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I. DELLE METAFORE.

La metafora nel favellare brilla, rallegra e meraviglia....

ARISTOTILE.

Vincenzo Borghini, principe dei filologi italiani e per dottrina e per tempo, fra' suoi Pensieri giovanili lasciò scritto: « Dante nelle translazioni e metafore, se si potesse dire, fu metaforicissimo. » A provare questa sentenza, conforme al mio proposito, io debbo volgermi anzi tutto; e come il Poeta usò delle metafore, parte a nobilitare concetti già noti e volgari, parte a far meglio evidenti i veri più eletti; così mi farò dal primo uso e poi verrò al secondo, per ordine di eccellenza.

Anco le verità più comuni, per virtù di nuovo abito, si fanno nel divino Poema e vistose e leggiadre. Vedasi: l'estremo della vita è al Poeta quel tempo, in cui ciascuno dovrebbe, come buon marinaio vicino al porto, calar le vele e raccoglier le sarte;1 l'abisso infernale è luogo muto di luce; l'ingegno, che si leva a più gentile argomento, è navicella, che alza le vele a correre acqua migliore, il rallentarsi o piegare del giudicio della suprema giustizia, un avvallare di alta cima; * la

1 Inf., XXVII.

2 Ivi, V.

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Purg., I. Cf. Parad., XXIII, 68; II, 3, ove la snella immagine torna, ma rinnovata di più amorosa letizia: chè dalla nave

fuggente esce il cantico della vittoria.

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fama, fiato di vento, ch' or vien quinci e or vien quindi, o color d'erba, Che viene e va e quei la discolora, Per cui ell' esce della terra acerba;1 il rinascere di alcun buon cittadino in paese guasto, un rallignare o quasi riappiccarsi di pianta, onde per lungo tempo s' era spento il seme, e il cittadino, che di umile nascimento seppe levarsi a nobiltà di vita, verga gentil di picciola gramigna; le norme della Poetica sono il fren dell'arte;3 l'improvviso risvegliarsi d'un pensiero per inavvertito legame d'idee è uno scoppiare (E come l'un pensier dell' altro scoppia),* quasi pollone d'albero uscito fuori da insolita parte; rispondere è un metter la trama nella tela ordita; la nobiltà di sangue, manto che tosto raccorcia, si che, se non s'appon di die in die, Lo tempo va d'intorno con le force; il sommo vero, pane degli angeli o verace manna, e il volgersi a contemplarlo un drizzare il collo a quel pane. In tutti questi esempi voi avete verità comunissime, che in mano di men valente artista riuscirebbero cose volgari o poco degne di nota. E chi non sa che sul tramonto dell'umana vita l'uomo suole spiccare l'animo dalle cose di quaggiù e ritrarlo alle celesti cose; chi non sa la irrequieta mu

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Purg., XI.

2 Ivi, XIV.

3 Ivi, XXXIII.

Inf., XXIII.

5 Parad., XV.

Ivi, XVI.

7 Ivi, XII; Purg., XI.

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& Parad., II. Cf. Ivi, X. Comparare il vero a nobilissimo cibo eragli sì caro, che la sua filosofia dell'amore chiamò Convito, e della sua maggior parola cantò:

se sarà molesta

Nel primo gusto, vital nutrimento
Lascerà poi quando sarà digesta. >

tabilità della fama, o la vanità di un' antica gentilezza di sangue non congiunta a gentilezza nuova e vera di bontà e di sapere; o che la risposta si raggiugne alla dimanda, o che l'estro, spesso avventato, vuol esser corretto da norme sicure? E'le son cose troppo note: ma non così le relazioni o somiglianze, che l' acume dantesco ha ravvisato tra l'estremo raccoglimento dell'umano spirito in Dio e il disporsi del navigante ad entrare in porto; tra la mutevole fama e lo spirare del vento o il colore dell'erba; tra un nome di antica data e un manto, che il tempo vada raccorciando con la sua terribile force; tra la risposta che bellamente riempie il vuoto della dimanda, e la trama che riempie l'ordito; tra le norme che pongon modo alla foga dell' estro e'l freno, ond'è governato il troppo allegro corsiero. Queste somiglianze nuove e giuste ci dilettano e ci ammaestrano, ponendoci dinanzi agli occhi della mente quasi viva e palpabile quella verità, che prima avremmo lasciato passare fuggevolmente per l'animo e dileguarsi nell'oblio. Similmente, chi toccasse che l'argomento del suo dire si fa più alto e sereno, o che in città corrotta mal può rinascere un valoroso, o che un cittadino ha saputo farsi degno, benchè venuto su di piccola gente, o che la giustizia divina sta salda e immutabile, o che talora un pensiero ci rampolla improvviso, o che a' pochi saggi e' favella, o che l'abisso infernale è tenebroso, come potremmo serbargli lungamente la nostra meditazione? Ma quell' accorte somiglianze tra l'ingegno levato a più gentile materia e la navicella corrente acqua migliore, tra il rinascere di buona schiatta in corrotta città e il rallignare delle piante, tra'l salire ad alto stato di un povero popolano e la verga gentile nata di umile cespo di gramigna, ben ci chiamano a vagheggiare nei segreti dell'arte dantesca; mentre di più solenni armo

nie ci fanno pensosi le altre men palesi, ma più feconde, tra il fermo giudicio di Dio e la fierezza di antica cima, che per tremuoto non s'avvalla, 1tra il venir fuori d'un pensiero per modo straordinario e lo scoppiare dei polloni, tra l'alzarsi della mente alla sapienza e il drizzare 'l collo ad un cibo che vien dall' alto; tra la cara luce, onde nelle visibili cose svegliasi un'eco del Verbo eterno, e la favella, ch'è manifestazione gentile del verbo

umano.

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Se non che i traslati e le metafore, onde il Poeta si giova a nobilitare le verità più volgari, riescono picciola cosa, ove si paragonino a quelle, ond' egli stesso usa per dar lume e rilievo alle verità un po' remote dalla vista comune degli uomini. Così, volendo significare che la natura è ordine specchiato dell' eterna Mente, e' dice che prende corso, quasi fiume ch'alta vena preme, da intelletto divino e da su' arte: e appresso, toccando dell'arte umana, ch'è imitazione della natura, la chiama con bellissimo traslato nipote a Dio: metafore attissime e lampanti; chè in quel corso tu senti il moto ordinato dell'universo, e nel sottinteso fonte, che dà vita a quel corso, intendi la perennità della creazione, come l'amoroso legame dell'arte nostra con quella divina ti si porge nell' epiteto di nipote, che accenna a così stretta parentela. La sapienza, che ci dimostra all' animo la verità, il Nostro l'affigura come lume tra 'l vero e l'intelletto, lume raggiante dal sereno, Che non si turba

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Ne' Salmi: « La tua giustizia è simile a monti allissimi. »

* Inf., XI. A questo luogo fa riscontro l' altro del Parad. (III, 86), che dice ove metta capo quel corso, e porgono lume i versi, che toccano dell' ineffabile amore, onde l'eterno Maestro si specchia nella bellezza dell' arte sua. (Parad., X, 10-12.)

8 Purg., VI. Di qui prende evidenza il bellissimo: « Vuo' tu che questo ver più ti s'imbianchi? » (Parad., VIII.) All' incontro

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