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pensando nel suo segreto) lamentò che forma non s'accordi Spesse fiate all'intenzion dell'arte, e avverti il delicato senso dell' umana impotenza, per cui ciascuno artista, come sia pervenuto all' ultimo suo, cioè all'estremo di sua virtù, desiste dal seguire quell'alto lume di bellezza, che lo guida e che pur gli fugge dinanzi, quasi come le forme degl' Immortali svanivano all' occhio delle omeriche genti.

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Parad., I. Nobilmente Agostino: « Dentro l'animo dell' artefice è l'arte stessa, più bella che le opere dell'arte. » De Gen. contr. Manich., I, 7.)

2 Parad., XXX.

Argutamente il buon Vasari : « .... Vedesi bene che Lionardo per l'intelligenza dell'arte cominciò molte cose e nessuna mai ne finì, parendoli che la mano aggiugnere non potesse alla perfezione dell'arte nelle cose, che egli s' immaginava: conciossiachè si formava nell'idea alcune difficoltà sottili e tanto meravigliose, che con le mani, ancora ch'elle fossero eccellentissime, non si sarebbero espresse mai. » E il Condivi di Michelangelo: «È anco di potentissima virtù immaginativa; onde è nato primieramente e ch'egli poco si sia contentato delle sue cose e che sempre l'abbia abbassate, non parendogli che la mano a quella idea sia arrivata, ch' egli dentro si formava. » Nè indegni d'esser citati accanto a parole, che toccano di due mirabili spiriti, son questi versi del Giusti: E gareggiando colla fantasia Lo stile è vinto al paragon dell' ale; E suona all' intelletto un' armonia, Che non raggiunse mai corda mortale.

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III. DEI SIMBOLI.

"Immaginò.... visibili forme di bellezza invisibile, sensibili soavità di spirituale dolcezza, materiali barlumi di non vista luce, per condurci dal sensato all' intellettuale e dai figurati simboli alle semplici altezze.,,

SINESIO.

Ai cieli, per testimonio di lingue e di teogonie, ebbero l'occhio le antichissime genti; ma, come bella e poderosa parola, che fu invilita dall' uso, quel sereno aspetto, anzi che suonare nell'anima inno di lode alla Bellezza increata, aguzzava il senso della voluttà, e la purissima luce, a poco a poco annebbiandosi nelle fantasie che la concepivano, si trasmutava in simboli tenebrosi. Per opposto quando l'occhio delle genti, ringio

1 Le genti, com' ebbero vòlto le spalle alla suprema Verità, rapite dalla bellezza della creatura, fecero Iddio l'universo. Però nei Veda leggesi : « Quest' essere sommo è l'universo, tutto ciò che fu, tutto ciò che sarà.... gli elementi dell' universo non sono che parti di lui.... La luna fu generata della sua mente; il sole dell' occhio suo; lo spirito della sua orecchia; il fuoco della sua bocca.... >> Similmente ne' versi orfici riferiti da Eusebio (De praeparatione evangelica, III, 3):

<< Dell' empiro signor, principio sommo,
Unica potestà, tutto governa

Giove l'onnipossente e ne l'immenso
Regal suo corpo l'universo accoglie:
L'aria, il fuoco, la terra, il mar sonante,

La notte e 'l dì, la sapienza e 'l primo

vanito nel vero, tornò ad affissare le serenità luminose, la fontana perenne della luce visibile, nelle anime in

Nascimento e l'amor, che riso mena.
Se in alto a riguardar l'ampia coverta1
Del ciel ti levi, il gran capo di Giove
Miri e al sommo lassù, come per fulva
Chioma, raggiar di sfavillanti stelle

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Ma come in quella creatura deificata la parte più eccellente furono i cieli, così l'iddio supremo tolse nome dai cieli, 2 e al panteismo seguì prestamente il sabeismo; di cui si fa chiaro cenno e nel libro della Sapienza (XIII, 2) e in quello di Ezechiele (VIII, 16). Perchè poi tra gli astri del cielo è a noi più cospicuo e più benefico il sole, fu a quest' astro che più specialmente si pose riverente affezione, e Rama, Cridna, Mithra, figlio d' Ormuz, Osiride, Ercole (gloria dell'aere), Mercurio (velocità della luce), Perseo (il luminoso), Apollo (il sole), Balder, figlio di Odino, Bel, Swjatowit, chi ben li consideri, appariscono, qual più qual meno, palesi forme del culto solare. E anco il dio maggiore, cima delle gentilesche teogonie, fu spesso ristretto dal più largo e antico significato a quello del sole: così Ammone fu soprannominato Re o Phre, nome egizio del sole, e Giano, antichissimo dio degl' Italici, che ricorda il sanscrito Dyaus (cielo lucido), diventò coll' andar del tempo il dio del giorno, e Odino, Giove dei Germani, fu adorato qual generatore della luce: onde i più tardi investigatori delle teogonie credettero che tutti gli Dei si raggiungessero al sole, come a sovrano moderatore delle umane cose. (Macrobio, Saturnali, I, 17.) Ma, riguardando il culto dei cieli e degli astri nelle sue mostruose trasformazioni o pervertimenti, che naturalmente seguirono al corrompersi delle genti, ben possiamo riferire a tutte le divinità luminose

1 Rammenta l' oracolo di Serapide: La volta de' cieli è la mia testa.

Zeus vale, secondo il suo etimo, quanto cielo lucido. (Max Mûller, Scienza del linguaggio, Lettura prima.) Thian (il cielo) fu l'antichissimo Dio cinese. (Balbo, Meditazioni storiche.)

3 Vedi sul culto solare l'Antiquité expliquée del Montfaucon, le Antiquae tabulae dell' Aleandro (Graevius, Thes. rom. antiq., tomo IV, 706), e la dissertazione di Zach. Ben. Pocari, De simulacribus solaribus (Ugolino, Thes. antiq. sacr., XXIII, 727).

▲ Appunto per questo la luna, che si veste del lume solare, fu chiamata jana da Varrone. (De Re rust., 1, 37.)

Ond' è, che le foreste, bellissimo testimonio della sua virtù fecondatrice, gli furono sacre; quelle foreste, che Tacito dice d' antichi agùri e santità tremende.

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namorate sfolgorò, bellissimo principio di un giorno intellettuale, il Verbo generatore, il fiat lux della Genesi, e ne' segreti del cuore sorse l'immagine di un sole, che nè occaso mai seppe nè orto. Questo dolce Verbo, questo Sole incorruttibile, mentre fu cima d'ogni affetto nell'animo della vergine, che, pregando, volse gli occhi all' Oriente, Come dicesse a Dio: d'altro non calme; fu cima d'ogni pensiero nelle menti de' savi, che, da quello rinvigorite e illustrate, meglio si distesero nell'ampio e nell'altezza del vero. E l'architettura sacra, favella prima della fantasia levata verso una bellezza invisibile, tenne conto dell'immagine che accenno: però nelle basiliche e ne' templi medievali sempre l'altare fu dirizzato ad Oriente, 2 le vôlte acutissime fuggenti riquelle savie parole, in cui esce il Creuzer a proposito del persiano Mithra: «Anco questa dottrina della luce si annebbiò col tempo. Il fanatismo e l'errore travolsero i misteri di Mithra e nelle tenebrose grotte sacrate a questo Dio caddero vittime umane. » Religions de l'antiquité considérées principalement dans leurs formes symboliques et mythologiques; refondu en partie, complété et développé par I. D. Guigniaut. Paris, 1825-1844, tome I, pag. 381.) Lo stesso Apollo, ch'è forse la più cara e leggiadra deificazione del sole, perdette dell'antica purezza nelle ottenebrate fantasie: se ne dimenticò l'antico significato, bellezza del giorno ispiratrice del canto, e non solo dal volgo, ma anco dai poeti della seconda e della terza età (Vico, Opere, IV, 186) si volse a segno delle più basse voglie dell' uomo. (Taziano Assiro, Contra Graecos, 8.)

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«Ma perciocchè il tuo Spirito distendeasi sopra le acque, la tua misericordia non dimenticò la nostra miseria e dicesti: Sia la luce! Fate penitenza, poichè il Regno dei cieli si è avvicinato : fate penitenza; sia in voi la luce. E poichè per cotal voce conturbossi in noi l'anima nostra, ci ricordammo di Te, o Signore, sulle sponde del Giordano, e a piè del monte, che Ti agguaglia in grandezza e che tuttavia si è per amore di noi abbassato. Ed allora sentimmo la gravità delle nostre tenebre, e ci volgemmo a Te, e la luce fu fatta. Ed ecco che, dopo essere stati tenebre un tempo, or siamo luce nel Signore.» (Agostino, Confess., XIII, 12.)

2 << Ogni maniera di sacro edifizio doveva anzi tutto essere

trassero alquanto delle splendide immensità dei cieli, e fra i mistici animali si predilessero l'aquila, che amoreggia col sole, e il lione, animale solare. Ora il Nostro, che l'arco della mente scoccava si alto da vincere di gran lunga la vista de' volgari, ebbe cara questa bella tradizione e la fece seme di una Simbolica, che désse rilevate forme alle sottilissime verità dello spirito: Simbolica aperta ai più semplici, e che pur serba di che meravigliare i più acuti investigatori. Cotal Simbolica io ricercai a parte a parte, pur coll'animo di spigolare e di scernere il più acconcio al proposito mio; ma non vennemi fatto: chè i simboli più cospicui mi si raggiunsero tutti, quasi per intima forza che li traesse, nell'unità di un'altissima fantasia.

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situata in guisa che i fedeli, pregando, fossero vòlti all' Oriente. >> (Sacchi, Saggio intorno all' Architettura simbolica, capo III, § 4.) Questa consuetudine, che Tertulliano nell'Apologetico rammenta, come occasione agl' idolatri di sparlar dei Cristiani (II, 16), e che, se vogliamo credere all' Uezio (De situ Parad. terr., cap. III, 2), durava anco nel secolo XVII, non fu intesa d'un modo; ma l'interpretazione più spontanea e più autorevole è quella toccata da Clemente Alessandrino: « Poichè la parte orientale dell' orizzonte è immagine del dì nascente, il cui lume da lei si diffonde, e a' ravvolti nelle tenebre dell' ignoranza sorse il giorno della cognizione del vero, a quella guisa che sorge il sole; però quelli, che pregastannosi della persona verso i mattutini albori. Onde anco gli antichissimi templi ebbero la facciata ad Occidente; perchè i fedeli, drizzando il volto ai simulacri, fossero ammoniti di volgere l'animo al mistico Oriente: La mia preghiera si addrizzi al luo cospetto come incenso; e il mio alzar delle mani ti sia caro come l'offerta della sera. » (Negli Stromati, VII.) Anco Ambrogio, parlando del volgersi de' catecumeni verso l'Oriente, scrive: « E così, vòlti ad Oriente, stringiamo il patto col Sole di giustizia. » (Proph. Amos, cap. VI.)

no,

1 Alcuni, fra' quali Bar-cepha, vollero vedervi adombrato il desiderio del luogo eletto All' umana natura per suo nido; ma non avvertirono che i rinnovati, meglio che ripensare una perduta felicità, levavano il cuore a felicità futura e più perfetta, di cui l'altra non è se non lontano ricordo e figura.

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