Sayfadaki görseller
PDF
ePub

APPENDICE XII.

[ocr errors]

DANTE E LE BELLE ARTI

il sen

I. Son parecchi anni che m'accadde di scrivere queste parole: Per gustare appieno la maravigliosa bellezza degli Angeli di Dante, tornerebbe di non poco vantaggio aver l'occhio e timento esercitati alla contemplazione degli Angioli di Giotto e di Frate Angelico » (1). Di queste parole non ho da pentirmi, e l'esperienza sempre meglio mi conferma la loro verità. Nè sono men vere, sotto un certo rispetto, quelle del Lafitte: A intender Dante è bisogno saper l'arte cristiana, perch' egli non è, a così dire, che la glorificazione in versi della scultura e della pittura e dei monumenti religiosi dei tempi di mezzo.

ንን

[ocr errors]

Certo, l' Allighieri non sarebbe divenuto il Michelangelo della poesia, se non avesse sortito dalla natura quell' alto ingegno, che fosse bastevole a ideare, a disegnare, a scolpire nuovi mondi, nuovi di scienza trascelta, nuovi di sentimento vero, che dall'anima dell'Autore si riversa come zampillo perenne in quella de! lettore, e tanto più puro e possente, quant'essa e più disposta ed atta a riceverlo. E questo è il segreto perchè Dante sarà vivo in tutte le generazioni civili; e tanto più trionferà, quanto più la civiltâ stenderà le sue benefiche conquiste; e ad estenderle, Dante stesso verrà sempre in ajuto, additandone da savio maestro le sicure vie.

(1) Vedi Figure e Simboli nelle Opere di Dante, Ricerche (al'a pag. 24) Venezia, Tip. Sacchetti, 1879.

Chi seppe far parlanti le scolpite immagini della prima Cornice del Purgatorio (1), e si finamente disegnate, che la scultura diventa pittura con tutte le sfumature del più gaio colore, deve dell'arte del disegno non solo conoscere il magistero (2), ma dell'Arte in genere avere profonda nell' intelletto l'origine, la natura, il ministero, e conoscere vivamente così il fine, a cui deve mirare, come le difficoltà nelle sue manifestazioni.

II. Base delle Arti belle, che all'occhio nostro sono un parlare visibile (Purg., x, 95), è quella stessa, che Dante si prefisse per la poesia, cioè l'ispirazione, e il seguace modo di conveientemente manifestarla :

Io mi son un che, quando
Amore spira, noto; ed a quel modo
Che delta dentro, vo significando,

Furg., XXIV, 52-54.

Raffaello chiamava ispirazione una certa idea, che in mancanza di leggiadra immagine vivente da copiare, nascevagli nell'intelletto. E Michelangelo :

Dal mortale al divin non vanno gli occhi

Che sono infermi, e non ascendon dove
Ascender senza grazia è pensier vano.

(1) Purg., x, e XII; e quelle figure intagliate egii chiama visibile parlare (ivi, x, 95).

(2) Dante conosceva certamente il disegno. Nella Vita N., xxxv: «Io mi sedeva in parte nella quale, ricordandomi di lei (di Beatrice), disegnava un Angelo sopra certe tavolette, e mentr'io il disegnava.....,, Il Selvatico (Scritti d' Arle: 1 freschi di Giotto nell'Arena di Padova), e con lui consente l'Ampère (Viaggio Dantesco) sostiene che nel Giudizio di Giotto si ravvisa tosto l'ispirazione venuta da Dante. Nel vedere Lucifero col pelo arruffato, divorarsi con tre bocche i dannati, tornano a mente i robusti versi di Dante, qnando ci adombra l'Angelo ribelle fatto tricipite. Pare sia da pensare che l' Allighieri giovasse l'amico anche nelle figure allegoriche delle Virtù e dei Vizi, perocchè in esse tante si veggono allusioni al sacro Poema, e tale una finezza di concepimento, da far supporre il soccorso della mente più acutamente vasta del secolo. Le storie dell'Apocalisse in Santa Chiara di Napoli, lavoro di Giotto, furono inverzioni di Dante, come per avventura furono anco quelle tanto lodate di Assisi.

Perché l'ispirazione si fecondi, prenda vita e lineamenti, è mestieri che la mente idoleggi l'idea, e in quelia si riscaldi; badate che Dante ben distingue l'ispirazione quasi improvvisa, dal fatto di tradurla in atto; leggete attentamente quanto ne discorre nel paragrafo XIX della Vita Nuova, e v'accorgerete che non dal verso cadutogli in mente per improvvisa ispirazione, ma da quel pensando alquanti di ebbe vita la celebre Canzone. E questo pensare fa venire a mente il precetto del Manzoni (1) prima che uno scrittore si accinga a dettare, cioè pensarci su (2).

Nessun artista potrà mai giungere all'eccellenza, nè debitamente compiere il suo ufficio e onorar l'arte, se prima di farsi all'opera, non abbia ben definita nella mente, anzi viva e parlante l'immagine della cosa. Dante cel dice chiaro:

chi pinze figura,

Se non può esser lei, non la può porre;

ed egli stesso chiosò « nullo dipintore potrebbe porre alcuna figura, se intenzionalmente non si facesse prima tale, quale la figura essere dee » (3).

Senza di ciò, avviene quello che Dante ben notò facendo parlare Bonagiunta da Luca (4), e che già in parte aveva ben avvertito anco nella Vita Nuova (5).

III. Fonte dell' Arte, Dio, il Bello per essenza, qui ultimum perfectionis attingit (6), Dio che dipinge senza aver bisogno di chi

(1) Ct. De Amicis, Pagine sparse: Scoraggiamenti.

(2) Quando il Montgolfier, parlando del principio di fisica che l'aria riscaldata è più leggera di quella a temperatura normale, inventò il pallone aereostatico, "dev'essere proesposto il semplicissimo principio al Lalande, questi rispose: prio cosi; come abbiamo fatto a non pensarci ? " ecco, rispose l'altro, bastava pensarci ! E consimile il precetto Oraziano rispetto all' eloquenza, ma applicabilissimo ad ogni arte e financo mestiere:

[ocr errors]
[blocks in formation]

il guidi; ma esso guida (1). Arte di Dio la Natura (2), della quale, oltrechè causa, egli è provvidenza conservatrice, donde la bellezza dell'ordine nell' universo (3); e Dante ne invita

a vagheggiar nell'arte

Di quel Maestro, che dentro a sè l' ama
Tanto, che mai da lei l'occhio non parte,

Par, x, 10, 12.

[ocr errors]

La

<< L'Arte si trova in triplice grado, cioè nella mente dell'artista, nell'istrumento e nella materia formata per l'arte Natura è nella mente del primo Motore, che è Dio; poi nel Cielo come in istrumento, coll' ufficio del quale si dispiega nell'inferiore materia la simiglianza dell'eterna Bontà " (4); ond' é che se l'Artefice supremo, senza concorso della Natura (la quale dà l'arte sempre scema, quasi affievolendesi giù d'atto in atto), imprime una creatura dello splendore della idea,

Tutta la perfezion quivi s' acquista (5).

Da ciò deriva che l'arte nostra, che deve, siccome norma del bello, imitar la Natura, diventa quasi nipote di Dio, Natura universale (6); pensiero fecondo, che traccia dell' arte l'origine, la forza e il modo di perennarsi.

Per arrivare all'eccellenza dell' arte, alla quale deve il cuore dell'artista del continuo intendere (7), fa duopo di gravi studi, d'astinenze d'ogni fatta (8), e sentir viva l' emulazione de' gran. di (9).

Alle volte accade che sia valente l' artefice, ottimo lo strumento, eppure l'opera non riesce per la qualità della materia (10); o per

(1) Par., xvIII, 109.

(2) Mon., 1, 4.

(3) Par., 1, 103.

(4) Mon., II, 2, (Par., 1, 104, 105).

(5) Par., x1, 81; ma si noti il dispone e segna del v. preced., e quanto discorre dal v. 60 fino a questo punto: e cf, ivi, vi, 64-75.

(6) Inf., x1, 103-105; Conr., III, 4.

(7) Purg., x1, 85.

(8) Purg., XXIX, 37 e segg. (cf. iri, xxx1, 139-145).

(a) Purg., x1, 85-6.

(10) Mon., 11, 2.

chè non fu prima digesta e apparecchiata a ricevere la forma (1), o perchè essendo male adatta, è sorda a rispondere, onde la forma non s' accorda all' intenzion dell'arte (2), perchè l'artista è dalla cattiva materia impedito (3), specialmente nei soggetti di difficile esecuzione (4), incontrando molte volte che l'artista, pur avendo l'abito dell' arte (5), non giunge, in guisa da restarne pago, a rilevare appieno nella materia le figure come egli l'ha concette e le vagheggia nella mente (6).

Di qui vien la necessità dell' avere il modello sott'occhio,

Come pintor che con esemplo pinga,

Purg. xxxII, 67,

come mezzo a tenerci desta dinanzi l'immagine prima pensata, affinchè tra l'esempio e l' esemplato vi sia non solo corrispondenza ma identità, cioè che l' uno e l'altro vadano d' un modo (7). E quando la produzione sia riuscita perfetta nell'intenzione dell'artista (8), non dovemo lodare la materia, ma l'artefice, che tanta bellezza produce nella materia (9).

IV. V' ha di tali opere così idealmente perfette, che nessun artista le potrebbe riprodurre in debito modo:

Qual di pennel fu maestro e di stile,
Che ritraesse l'ombre e gli atti, ch'ivi
Farian mirar ogni ingegno sottile ?

Purg., x11, 64-66..

(1) Conv., 11, I.

(2) Par., 1, 127; Conv. 111, 4.

(3) Conv., ivi.

(4) Purg. xxxi, 139 e segg.; Par., xxx, 31 e segg.; e di spesso.

(5) Par. 1, 123.

(6) Par., xvIII,85.

(7) Par,, xxvii, 56.

(8) Purg., X, 130-34.

(9) Conv., Ill, 4.

« ÖncekiDevam »