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narchia raffigurerà? molti tacciono, forse conscii della difficoltà di rispondere; ma il Lubin con qualche altro opina che significhi gli imperi degli Assiri, Caldei e Medi (cominciano a divenir troppi per un solo metallo!); il rame significherebbe l'impero dei Greci, che poi passò nei Romani, ancor deteriorando, quindi si biforcò nell' impero Orientale ed Occidentale: l'impero Occidentale, ch'è rappresentato nella gamba destra, ha il piè di terra cotta, dacchè i Papi ne contendono al Monarca il potere > (Lubin).

Sia pure che abbia dalla sua il maggior numero di seguaci, ma questa spiegazione a me lascia tre fortissimi dubbi, che propongo all' altrui osservazione.

Primo dubbio: se nel Veglio Dante avesse inteso di simboleggiare il succedersi delle varie Monarchie, perchè far tanto piangere l'umanità se da un governo d'oro era passata ad uno di argento? un governo tale, in difetto del primo, sarebbe ben augurabile anche ai dì nostri a tutte le nazioni; e lo volesse Iddio ! Perchè un simile governo dovrebbe esser cagione di tante tribolazioni, e tali che pei disordini derivanti, sia in parte cagione che si formino per l' Inferno fiumi di colpe?

Secondo dubbio i seguaci del concetto politico nel Veglio, i quali nel ferro veggono l' Impero Romano, come faranno a sbrigarsela con Dante, che quell' Impero faceva scaturire de fonte pietatis (Epist. V, 3; Mon., 11, 5), cioè da Dio; Imperium pium (Epist. vi, 2); Impero cioè, secondo Dante, pieno di mitezza e di carità; il qual Dante, per giunta alla derrata, il tempo di Augusto vuole e predica che fosse redivivo quello di Saturno, tempo ottimo, tempo aureo (Mon. I, 13), e questa opinione la ridice in cento guise nella Monarchia, la predica nell' Epistolario, la soștiene a lungo nel Convito, e la rafferma nel Poema?

Terzo dubbio: il rame giunge precisamente fino alla forcata, cioè, come spiegano, dove il tronco si divide negli arti inferiori: benone! ma se alla forcata (cioè in quel punto dove il tronco si divide ne' due artı) comincia precisamente, come udimmo, l' Impero Romano, e se (udimmo del pari) la forcata significa per appunto la divisione dell' Impero in Orientale ed Occidentale fatta da Teodosio (anno 395), che cosa rimane per indicarci quella strettissima unità che ebbe, per lo meno, da Augusto a Costantino, il che vuol dire per trecentocinquant' anni e più? e

ין

tre secoli e mezzo nel corso dell'umanità vi sembrano un'inezia, una cosa trascurabile per Dante, che tanta mole d'Impero così uno, e perciò così buono (Mon., I, 7 e 16), celebra in cento guise, e ne invoca in altre cento la rinnovazione a salute del mondo? Dirò anch' io col mio Autore:

Queste son le quistion, che nel mio velle
Pontano igualemente;

e io, non solo senza rammarico, ma con viva letizia di gratitudine, a chi mi mostrasse il mio errore e la verità contraria, sarò sempre pronto a dirgli con Dante:

Tu mi contenti sì, quando tu solvi,

Che non men che saver, dubbiar m' aggrata.

VI. Posta pertanto l'irrefutabile opinione di Dante, che si a lapsu primorum Parentum, dispositiones hominum et tempora recolanus; non inveniemus, nisi sub divo Augusto Monarcha, existente Monarchia profecta, mundum undique fuisse quietum: e poi: et quod tunc humanum genus fuerit felix in pacis universalis tranquillitate tutte le istorie lo attestano (Mon., I, 18); se nel Veglio si vuol discernere senza distinzione l'umanità da Adamo fino a noi, come mai nel ferro vederci l'Impero Romano? >e il tempo di Augusto era per Dante la pienezza dei tempi (loc. cit.), nè tanta pace e felicità ebbe mai l'uman genere simili a quelle, come si fa a mettere d'accordo l' Autore con sè stesso, posto che nel Veglio egli intendesse l'uman genere tutto quanto dalla sua origine infino al 1300 dell' êra volgare?

Pertanto mi pare affatto necessario ammettere una distinzione nell'umanità in due periodi, da Adamo a Cristo, e da Cristo in giù. Dall' oro dell' innocenza, via via procedendo di male in peggio, il genere umano giunse alla più miserabile abbiezione, alla argilla: non occorrono citazioni dalle opere di Dante a provare la sua opinione su ciò. Cristo rinnovò il mondo; e la pianta, prima dispogliata di fiori e d'ogni fronda, al contatto della Chiesa da Cristo fondata e guidata rigermoglia floridamente (Purg., XXXII, 59): dunque l'argilla, per miracolosa opera di Provvidenza, si rimuta in oro, e l'umanità, fatta buon mondo (Purg., XVI, 106), ricomincia il nuovo suo corso, come ai tempi di Saturno, per rimutarsi nel giro de' secoli di bene in male e di male in pessimo: siamo dunque, in certa guisa, ai ricorsi del Vico perfet

tamente.

E ad una terza rinnovazione del mondo volgeva Dante ogni suo sforzo e tutte le sue mire; e di tale rinnovazione ei non disperò, certo pensando che Dio ha fatto sanabili i popoli, e che lo incalzarsi delle disgrazie e dei malanni morali e politici, anzichè insinuare sfiducia e abbabdono, deve rendere più viva ed efficace la nostra fede che non sia lontano il divino provvedimento a riparo del mal fare e della cecità degli uomini (Purg., v1, 1118-123). E ben conscio del dettato, che quando nella politica le cose son guaste è duopo ritornarle al loro principj; non per altro che per codesta vagheggiata e sperata rinnovazione morale del mondo scrisse la Monarchia, mettendo dinanzi agli occhi di tutti in qual modo l'umanità sia stata un tempo felice, per implicitamente conchiudere che per modo eguale poteva felice ridivenire novamente.

APPENDICE IX.

LA PIANTA DISPOGLIATA

La mistica Processione apparsa al Poeta nel Paradiso Terrestre, dopo una breve sosta riprendendo il suo viaggio, e rivolgendosi in sul braccio destro (Purg., xxx1., 16), arriva, dopo poco, vicino ad una pianta singolare in quella divina foresta: il Poeta così descrive:

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E chiaro per sè che qui dai Santi si muove lamento pel peccato d'Adamo, la cui disobbedienza fu cagione che quella pianta si dispogliasse tutta di fiori e di fronde. Nella Cornice, ove si sconta il peccato della gola, i Poeti avean veduto altro albero,

(1) Virgilio, Georg., 11, 122:

gerit India lucos

Extremi sinus orbis, ubi aera vincere summum
Arboris haud ullae jactu potuere sagittae.

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