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Socrate, Platone e gli altri tutti della filosofica famiglia, coltivatori della scienza anco a' nostri di venerati. Ma il filosofo della storia non si sta contento di accennare ciò, in cui s'acchiuda il meglio dell' età gentilesca; si vuol porre in rilievo come quel meglio s'aggiungesse per mirabile innesto al buono della presente civiltà. Cosi Dante adoprava, immaginando che alcuni degli abitatori del nobile castello, uscitigli incontro e resogli onore di salutevol cenno, lo facessero della loro schiera. Quando, chiuso nel segreto della mia fantasia, ripenso e quasi veggo in immagine il simbolico pellegrino dei tre regni entrare nel nobile castello coi cinque savi e, trattosi con essi dall' un de' canti, sì che veder si potean tutti quanti i valorosi dell'antichità, conoscerli ed ammirarli; io nel cuore mi esalto come avessi dinanzi tutta intera quella giovane generazione di Cristo, ond' il Poeta è simbolo; la quale, forte di una coscienza immutabile, apprezza e scerne con sicuro giudicio, e, come gitta da sè lo scoglio di ogni turpitudine, cosi lieta d' ogni bel costume si veste, e, rinnovando con amore l'antica scienza, si leva a Dio.

III.

L'UMANA FAMIGLIA DOPO CRISTO.

1. Rispondenza del Purgatorio dantesco.
alla compagnia civile delle genti rinnovellate.

"E canterò di quel secondo regno,
Ove l' umano spirito si purga,
E di salire al ciel diventa degno. "
Purg., I.

Dacchè in sull'entrata dell' infernale abisso l'aria senza tempo tinta e il tumulto delle voci e de' suoni irosi e discordi ne fece palese la condizione della città dolente, ond'è imperatore Lucifero; ben si conviene che all' appressar del monte felice il vivo azzurro dell'aere sereno e la stella d'Espero, simbolo di lieto amore, ne facciano accorti di quel nuovo regno, che piglia bellissimo ordine di vita dal governo di Cristo.1 Là scendesi quasi a tentone nell'ombra e nel vano, qui si sale all'aperto su monte luminoso, e con profondo accorgimento; chè la gente dipartita da Dio, pienezza d'essere e di luce, va brancolando nella tenebrosa vanità delle corruttibili cose, mentre la nuova cittadi. nanza di Cristo, essendo una cosa con Dio, va dritta nella luce e ascende alla vetta lucente della celeste Ge

2

Le anime buone si raccolgono, per ordinato affetto che le muove e regge; ma gli spiriti mali si calano, quasi corpo inanimato, nel fondo cieco delle acque. Vedi Purg., II, 10, 105.

Anco in San Paolo il monte di Sion, ov'è la cillà del Dio vivo, simboleggia la Chiesa di Cristo e fors' anco la nuova società civile cristiana. Vedi i miei Accenni di filosofia della storia, parte I, cap. 3.

rusalemme. Non più il lume fioco ed incerto della luna, ma quello forte e pieno del sole, simulacro di Dio che si rivela all'umanità. A questo lume fecondatore la terra nostra rinverde e s'apre in bellissima copia di fiori e di frutti (i fiori e i frutti santi, onde nel Paradiso), e le segrete viscere di lei, sentendo anch'esse l'onnipotente virtù che penetra per l'universo, mandano fuori ricca vena di purissime acque. In sì fatta letizia di terra e di cielo tu quasi pregusti le dolcezze dell' eterna dimora; e, come annunziatrice degli albori L'aura di maggio muovesi ed olezza, così l'odoroso fiato delle angeliche penne t'annunzia Iddio, imperatore di questo lieto regno. Già vedemmo Lucifero nell'estremo pozzo, in mezzo alla ghiaccia, riguardare d'ogni parte la sua dolente città e accogliere nel suo sentimento di re tutti i dolori e le pene de' suoi soggetti: or qui vediamo al sommo del monte tra rigogliosa primavera, che l'alta terra senza seme gitta, mostrarsi Iddio rivelante sotto forma di Grifone, in cui si specchia Beatrice, rivelata sapienza. Ma non è qui sua dimora: egli passa trionfando e lo seguono in cielo tutti coloro che, lottando col male, ebbero vittoria allegra di virtuosa pace.

2. Soprannaturalità del Cristianesimo.

"Se il mondo si rivolse al cristianesmo ·

Diss' io, senza miracoli, quest' uno

È tal che gli altri non sono il centesmo. »
Parad., XXIV.

Testimonio di altezza d'ingegno non è solo la novità de' concetti, ma anco la riconoscenza lieta di con

1 Canto XXII, v. 48.

1

cetto alto e vero, che, per antico accennato, fu poi negletto. Di siffatta riconoscenza piacquesi soprammodo il grande Alighieri, a cui l'antico senno, perennemente ripensato, fu quasi voce viva, che autorità di affetto avvalora e bella prova ne sono i versi qui sopra, che rendono schietto un luogo della Città di Dio, ove Agostino, toccato di quelle opere, a cui natura Non scaldò ferro mai nè battè ancude, grida contro coloro, che in materia di miracoli malignamente si mettono al niego: «Quest' uno grande miracolo basta a noi, che già tutto il mondo ha creduto esse verità senza veruno miracolo. » E davvero la stessa genesi dell'universo non ha meraviglia, che agguagli quella grandissima della creduta Parola; divina luce, a' cui raggi, discioltosi l'uom vecchio, nacque una creatura nuova, che vive nel tempo e pur si pasce dell' eterno, è affannata dal turbine delle visibili cose e pur si sta gloriosamente accolta nella quiete dell' invisibile verità, è congiunta al corpo, ma bellamente si spazia nell'ampia libertà dello spirito. Or questo miracolo, che ogn' altro avanza, porge al filosofo della storia bello e capitale argomento. Perocchè, dimostrato che la Parola del Cristo non fu naturale accrescimento di civiltà, ma soprannaturale virtù che ricrea, si fa necessaria la discrezione dell'umana istoria in due tempi, secondo che la mente sociale avvallò nell'ombra della materia, o si levò nei rinnovati splendori dello spirito; e così vengon tolte di mezzo le due sentenze estreme dell'avanzare continuo e del continuo indietreggiare dell'umana famiglia; alle quali anco pensatori di gran nerbo furono tratti dal guardare una parte sola della vita degli uomini sulla terra, l'ieri o l'oggi; mentre avrebber dovuto rallar

Città di Dio, XXII, 5.

gare lor vista, considerando e l'ieri e l'oggi nel divino aspetto del Verbo, che li congiunge e discerne.1

3. Conversione meravigliosa dell' umanità a Dio
per virtù del Cristo.

"Da questa parte cadde giù dal cielo ;

E la terra, che pria di qua si sporse,
Per paura di lui fe' del mar velo,
E venne all' emisperio nostro e, forse
Per fuggir lui, lasciò qui il luogo voto
Quella ch' appar di qua e su ricorse. „
Inf., XXXIV.

Se nel monte, « ove l' umano spirito si purga, » è figurata l'umana città rinnovata per virtù di sacrificio e di amore, il fuggire da Lucifero e ricorrer su della terra a formare quel monte dee figurare il volgersi delle genti all'altezza del Cristo, lasciando gli abissi tenebrosi di Lucifero e bene quel su ricorse dice la prontezza dell'animo, che, portato dall' ardente spirito di Dio, rivola al cielo. Qui la dantesca fantasia immaginando ritrae della grandezza di que' singolari commovimenti della materia, che precorsero alla formazione dell'uomo e che a quando a quando, ma con men di vigore, tornano a ricordarci la caducità delle cose e l'infinita Potestà che le regge: e chi, leggendo di Lucifero traboccato dal cielo, che fa fuggire la terra e ricorrere in su a formare un monte, non ripensa i commovimenti terrestri ne' di della creazione, l'avvallare dei monti e il montar delle valli al cenno dell' Onnipossente? Già nell'apparire e adornarsi della terra al muovere della luce vide il sommo Agostino una sublime figura del più gran fatto del mondo morale, la ricreazione dell' umano spi

1 « Gesù Cristo ieri e oggi: egli anco ne' secoli,» San Paolo, Epistola agli Ebrei, XIII, 8.

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