Laura, il mio lume, che mi fuggiva. 114. LASCIA' LE: le lasciai. PARVE: piacque. 115. DISPARVE: si liquefece così compiutamente; cfr. Ovid. Metam. IX, 661 e segg. V, 632 e segg.

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