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Certo questa immagine miltoniana, vuoi per novità di concetto, vuoi per nobiltà di linguaggio, vuoi per bellezza di similitudini, è veramente solenne. A noi, fastiditi delle volgari immagini di Satana, con gran corna e gran coda, vien fatto di ravvisarvi con nuovo diletto una più degna figura di quel già bellissimo nella famiglia del cielo; e ci par nobile verità che i solchi della rovente folgore e il dolor disperato, che lo preme e dimagra, non abbiano tolto in lui del tutto l'antica luce del volto: onde saremmo tentati di antiporre il Satana miltoniano al dantesco che, leggermente guardato, molto ritrae della volgare credenza. Nondimeno, meditando più addentro la cosa, dovremo persuaderci che il concetto del Milton è falso, siccome quello che ci reca l'antico avversario di Dio quale uno di que'grandi mortali, che, scaduti dalla raggiante altezza della virtù nella valle tenebrosa del vizio, pur serbano un qualche sprazzo dell'antica luce ne' pensieri e nell'aspetto. Imperocchè, bene sta che nell'uomo, in cui perdura la potenza di tornare al bene finchè gli basti la vita, perduri in parte anco la luce di una spirituale bellezza; ma non istà, che lo stesso voglia supporsi di Satana, spirito vivente nell'eternità, che il volere pervertito una volta non può rinnovare giammai:1

Ciò che è perverso, è anco deforme di sua natura, ed è contro ragione lo studiarsi di nobilitarlo. Onde parmi che Dante e il

anzi la sublime terribilità di lui tutta consiste nelle immutabili tenebre della mente, fatta nemica a ogni bene.1 Fermato questo, parmi chiara la sopraccellenza del Satana dantesco, il quale non è solo meravigliosa figura che piace alla fantasia, ma è concezione profonda che dà pascolo all'intelletto, empiendo l'animo di sublime terrore, se, lasciata la scorza per quel midollo di vero che vi s'asconde, si contempli nella sua intima essenza; trinità di vizio, che spegne ogni bontà di vita, come la trinità dell'infinita e assoluta virtù è d'ogni egregia cosa madre feconda. In breve: il Satana del Milton è figlio della teogonia omerica; il Satana di Dante è figlio della Bibbia: onde dall' uno all'altro è tanta distanza quanta dalla favola alla tradizione biblica, dal naturale al soprannaturale, dal tempo all'eternità.

Tasso, dipingendo i demonii, abbiano côlto nel segno meglio che il Milton. Così Guglielmo Schlegel nell' Istoria dell' arte drammatica, e le sue nobili parole sono raffermate dalle tradizioni simboliche di tutte le genti ne' loro principii. Veggasi quello che io ne tocco nell' Evidenza dantesca, III.

'Povera cosa è quel dire, che fa il Milton; « Pur di rimorso segni gittava e di cordoglio.... » Ben v' ha più inferno nell' Ariminese, mentre grida: Caina altende chi vita ci spense, e nel fiero Ugolino, quando si forbisce ai capelli del capo, ch' egli avea diretro guasto, che non in questo Satana pentito e perplesso. Nè si dica: anco il Salana dantesco piange; dacchè altro è il pianto della rabbia che consuma, e altro quello del pentimento che rimorde.

FRANCIOSI.

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PROEMIO ALLA DICHIARAZIONE DEL PURGATORIO.

Ascendiamo le ascensioni per entro al cuore, cantando il cantico dei gradi: per la fiamma tua, per la santa tua fiamma concepiamo l' ardore che ci porta.... "

AGOSTINO, Confess.

Dall'abisso delle infernali tenebre, ove l'anima grave di eterna colpa trabocca, noi siamo venuti al monte raggiante del Purgatorio, a cui l'anima sale di mano in mano più lieve e più desiderosa del cielo. Bella e spiccatissima ci si farà la differenza fra quell'abisso e questo monte felice, se nel nostro cammino ci volgeremo indietro a ficcar gli occhi dell' intelletto nell'aere senza stelle per comparare quegli infiniti guai alle nuove delizie, in cui ci avveniamo.

Ben ha ragione il Poeta di alzare le vele del suo ingegno e d'invocare la suprema dolcezza della voce di Calliope, mentre altrove desiderò rime aspre e chiocce; poichè la materia, che gli viene ora alle mani, è così lieta e gentile, come fu già turpe e dolorosa. Argomento della prima Cantica è l'umana specie caduta nell'abisso del vizio: argomento di questa seconda è l'umana spe. cie che si rileva a virtù.

Il Poeta, avendo sempre a mente che l'uomo da sensato apprende Ciò che fa poi dell'intelletto degno, veste questi due argomenti di sensibili forme. E vedete mirabile convenienza ch' egli mantiene in questo suo nobile artificio. Laggiù, ov'è spenta ogni bontà e ogni

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bellezza di vita, non v'ha cosa alcuna di bello e di amabile, ma tutto ne contrista l'animo e i sensi; morte gore, mugghianti e negre fiumane (sbocco d'ogni mondana sozzura), bufera che mai non resta, grandine e piova senza discrezione e misura, fetore della terra, lande infocate e tumulto di voci e di suoni orribilmente discorde. Qui invece, ove lume di bontà e di bellezza, come astro mattutino, torna ad abbellire del suo riso il cielo della rinnovata città, ogni cosa ne sorride e invita a dilettosa contemplazione: aere queto e sereno, fiorite valli, odor di pomi, angeliche fragranze, liete et limpide acque correnti (che non sorgon di vena, ma del volere di Dio) e armonia di voci e di suoni dolcissima, annunziatrice di quella sovrumana del cielo. Orsù: rallarghiamo il petto a quest' aura viva di bellezza e d'amore, che ne spira dalla montagna, ove l'umano spirito si purga: e come il Poeta di grado in grado va più leggiero all'insù, così noi leviamoci col pensiero e coll'affetto ognor più sottile e più puro da questa misera aiuola, che ci fa tanto feroci; e se già col Poeta sentimmo ira e terrore, or sentiamo con lui pietà ed amore. Mal disporrebbesi a leggere il Purgatorio chi non avesse l'animo vestito di quella umiltà o serenità di affetti, ch'ebbe tanto cara il Poeta: poichè, come a palato uso a sapori di forte agrume cibo semplice e delicato riesce insipido, così ad animo educato nel fiero sentimento dell'ira non può saper dilettosa l'espressione di un affetto tranquillo e gentile. In questo io trovo la cagione di quell'assidua lettura che si fa dell' Inferno, mentre le altre due cantiche rimangonsi ignorate o mal note; onde poi stoltamente si afferma che in Dante potè più l'ira che l'amore, mentre dovrebbesi dire: noi, nutriti nell'ira, in Dante non cerchiamo che ira e se altro affetto esprimesse non ci curiamo. E qui parmi bello ripetervi

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PROEMIO ALLA DICHIARAZIONE DEL PURGATORIO.

le parole dell'egregio Balbo: « Amore, infinito amore era in lui, che non è in tanti imitatori ed ammiratori di lui. Coloro che non leggono se non l'Inferno e non conoscono gli Angeli e gli affetti del Purgatorio e la Beatrice del Paradiso terrestre e le gioie del Paradiso celeste di Dante, non conoscono se non la parte feroce e lascian tutta la parte amorevole di lui.... » '

1 Vita di Dante.

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