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A TE DOLCE COMPAGNA DELLA MIA VITA

CHE PER GENTILE VIRTÙ

OGNI GUSTATO VERO

TORNI IN SUCCO D'AMORE

MODENA, XXIII LUGLIO MDCCCLXIX.

A te fia bello

Averti fatto parte per te stesso. "

Parad., XVI.

È tempo di rendere all' an

tico Alighieri quella desiderata
lode, ch' egli si fece predire dal-
l'avo suo Cacciaguida.

OZANAM.

Il far servire l'alto e libero spirito degli avi alle nostre passioni è così grave colpa, che solo mi appar minore di quella de'falsi profeti, che il senno di Dio empiamente usurparono a confortare innanzi agli occhi de' mortali le loro menzogne. E se Dante scrivesse ai nostri dì, io mi credo che agl'indovini vorrebbe attergati questi sciaurati profanatori dell'ingegno e della virtù. Contro questi io mi levo, forte della coscienza di onest'uomo e di franco amante del vero.

Chi non ha udito chiamare il nostro Alighieri il Ghibellin feroce, l'esule sdegnoso, il furibondo partigiano? Tanta e si antica è la voce, che, se la parola di lui non suonasse viva ed aperta, mal potrebbesi contradire. Ma, vivaddio, quel nobile intelletto ci lasciò bellissimo e largo testimonio dell'animo suo in quella stupenda rappresentazione dell'umana vita, ch'egli chiamò Commedia, e nelle altre opere sue. Onde chi studi in queste con mente chiara e con purità d'affetto dovrà persuadere a sè stesso che il Poeta, benchè nato in tempi di parti feroci e tratto talvolta nell'opera a dar viste di parteggiare, nell'intima vita dello spirito seppe mantenersi invitto amatore della

giustizia e forte sempre di quell'animo intero, che, quasi rôcca a'venti, per soffiar di passioni non crolla mai la cima del suo generoso proposito.

Serbando ad altro luogo di svelare appieno il giudizio di Dante sull'età dei Comuni, io qui mi torrò a dimostrare com'egli, nemnico d'ogni turpitudine e innamorato d'ogni bellezza e bontà, fosse di Chiesa o d'Imperio, dovesse pigliarsi in amore e in riverenza l'animo d' Ildebrando e l'opera sua.

Egli è proprio di pochi e capacissimi intelletti il comprendere in sè moltiplicità quasi infinita di cose e ritrarle tutte a sovrana unità, secondo quella norma divina, onde le cose tutte tendono all'uno, come dice la bella voce << universo. Fra cotesti intelletti due soprammodo trovo maravigliosi per larghezza di comprensione e per sublimità di sintesi: Agostino e Dante. L'uno, discorsi tutti i tempi dell'umana famiglia, ne raccoglie l'istoria a unico reggimento di potestà divina, e, rallargando l'intento alla contemplazione di ogni creatura, ne trova il principio, la vita e il fine nell'altissima Trinità del Vero, del Bene e dell'Amore infinito. L'altro ne' suoi tre regni mostra come nel corpo diverso e mutevole dell'umana civiltà sia, spirito di vita, la trina unità dell'immutabile governo di Dio; e vuole poi che a questa unità di goverņo invisibile risponda, quanto può, quella del governo visibile di un monarca potentissimo e solo. L'uno è il bene:" però è sapienza, amore e virtù, cibo divino del simbolico Veltro. E amore, sapienza, virtù, in quell'infinità di perfezione, che di gran lunga soverchia l'umano e l'angelico accorgimento, si raccolgono in Dio: onde la

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Per questa rispondenza Bruto e Cassio sono, come Giuda, maciullati dai denti di Lucifero. Vedi il canto XXXIV dell' Inferno. Maxime ens, maxime est unum; et maxime unum, maxime bonum. » De Monarchia, 1, 17.

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