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l'intelletto de' primi veri e all' affetto del primo appetibile, onde l'animo nostro corre a dolcezza di pensiero e di vita, e il modo dell' infiorarsi al volare dell'angelica schiera tra la rosa di Maria e la sfera del lume di Dio; il primo e dubitoso levar dell' ala del cicognino al desi derio, di cui per pudore ritorciamo la punta; i lucenti stami, che di sè forma per bello istinto il baco da seta, alla raggiante letizia, onde si fasciano gli eletti per virtù di sublimata natura; il tacersi di lodoletta dopo il gaio canto, che le invispiva il volo, al tacersi degli spiriti, che già sfavillando cantarono le glorie dell' Imperio; l'ammusarsi delle formiche, al baciarsi delle ombre ad una ad una per via; il pullulare de' pesci in frotta, al trarre improvviso di molti splendori veloci, e lo sparire d'un pesce, che guizza verso il fondo, all'ascondersi di uno spirito nel fuoco, che lo affina; il dileguarsi delle rane innanzi alla biscia al fuggire dei perduti innanzi all'angelo, e lo starsene col muso fuor d'acqua al modo, onde i peccatori si stavano fuori del bollente stagno; le lucciole scintillanti per la valle odorosa alle fiammelle, onde tutta risplendeva l'ottava bolgia; la schiera larga e piena degli stornelli alle anime dei lussuriosi più travolte dalla bufera; i grù, che fanno di sè lunga riga flebilmente cantando, alle anime meno travolte, che traggono pietosi guai. E pur una cosa è da avvisare; che il Poeta dà spesso nell' umano, attribuendo agli animali bruti movimenti e desiderii meglio proprii della nostra natura; accorgimento che molto giova a rendere queste somiglianze più gentili e più care. Il che non so dove meglio si paia, che nella seguente comparazione da me serbata per ultima a bella posta, quasi legame

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Vedi L. Blanc, Saggio di una interpretazione filologica della Divina Commedia; Inf., V.

tra le comparazioni, di cui parlo, e quelle, di cui m'appresto a parlare:

Come l'augello, intra l'amate fronde,

Posato al nido de' suoi dolci nati,

La notte, che le cose ci nasconde;
Che, per veder gli aspetti desiati

E per trovar lo cibo, onde gli pasca,
In che i gravi labòr gli sono grati,
Previene 'l tempo in su l'aperta frasca

E con ardente affetto il Sole aspetta,

Fiso guardando pur che l'alba nasca;
Così la donna mia si stava eretta

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Quanto affetto in questi versi e quanta bellezza di rispondenza tra l'augello, che con ardente affetto il Sole aspetta per veder gli aspetti desiati e per trovar lo cibo onde gli pasca, e Beatrice, dolce guida e cara, che aspetta la vista del Sole eterno della sapienza increata per cibarne l'animo del suo Poeta e crescere del sorriso di lui la propria letizia!

III.

SIMILITUDINI TRATTE DALL'UOMO E DALLE MANIFESTAZIONI DELL' UMANA NATURA.

Il diligente osservatore delle sensibili cose, che dai monti alla valle, per città popolose e per deserte vie, sulle ripide balze e lungo i lidi del mare, si dilettò nella contemplazione della natura viva, e colse e ritenņe l'im

Parad., XXIII. Cf. Ivi, XIX, 91.

magine d'un fiore, d'un tramonto, d' un' ape, d'un raggio fugace, naturalmente s'intese con più cura nell'uomo, come quegli che in sè raccoglie e sublima ogni parte del mondo, e ne studiò le arti, i costumi, il corpo e l'animo.

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Delle arti, e per naturale inclinazione e per fierezza de' tempi, meglio amò quella dell'arme: onde più spesso ne tolse bellissime comparazioni a invigorire e illustrare i suoi meravigliosi concetti. A lui immagine di snellezza e di rapidità fu la saetta: e come già nel bollore della mischia, vistala dischiavarsi dalla noce dell'arco,1ebbela seguita dell'occhio nel suo dileguarsi, correndo via per l'aer snella, e con pronto avvedimento notato che nel segno Percuote, pria che sia la corda queta, e con men foga tocca il segno se il balestro, scoccando improvviso per troppa tesa, franga sua corda e l'arco," così la ripensò scrivendo, e destramente vi scorse varietà di attissime somiglianze. Anco tra le mille movenze ei mutevoli accorgimenti di un esercito in campo elesse quello che ha più d'arte e di bellezza e di brio: il volgersi di schiera sotto gli scudi, che sè gira col segno Prima che possa tutta in sè mutarsi, e il trasvolare lampeggiando di schiera, che corra senza freno. © Nè pose in dimentico l'atto e la voce d'espedito duce e ben muniti castelli 8 e le pompose giostre, e i ricchi torneamenti, e le allegre cavalcate, da cui talvolta

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Purg., XXXI.

Ivi, XXXII.

6 Ivi, V.

"Parad., XXX.

Inf., XVIII, 40.

' Ivi, XXII.

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pro' cavaliero esce di galoppo' per far bella prova di sè. Dopo l'arte dell'arme, questo generoso, che nell'aspetto dei mari sentiva natura terribilmente vigorosa, si recò all'animo l'arte, che tanta vigoria signoreggia e usa a giovamento degli uomini; vo' dire l'arte marinaresca. Onde il bollente stagno e 'l tramenio degli impeciati e de' lor tormentatori gli destano immagine dell'arzanà de' Viniziani, il cui svariato lavorio, chi lo rivegga nella mente per la efficacissima descrizione dantesca, è glorioso argomento dell'antico rigoglio di quella famosa Repubblica. Così la figura di Gerione, meravigliosa ad ogni cuor sicuro, che vien nuotando per l'aer grosso, gli torna al pensiero colui, che va giuso Talora a solver ancora, ch' aggrappa O scoglio od altro, che nel mare è chiuso; Che in su si stende e dai piè si rattrappa.3 Ma, ancor meglio dell'affumicato arsenale o dell'agile scioglitore dell' ancora, giova al Poeta ricordare l'ammiraglio, che in poppa ed in prora Viene a veder la gente che ministra, e la navicella, ch' esce di loco Indietro indietro, e la nave, che si dilegua a gonfie vele nell'aperto de' mari, o che, vinta dall'onde, piega or da poggia, or da orza; e due singolari abbattimenti, forse veduti da lui, stima degni di nota, il posare improvviso al sonar d'un fischio di tutti i remi, pria nell' acqua ripercossi, per fuggir fatica o pericolo, e il cadere delle vele avvolte, poichè l'alber fiacca:

Purg., XXIV.

* Inf., XXI.

3 Ivi, XVI.

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Purg., XXX, 58. Cf. Ivi, XXX, 5.
Inf., XVII.

6 Purg., IV, 93; XXIV, 3; XXXII.

7 Parad., XXV.

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8 Inf., VII. Anco il levar dell'albero ebbesi a mente: « E co

m'albero in nave, si levò. »

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somiglianze tutte bellissime per vivacità e proprietà descrittiva; ma vinte, quant'è a novità e ad acume d'osservazione, dalla somiglianza della nave, che per corrente giù discende, senza prender necessità nel suo corso dal viso in che si specchia; siccome quella che sensibilmente ne adombra un fortissimo ed altissimo vero: cioè, che l'eterna previsione delle umane cose non contrasta a libertà di volere. Se non che, la gloria dell' armi e la prosperità de' commerci non tutta rapivano l'anima del Nostro; nè i tempi erano del tutto dati al far guerra o al mercatare; bensi talora volgevano a luce di gentili cose, come l'ago alla stella, 2 e di segni e di colori e di forme leggiadre raddolcivano l'asprezza della vita operosa. Però non è meraviglia, che l'arte musicale tenesse la cima della dantesca fantasia, come fior di fronda, e che d'immagini tolte da quella purissima delle umane arti si rabbellisse la Cantica delle celesti cose. Luce è amore; amore è armonia di vita; onde quell' angelico tempio, che solo amore e luce ha per confine, doveva essere nella sua manifestazione sensibile una meravigliosa dolcezza di suoni. Così, le cose del tempo futuro vengono alle menti elette, sì come viene ad orecchia Dolce armonia da organo; la melode, che s'accoglie nel venerabil segno del pianeta di Marte, è al Poeta come dolce tintinno di molte corde A tal, da cui la nota non è intesa; il mormorio, che sale pel collo dell'aquila fiammeggiante, somiglia a suo

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2 Ivi, XII. Ogni novello trovato della scienza pigliava in Dante forma e colorito di poesia, cioè di parola virtualmente comprensiva del futuro chè quell'anima capacissima mal sapeva restrignersi al presente, e nella carità del vero abbracciava la bontà e la bellezza de' più lontani tempi.

Parad., XVII.

4 Ivi, XIV.

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