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glio. D'altra parte l'addietivo polysemus importa di vero. il medesimo che di molti sensi, come è a vedere presso Servio, ad. 1 Æn. « Polysemus sermo. » Il Ducange registra puranche: «Polysemus, multæ significationis: apud Auxilium de causa Formosi pap. Communicare polysemum est. » E nella Genealogia degli Dei, il Boccacio, parlando dell' allegoria delle favole, ne fa sapere: « his fictionibus non esse tantum unicum intellectum, quin immo dici posset potius polysemum, hoc est multiplicium sensuum. Nam sensus primus habetur per corticem, et hic literalis vocatus est; alii per significata per corticem, et hi allegorici nuncupantur: » L. 1, c. 3, p. 4.

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Allegoricus sive mysticus, è buona lezione: la comune porta allegoricus sive moralis, ma l'errore si palesa qualunque attenda che il senso morale, essendo solo specie rispetto al genere, che è il senso allegorico, non si deve con questo confondere e scambiare. Infatti l'autore, nell' esemplificar il secondo senso, cioè l'allegorico, comprende e distingue in esso il morale, l' anagogico e l'allegoria propriamente detta; dichiarando inoltre potersi tutti questi sensi mistici chiamare generalmente allegorici, in quanto si diversificano dal senso letterale: « Quamquam isti sensus mystici variis appellantur nominibus, omnes dici possunt allegorici, quum sint a literali, sive historiali, diversi. » Ed ecco, che senso allegorico e senso mistico o spirituale, riuscendo nella loro generalità a dinotare i sensi diversi dal letterale, possono valere l'un per l'altro, e far quindi lecita la correzione preaccennata.

Tutto ciò prende via maggior luce e sicura dagli espressi insegnamenti dell' angelico Dottore, là dove tocca del vario senso della sacra Scrittura : « Prima significatio, qua voces significant res, pertinet ad primum sensum, qui est historicus vel literalis. Ea vero significatio, qua res significatæ per voces, iterum res alias significant, dicitur sensus spiritualis (vel mysticus), qui super literalem fundatur et eum supponit. Hic autem sensus spiritualis trifariam dividitur... ; nempe... in sensum allegoricum, moralem et anagogicum... Thom. Sum. 1, q. 1, 10, et 12, q. 102, 2, c. p. 23. Apud Au gustinum sola allegoria pro tribus spiritualibus sensibus ponitur: (De utilitate credendi, c, 3 circa prin. t. 6.) Del rima

nente ritengasi per fermo, che in tutta la Commedia vanno corrispondendosi i soli alterni sensi, il letterale cioè e l'allegorico (§ VIII), e che quindi vuol esserne pur letterale ed allegorica la sposizione: Con. II, 1. Ma convien fare avvertenza, che per allegoria di un' opera si deve intendere la verità, di qualunque natura siasi, o vogliam dire la vera intenzione, che l'autore nasconde sotto l'ornato velo della let tera, e verso cui richiama tuttora la nostra credenza: Con. I, 1; II, 1. Or siffatta verità può essere talvolta morale od anche riferirsi alle cose della eternale gloria, e allora il senso allegorico si riduce al morale o all' anagogico. Ma non sarà mai che alcuno di questi due sensi, incapace per sè a comprendere ogni verità ed offerentesi soltanto qua e là, incidentemente, a tempo e luogo, valga il medesimo e sia così esteso come il senso allegorico o mistico, il quale seguita di filo il processo dell' opera e s'alterna col letterale: Con, ivi. Di che vanno ingannati coloro che avvisano s'abbia a commentare tutta la Commedia nel solo senso morale o nell' anagogico, quando questi sensi ivi non si rincontrano che nell' una o nell'altra parte e sempre sottoposti all' allegoria, che dopo il primo della lettera, è il secondo senso, che nell'intero Poema percorra continuamente. Nè pertanto io stimo qui fuor di proposito il rammentare que' versi allegati dal Buti: « Litera gesta docet; quid credas, allegoria; — moralis, quid agas; quid speres, anagogia. »

Si moralem sensum, etc. A meglio conoscere dove e come e quando in una scrittura si ritrovi il senso morale, torneranno opportune le parole del Con. II, 1. « Il terzo senso >> si chiama morale, e questo è quello che i lettori devono » andare appostando a utilità di loro o de' loro discepoli; sic>> come appostare si può nel Vangelio quando Cristo salio lo >> monte per trasfigurarsi, che delli dodici Apostoli ne menò >> seco soli tre; in che moralmente si può intendere, che alle » secretissime cose noi dovemo avere poca compagnia. >>

Si anagogicum, etc. Or qui a prima giunta s' appresenterebbe il più forte ostacolo a tener per autentica la presente Lettera, determinandosi in questa l' anagogia per diverso modo da quello che nel Convito; ma ne potremo anzi vie

meglio accertare la verità. Ecco il notabile passo del Con. II, 1. « Il quarto senso si chiama anagogico, cioè sovra senso: e que»st'è, quando spiritualmente si spone una scrittura, la quale >> eziandio che nel senso letterale (aggiugni « significhi delle » cose terrene ») per le cose significate, significa delle su» perne cose dell' eternale gloria; siccome veder si può in » quel canto del Profeta, che dice: «Che nell' uscita del po> polo d' Israel d'Egitto, la Giudea è fatta santa e libera. >> » Che avvegna, essere vero, secondo la lettera, sia manife>> sto; non meno è vero quello che spiritualmente s' intende, >> cioè che nell' uscita dell'anima dal peccato, essa sia fatta >> santa e libera in sua potestate. » Chi bada ben chiaro, in questo luogo non si rinviene specificato il senso anagogico, dappoichè sovra senso e senso spirituale accennando quel senso che si ha dalle cose significate per la lettera (lo spirito della lettera), indica comprensivamente anche il senso allegorico e il morale. Nè inoltre v' ha esattezza in quelle parole con che si vuol ivi chiarire il senso anagogico del salmo In exitu. Il quale senso, giusta ciò che si è premesso, deve solo riguardare le superne cose dell' eterna gloria, e vien quindi ben dimostrato nell' epistola allo Scaligero: Si anagogicum sensum inspiciamus, significatur exitus animæ sanctæ ab huius corruptionis servitute ad æternæ gloriæ libertatem. Or ciò appieno si traduce dal Boccacci : « se noi guarderemo al senso anagogico, vedremo essercisi dimostrato l'uscimento dell' anima santa dalla servitudine della presente corruzione alla libertà della gloria eternale. » Così inteso quel canto del Profeta s' addice propriamente all' anime, che l' Angelo raccoglie là dove l'acqua del Tevere s'insala, per avviarle a mondarsi e salire alla gloria de' cieli: Pur. II, 46. A queste considerazioni aggiungasi che nel prenotato passo del Convito, anzichè l' anagogico, ritrovasi esemplificato il senso morale, essendo che ivi si tocca bensi della santità che aver deve attinenza alla gloria eternale, ma di cose che a questa sien proprie e presenti, non si porge il minimo cenno. E tanto è il vero, che lo stesso Allighieri, fatto adulto ne' teologici studi e scorto da più sicura luce, emendò se stesso, dichiarando in miglior modo l' anagogia di quel sacro versetto, e

GIULIANI.-1.

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di nuovo interpretandolo moralmente per la conversione dell'anima dal peccato allo stato di grazia: « Si moralem sensum inspiciamus, significatur nobis conversio animæ de luctu et miseria peccati ad statum gratiæ. » La qual interpretazione, certo morale e non anagogica, si riscontra per appunto con quella anagogica del Convito; il che obbliga a rifiutarla come erronea. Chi a ciò voglia rivolgersi attentamente, di leggieri potrà persuadersi, che qualunque nega essere di Dante l'epistola a Can della Scala, disdegna la miglior guida onde scoprire la riposta dottrina della Commedia, toglie al grande e scienziato autore di correggere il proprio difetto, nol lascia seguire l'usato tenore e contraddice alla verità.

Or altri mi potrebbe opporre che l'Allighieri nel Convito si propose di seguitare il modo de' poeti, ed ha perciò preso il senso allegorico, l' anagogico e il morale, secondo che per li poeti sono usati: Con. II, 1.: Questo è bensì vero rispetto al senso allegorico, propriamente detto e quale ivi si determina, ma non già rispetto al senso morale e anagogico, dove gli esempi dichiarativi n'accertano, che il poeta teologizzante non si diparti punto dall' usanza de' sacri maestri. Senonchè, avendo quivi ciò eseguito in una maniera imperfetta e inderminata, provvide poi di adempiere ogni difetto colla lettera allo Scaligero, e così potè meglio assicurare l' interpretazione della Commedia, e dar fede di più matura e assennata dottrina.

Quamquam, etc. In cambio della volgata quomodo e di quoniam, come porta il cod. med. ho prescelto quamquam, necessaria condizione che è alla seconda parte del periodo. Il Boccacci pare che nel suo codice leggesse quomodo, volgarizzando : « E così come questi sensi mistici sono generalmente per vari nomi appellati, tutti nondimeno si possono appellare allegorici, conciossiachè essi siano dal senso letterale ovvero storiale diversi. E questo è perciocchè allegoria è detta dal vocabolo greco alleon, il quale in latino suona alieno ovvero diverso. » Poco altrimenti ritroviamo presso il Villani: « Literalis sensus nihil offert significati citra verborum sensum. Si vero allegoriam velimus inspicere, tropum intelligemus, quo aliud dicitur et aliud significatur. Allegoria est composi

tum ab alleon quod est alienum seu diversum, et gore quod est intellectus. Et sub isto generali nomine, omnes sensus ab historico literalique differentes, allegorici nuncupantur:» Cod. cit., p. 84. Donde si palesa puranco, che il senso storico della Commedia è uno stesso col letterale, quindi denominato la storia della lettera (Con. II, 1), e s'aggirano perciò in grande errore quanti si persuadono che la storia sia uno de'sensi allegorici ed occulti in tutto il processo della Commedia.

Allegoria dicitur ab alleon græce, etc. Invece di alleon, la volgata porta nyopiz, che il Dionigi s' argomentò di correggere con alλotos, ma, secondo il mio avviso, è da introdurre nel testo alleon, dacchè questo vocabolo occorre nel cod. med. e s'avvalora dell' autorità del Boccacci e del Villani. Oltreciò vuolsi avere in considerazione, che a' tempi di Dante era usitato siffatto modo d' interpretare la voce allegoria, siccome può vedersi nel Catholicon di fra Giovanni Balbi da Genova, scrittore del sec. XIII. « Allegoria dicitur ab alleon, quod est alienum, et logos; quod est sermo, vel gore, quod est dicere. » Parimente sto fermo nel credere, che al § x in cambio di κώμη, τράγος ᾠδή, si debba mantenere l' imperfetta lezione comos, tragos e oda, cosi trovandosi scritto in quel vecchio Lessico latino : « Comedia, oda, quod est cantus, componitur cum comos, quod est villa, igitur Comœdia est villanus cantus. Tragœdia, oda, quod est cantus, componitur cum tragos, quod est hircus, igitur tragoedia est hircinus cantus, sive fœtidus. Differunt tragedia et comœdia, quia comœdia humili stilo describit, tragœdia alto, item comedia a tristibus incipit, sed cum lætis desinit, tragœdia e contrario: ut in salutatione solemus mittere et optare « tragicum principium et comicum finem », idest bonum principium et lælum finem. » Queste medesime sentenze s' incontrano nel citato paragrafo, e dinotano che il Catholicon di fra Giovanni era conosciuto a Dante, il quale, per essere poco e leggermente esperto, per non dire digiuno, della lingua greca, non bastò a schivare i prenotati errori.

§ VIII. Alterni sensus. I sensi che nel processo della Commedia vanno di continuo allernandosi, sono il letterale e l'al

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