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mente; ma come giunge colà, dove prima gli appariva eccelsa e perfetta, rapida si dilegua e tanto s'allontana da lui, quanto il profondo mare dalla sommità dei cieli.1 E bene sta, chè natura Al sommo pinge noi di collo in collo. Ma v' ha di più: ogni nuovo riso della sua Donna lo vince di subito abbarbaglio; chè vero alto e nuovo, balenato alla mente d'un tratto, noi, fiacche nature, atterrisce. Pur l'occhio interno di quel Grande a poco a poco entra pel vivido raggio degli occhi santi, vede abissi nuovi di luce e s'infiamma di più rapido amore. Ma se l'intelletto basti ad affissare le arcane profondità di quegli splendori, come l'immaginare e la parola nostra potranno ritrarne le più ascose bellezze, delicate, soavissime? L'immaginar nostro a cotai pieghe, Non che il parlare, è troppo color vivo. E come tutte le

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1 « Da quella region, che più su tuona,

Occhio mortale alcun tanto non dista,
Qualunque in mare più giù s' abbandona,
Quanto lì da Beatrice la mia vista.... »

Parad., XXXI.

2 La paurosa grandezza del vero, rispetto all' infermità della umana mente, è stupendamente significata in questi versi:

« Ed ella non ridea; Ma, s'io ridessi,
Mi cominciò, tu ti faresti quale
Semele fu, quando di cener fêssi;
Chè la bellezza mia, che per le scale
Dell' eterno Palazzo più s' accende
(Com' hai veduto), quanto più si sale,

Se non si temperasse, tanto splende,
Che 'l tuo mortal podere al suo fulgore
Sarebbe fronda, che tuono scoscende. >>
Parad., XXI.

La semplice fanciulla, giovanilmente vaga di contemplare la procellosa maestà del Nume, oh come ben ci raffigura la mente, che anela di mettere il guardo nei misteri della vita, nelle arcane profondità dell' essere !

Parad., XXIV.

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allegrezze della natura e dell'arte, ripensate e sublimate dall'estro, non agguagliano quella bellissima Parola, che è luce e armonia, immagine viva e letizia di voce, ma in guisa di gran lunga diversa dall' umano concetto; così tutte le fantasie de' poeti che furono, insieme accolte in altissimo canto, non agguaglierebbero la dolcezza, che quella Parola sveglia nell'anima del Poeta sovrano. O meravigliosa Parola! Sospiro eterno del tuo Poeta, e'ti scôrse, terribile onnipotenza, metter lume anco nella valle d'abisso dolorosa; ti ammirò, ordine di sapienza bella, nelle opere leggiadre della vita e dell'arte; ti segui perfino, amore bellissimo e potentissimo, nelle arcane trasformazioni dello spirito rinnovellato, nelle più riposte armonie dell' indiato pensiero. All'alta fantasia qui mancò possa; ma pur gli lampeggiò raccolta la tua gioconda trinità nel profondo dell' increato Lume; nell'amore che adempie la speranza che inizia; nell' iri di Dio i tre colori di Beatrice.

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Magistero dell'arte, anco il Paradiso ha il suo mondo esteriore, svegliato dalla memore fantasia; mondo, che

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« La bellezza, ch' io vidi, si trasmoda,

Non pur di là da noi, ma certo io credo
Che solo il suo Fattor tutta la goda.
Parad., XXX.

«Se mo sonasser tutte quelle lingue,
Che Polinnia con le suore fêro

Del latte lor dolcissimo più pingue,

Per aiutarmi, al millesmo del vero

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Non si verria, cantando il santo riso.... >>

Parad., XXIII.

3 Parad., XXXIII, 415.

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prende forma dall' interiore e splende anch'esso di mirabile purità; dacchè la sensibile natura (cieli, acque, fronde, innamorati volti) torni al Poeta nelle sue gentilezze, ov'è più lieve e diafana alla luce del segno ideale, alla raggiante Parola, onde tutte le cose son ripiene; come, chi da' selvosi gioghi dell' Appennino guardi campi e città, altro non si pare che sottili guglie, trepide cime, riverberi e guizzi di luce. Qui, per cagione di gentil somiglianza, primi occorrono i cieli nelle men durevoli, ma più sublimi lor viste: orizzonte che rischia3 stelle che s'accendono in vista a mille a mille,

ra,

La natura visibile, che giù nel cieco abisso lampeggiò la terribile Onnipotenza e su pel monte sacro si affinò nei dolci chiarori della Sapienza amorosa, or qui tutta brilla e s'avviva della fiammante unità di bellissimo Amore. Onde la natura visibile delle altre due Cantiche s' appunta e si strigne a quella di questa terza più dolce e più profonda Canzone; e qui si disvela più manifesta che altrove l'arte propria del Nostro, che il sensibile universo considerò rispetto all'anima bramosa dell' Infinito. In altro lavoro, se il volere mi basti, raffronterò quest' arte dantesca con quella dei maggiori poeti di ogni tempo; ma intanto non so tenermi dall' affermare che nessun poeta volse alla visibil natura più largo e più sublime riguardo. Solo forse il Göthe, la cui poderosa fantasia corse la terra e il cielo, afferrando ogni più alta parola, s' appressa al Nostro nella sublimità della visione: se non che l'anima sua, chiusa e ottenebrata dal dubbio, mal poteva aprirsi a contemplazione chiara e serena: onde spesso gli splendori del giorno ridono nell' occhio di Fausto, ma dentro il cuore di lui sempre più strignesi il buio.

2 « E queste contingenze essere intendo

Le cose generate, che produce

Con seme e senza seme il ciel movendo.

La cera di costoro, e chi la duce,

Non sta d'un modo, e però sotto il segno

Ideale poi più e men traluce. »

Parad., XIII.

3 Parad., XIV, 69.

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" Ivi, XIV, 70.

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Galassia biancheggiante di giovani mondi,1 stelle cadenti,
che fendono i limpidi sereni della notte, 2 Trivia nei ple-
nilunii, quando converte il cielo quasi in nitido lago,
ridere improvviso delle aperte serenità del giorno per lo
spirare de' venti.* Nè la terra è toccata, se non in quanto
riceve della bellezza dei cieli: negli echi del monte,
nella rosa che si dilata al sole, nella fronda che si drizza
in alto per la propria virtù che la sublima; 7 nelle
schiette acque, ch'entro il vergine grembo, pur serbando
lor dolce unità, ricevono il purissimo spirito dei cieli;
nell'accendersi de' colori a raggio, che trapeli da fratta
nube; nelle vive faville, che sorgono velocissime e si
velano di subita distanza. 10 Così la natura ferina s'acco-
sta viepiù alla natura dello spirito: le api volano, re-
cando in atto il dolce studio del mêle;11 i colombi non si
stanno queti alla pastura, si aprono, mormorando, l'af-
fezione; il falcone non si protende per desio del pa-
sto, ma si fa bello e s'applaude con l'ale per generosa
voglia di volo; 13 e meglio del cicognino, che leva l'ala,
ci parla d'affetto la cicogna che si rigira sul nido, "e
la lodoletta che in aere si spazia Cantando, e poi tace

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contenta Dell'ultima dolcezza che la sazia:1 più gentile delle formiche, che s'ammusano, occorre il baco da seta, che si fascia di sue lucide fila, 'e il pesce che, quasi germoglio da terra, spunta a fior d'acqua; 3 più superba del leone che posa, l'aquila che s'affisa nel sole. Nè soltanto la natura ferina ingentilisce; sì ancora l'umano aspetto, che nell' Inferno parve travolto ed oscurato, e nel Purgatorio significò coll' abbassar del guardo e col sospiro la vereconda speranza, qui porgesi ad opportuno raffronto nell'armonia delle sue più dolci movenze, e come specchio vivo dell' intimo verbo: onde l'occhio, che più scintilla di que' fulgori, è più volte ritratto, or levato a riguardare un rapido volo, or mentre s'interna pe' mari, or lucente di fervida letizia. Così l'alta fantasia, che in sè riceve il dolce raggio di Beatrice, segue, e pur non giunge, gli altissimi voli dell' intelletto, s' interna per mari d'ignota luce e nell' ineffabile riso della parola rende specchiata quella potente dolcezza,

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Che non gustata non s'intende mai.

1 Parad., XX, 73.

2 Ivi, VIII, 54.

3 Ivi, V, 400.

* Ivi, I, 48.

5 Vedi nell' Appendice al discorso Dell' evidenza dantesca le comparazioni tratte dall' osservazione del corpo umano nelle due prime Cantiche.

6 « Com'occhio segue suo falcon volando. »>

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Parad., XVIII.

« Com' occhio per lo mare entro s' interna. »

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