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persone lasciarono la vita. Francesi e Svizzeri pugnarono da eroi, ed incerto era l'esito se non sopravveniva l'Alviano, il quale col suo nome e col suo valore addoppiando il coraggio nei Francesi, vennero finalmente i Svizzeri rotti e dispersi. Però l'Alviano dopo aver occupato Bergamo si appareccchiava all'assedio di Brescia e di Verona, e per le molte fatiche sostenute infermò di un'ernia ed il 7 ottobre 1515 morì in Ghedi nel Bresciano, essendo già al sessantesimo anno.. Il suo corpo fu trasportato a Venezia, per cura di quella Repubblica, da cui gli fu eretto un monumento nella Chiesa di S. Stefano; nè furono dimenticati la moglie ed i figli. (Queste notizie si trassero dalla vita di Bartolommeo di Alviano scritta dal collega conte LORENZO LEONII Vicepresidente della nostra Deputazione, Todi 1858).

(13) Il Cardinal di Siena, che il nostro Cronista dice esser venuto a Fermo, è Francesco Todeschini Piccolomini, il quale fu prima amministratore del vescovo Capranica, e quindi vi tenne dopo la sua morte la medesima sede vescovile. Egli però non dimorava in Fermo; ma vi teneva il suo vicario generale. Questa fu la seconda volta che si recava nella sua sede, ove è a credersi fossero molte importanti cose a disbrigare (Cf. CATALANI, De Ecclesia Firmana, pag. 264).

(14) Non per vero amore, ma per gl' intrighi del vescovo di Ferentino, i Fermani il primo maggio 1503 proclamarono Duca di Fermo Cesare Borgia, altrimenti nomato Duca Valentino, il quale vi mandò a commissario il conte Giacomo Nardini da Forlì, ed il 5 maggio incominciò a pubblicare bandi e varii ordinamenti. Il 23 di detto mese convocò generale consiglio per ammonire tutti che si dovesse aver rispetto al Vescovo di Ferentino, ma riprovava la sua condotta nel volersi immischiare nelle cose del governo di Fermo (Vedi le Cernite e Consigli dell'anno 1503).

(15) Questo Cardinal di Sorrento, ch'era Francesco Remolini o Romelini, fu da Pio III destinato alla Chiesa Fermana in sua vece. Nacque in Lerida nella Spagna; occupò diverse cariche, ed essendo versato nella giurisprudenza, fu mandato da Alessandro VI a Firenze per la famosa causa del Savonarola, che egli, insieme con altri giudici feroci, condannò al fuoco nel 1498. Benchè egli avesse vivente la moglie, papa Alessandro lo creò cardinale prete di SS. Giovanni e Paolo. Pare che mai si conducesse a Fermo, ove teneva il suo vicario. Fu vescovo anche di altre città ed anco vicerè di Napoli. Morì in Roma nel 1518 di anni 56 e fu sepolto nella basilica Liberiana, con sospetto d'esser ancor vivo (CATALANI, De Eccl., Firmana, pag. 267; MORONI, Dizionario d' erudizione storico ecclesiastica, volume LVII, pag. 125).

(16) Giulio II con breve del 14 agosto 1504, in seguito al processo fatto dal Legato della Marca dopo la morte di Oliverotto Euffreducci, cedè alla città di Fermo tutte le terre confiscate ai ribelli Fermani, e l'assolvè dai censi, affitti e multe, mediante lo sborso di tremila ducati (Cernita del 2 settembre 1504).

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(17) Il Guiderocchi, che esiliato d'Ascoli erasi refuggito in Castignano, contro voglia, pel suo carattere feroce, ciò soffriva; onde insieme coi figli Gianfrancesco e Tommaso, e molti masnadieri, entrò in Ascoli ove commise stragi e ruberie: ma poco vi potè stare, e diedesi a molestare le circonvicine castella. Stanchi finalmente sì gli Ascolani come gli abitanti del contado, delle prepotenze e stravaganze dell'assalto, nell'autunno del 1504, il Senato Ascolano supplicò il Legato della Marca, Alessandro Farnese (poi Paolo III), a portarsi in quella città con uomini armati. Vi andette il Legato, e conchiusa una pace universale, assolvè Astolto con tutti i suoi fautori. Ma il Guiderocchi sempre di animo torbido e inquieto nel 1506 tornò nuovamente ad infestare quei luoghi; però datosi ordine da Giulio II di arrestare si lui come i figli, questi si salvarono colla fuga andando a Venezia, ove presero servizio in quella Repubblica, ed il padre imprigionato fu condotto alla rôcca di Forlì (ANONIMO ASCOLANO, pag. 359 e seguenti).

(18) Camilla Varano figlia di Giulio Cesare, e di Giovanna Malatesta nacque il 9 aprile 1458. Si rese monaca professa nel monastero di S. Chiara di Urbino il 10 novembre 1481 prendendo il nome di Battista. Quindi da suo padre, per averla presso di sè, edificatosi in Camerino il monastero di S. Chiara, nel 1484, e accompagnata da otto monache,

da Urbino si trasferì alla sua patria. Erettosi anche in Fermo nel 1504 il nuovo monastero di S. Chiara, Giulio II, con breve 28 gennaio 1505 esistente nell'archivio priorale al N. 645, inviò la suddetta Battista Varano ed Angiola Ottoni a Fermo per dare alle nuove monache i principii di monastica disciplina. Compiuto il suo ufficio si ricondusse a Camerino, ove con fama di santa donna, si morì il 31 maggio 1524, o come altri vogliono del 1527. Dal papa Gregorio XVI fu ascritta fra i beati. Coltivò con lode la letteratura, e già molte rime sono alle stampe (LITTA, famiglia Varani, Breve compendio della vita della beata Battista dei duchi Varani di Camerino; ivi 1844, Tip. Sarti; LILII, Storia di Camerino, Parte II, lib. VII).

(19) Con Cernita del 2 ottobre 1503 venne decretata la costruzione di una Cappella a S. Rocco per far cessare la pestilenza. Nel dì 8 maggio 1506 il Consiglio ordinò si pagassero ai sindaci della fabbrica fiorini 50: e quindi il 21 agosto seguente cedè agli stessi sindaci: « ferramenta communis, et marmora portae palatii fundati olim a tiranno Liverocto». (20) Il Pontefice Giulio II, ritornando dalle imprese militari della Mirandola e Romagne, fu incontrato dagli Ambasciatori Fermani, che il pregarono a venire nella nostra città. Egli accettò l' invito; ma affari urgenti richiamatolo sollecitamente a Roma proseguì direttamente il viaggio per colà. Affranto però dalle fatiche e da diarrea, da cui lungamente fu afflitto, il 21 febbraio 1513 passò da questa vita. Gli successe nel pontificato Leone X, il quale, benevolo verso i Fermani, confermò loro, con breve del 4 luglio 1513 (conservato nell'Archivio priorale al num. 745) la facoltà di battere nella zecca i quattrini e i piccoli, ma poco durò l'esercizio di tale diritto, poichè per la moltiplicità delle zecche coniandosi grande quantità di moneta di rame, non di giusto peso e valore, il detto Pontefice con Breve del 2 febbraio 1518 revocò le licenze, usi e privilegi che aveva conceduti, e così cessarono tutte le zecche, compresa la fermana che restò perpetuamente soppressa, fino al pontificato di Pio VI nell'anno 1796 (CATALANI, Memorie della zecca fermana pag. 70 e 71. DE MINICIS G., Cenni storici e numismatici di Fermo nel Giornale arcadico, Tomo XXXI, an. 1839).

(21) Il racconto che fa il nostro cronista intorno al crocifisso gettato nel fuoco dal Colonna, merita esser condannato alla credulità e rozzezza del tempo in cui avvenne. Sul resto dell'assoluzione e sacco dato da Muzio Colonna alla nostra città è in ogni sua parte vero, e vi rimase morto il detto Colonna da un colpo di artiglieria (PAPALINI, Effemeridi della città di Fermo).

(22) E poichè nella Cronaca si è fatta più volte menzione di soggetti della famiglia Vinci di Fermo, vediamo opportuno di ricordare un opuscolo dettato da GIACINTO CANTALAMESSA CARBONI, col titolo: « Memorie storiche intorno gl'illustri uomini della nobilissima famiglia de' Conti Vinci di Fermo, corredate di opportuni documenti. Macerata, Cortesi, 1845. In esse si distingue precipuamente Buongiovanni, il quale nel 1437 ebbe varii importanti incarichi e commissioni da Francesco Sforza, che l'appellò amico suo carissimo, ed in appresso da varii Legati cardinali e principi. Si apprende altresi che un Concetto Vingo Fermo da Cosimo Duca di Fiorenza fu eletto e deputato a tenere speciale cura delle fortificazioni, che si facessero così alla città di Fiorenza, e si in qualunque altro luogo del ducale dominio, come si legge nel diploma 11 gennaio 1540; ed in altro di D. Ferdinando de' Medici granduca di Toscana, dato nella villa della Magia il 1.o di gennaio di 1593, con cui lodando varii uomini della detta famiglia, che furono ai servigi del padre di lui granduca Cosimo, fra'quali i Cap. Concetto e Giacomo con altri di detta casa, lo elesse nel numero de'capitani, e de più cari ed accetti suoi gentiluomini e familiari (Vedi i Diplomi recati per disteso nell'opuscolo sovra notato del CANTALAMESSA).

(23) Delle tre sorelle di Ludovico Euffreducci, Caterina e Zenobia eransi maritate la prima con Paccaroni, e la seconda con Adami, e la terza per nome Giovanna Maria il 17 marzo 1521 con Valerio Orsini, il quale stabilì sua dimora in Fermo, e appartenne al municipale reggimento, essendo ascritto alla contrada Campolegge. Ebbe Giovanna Maria fra gli altri un figlio, cui pose il nome di Oliverotto, ed alla celebrazione del battesimo furono invitati i Priori della città. Sembra pure che la famiglia Orsini si partisse da Fermo sulla fine

di quel secolo, poichè la città ricomprò dagli eredi di Valerio i beni degli Orsini. (Cf. FRACASSETTI, Commentario Storico degli Euffreducci, Effemeridi di Fermo, dettate da F. PAPALINI.

(24) Essendosi da noi riscontrati i libri delle cernite e consigli comunali, non si sono trovati nell'Archivio Priorale; e soltanto si può indicare un avvenimento importante per la nostra città, cioè che papa Clemente VIII, dopo la morte del di lui predecessore Adriano VI, confermò interamente lo statuto, i privilegi e le consuetudini della città di Fermo, come si apprende dall'Archivio Priorale, anno 1524, N.' 170, 1187. Quali brevi di Adriano e di Clemente furono stampati nel sommario delle cause tra la città ed i castelli, N. 57 a carta 116. Assolvè altresì e cassò ogni processo fatto dal commissario apostolico Francesco di Manfredonia contro la città di Fermo e i Fermani, i quali erano stati multati per aver disprezzati alcuni precetti da esso inflitti. (Arch. Prior., anno 1525, N. 925).

(25) Infierendo nuovamente il flagello della peste nella città, i preposti al magistrato ed i consiglieri fecero ritorno in Monte Ottone, come nel 1503; poichè o per aria più benigna o per cautele più efficaci, restò anche in quest'anno esente dalla crudele presenza del morbo. Presero stanza nel convento dei francescani, ove celebrarono per lunga pezza i Consigli, discutendo rilevantissime bisogna di Stato. (MARINI ACHILLE, Storia di Montottone, pag. 43; Fermo, Paccasassi ).

(26) La famiglia Partino deve essere originaria da Montefiore, e quella stessa che nella prima metà del secolo XIII dette il cardinale Gentile, e che forse, salita in rinomanza, si tramutò a Fermo. In detto castello di Montefiore dell'Aso conservasi un magnifico monumento fatto inalzare nel 1310 dal detto cardinale Partino a'suoi genitori, che fu pubblicato e descritto da G. DE MINICIS nella Eletta dei Monumenti di Fermo, e suoi dintorni, pag. 113 e seguenti. Roma, 1841.

(27) Fra i molti uomini illustri nelle armi che sorsero nella nostra città deve annoverarsi Saporoso Matteucci, ove nacque nel 1515 da Luca e Battista Bertacchini. Dedito fin da fanciullo al maneggio delle armi, potè, appena varcato il quindicesimo anno, portarsi in Piemonte, e sotto il conte Annibale di Novellara apprese i primi rudimenti dell'arte militare. Passò quindi al servizio della repubblica veneta, le cui forze comandava Valerio Orsini, e combattè valorosamente in Corfù e Dalmazia. Quindi corse sotto le bandiere di papa Paolo III, e di nuovo ritornò con l'Orsini. Militando con le venete milizie nei possedimenti di Dalmazia contro il Turco ebbe la fortuna di far prigioniera la moglie del generale turco Rostano Pascià, figliuola del gran Solimano, chiamata Cameria, e condotta a Fermo, ivi la tenne sette mesi, e poscia fu restituita al padre in cambio di molti prigionieri e schiavi marchegiani, e statisti. Passò poscia il nostro Matteucci in Fiandra ad accompagnare Giordano Orsini per combattere con l'imperatore Carlo V, che era intento all'assedio di Dura, che per le sue arti guerresche presto fu preso; ed egli pel primo piantò imperiale insegna sui baluardi, ma ferito in una spalla da un colpo di moschetto dovè allontanarsi dal campo. Risanatosi, corse all'assedio dell'altra fortezza di Landrecy. Tornò poscia in Italia, si fermò in Pisa e quindi a Padova. Guerreggiò in Iscozia, nel Parmegiano, nel Fiorentino, quasi sempre con prospero successo, e nel 1569 da papa Pio V venne eletto colonnello e revisore delle fortificazioni di Ancona; e quindi mandato in Avignone, in aiuto di Carlo IX re di Francia, fu chiamato dalla Repubblica di Ragusi, ove egli andò e la difese dalle armi turchesche. Ma dopo alcun tempo, non confacendogli il clima pella sua mal ferma salute, tornò ad Ancona, dopo aver ricevuto da quella repubblica ricchi presenti ed una pensione annua di duemila scudi d'oro. Richiamato in Avignone da Gregorio XIII per difenderlo dagli Ugonotti, colà si unì alle milizie francesi che erano intente all'assedio di Minerìa. Se non che il male di pietra e i molti disagi e fatiche sostenute, lo fecero cadere in tale prostrazione di forze, che vani riuscirono i rimedi e le cure che gli si prestarono, e l'onorando guerriero finiva la sua vita in Avignone il 3 agosto 1578, nel sessantesimo terzo anno dell'età sua. Gli furono celebrati magnifici funerali, ed eretto un onorevole monumento nella chiesa de' francescani di Avignone, ed altro dai suoi parenti nel maggior tempio di questa città di Fermo, nella

cui base sono scolpiti alcuni ben raggruppati trofei militari, con iscrizione latina (DE MINICIS, GAETANO, Monumenti di Fermo, Tomo 1, pag. 135).

(28) Altro valente guerriero accenna il nostro cronista, ed è perciò che ancor di questo brevemente narreremo la vita. Nacque Orazio Brancadoro in Fermo, nei primi anni del secolo XVI, da una delle principali famiglie di essa città. Ancor giovanissimo fu mandato, per addestrarsi nelle armi, a Pirro Colonna che militava agli stipendii di Carlo V, cui Orazio segui fedelmente nella spedizione di Tunisi, di Germania, e di Francia; e poscia il Brancadoro, divenuto valente, fu condottiero d'uomini d'arme e di cavalli per la genovese repubblica. Era in Fermo circa il 1540, a riposarsi dai travagli delle guerre in seno della propria famiglia, quando fu richiamato da Carlo V e mandato nella Germania per la guerra contro i protestanti, e si segnalò nella difesa di Ratisbona, per cui ebbesi dall' imperatore un'annua pensione. Fu mandato anche all'assedio di Metz, ma la stagione freddissima producendo molte infermità, dovè levare il campo. Nel 1553 fu da Carlo V mandato in aiuto dei Genovesi con un corpo di mille e cinquecento fanti per la spedizione di Corsica. Dopo varie vicissitudini di assedii e di combattimenti i Corsi, aiutati dai Francesi e sopraffatti dai Genovesi perdettero tutti i luoghi da essi posseduti nell' isola, tranne Ajaccio. Seguitando le scaramuccie ed un giorno sôrta questione con diversi capitani genovesi, uno di essi, lo Spolverino, uccise Giordano da Pino. Il Brancadoro e lo Spinola, che eran presenti al fatto, ma che non ebber parte alcuna nel delitto credettero di partire da Corte ove avvenne il caso e andare a Bastia. Ludovico da Brando cugino dell'ucciso Giordano, intesa la morte di questo, uscì da Bastia, ed incontrato il Brancadoro, creduto complice del delitto, lo assali; e benchè Orazio valorosamente si difendesse, da un colpo di lancia fu nel petto trapassato, e quindi sopraggiunti i servi di Lodovico, venne da questi balzato dall'arcione, ed ucciso. Tale fu il miserando fine del valoroso guerriero, il quale dove si aspettava vita di maggiore celebrità e di pace, trovò sventuratamente la morte. Dalla famiglia gli fu eretto nel duomo di Fermo un marmoreo monumento operato dal valente scultore veneto Alessandro Vittoria, uno dei migliori di quel tempo. È bello in ogni sua parte, e il lavoro si riscontra degno dell'aureo secolo dell'arte. Questo monumento venne da noi illustrato con tavola nella parte I dei Monumenti di Fermo, pag. 167.

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L'avv. cav. Gaetano De Minicis, Vicepresidente della R. Depulazione di Storia Patria per le provincie della Toscana, dell' Umbria e delle Marche, compilava in Fermo nell'anno 1868.

SOMMARIO CRONOLOGICO

DI

CARTE FERMANE

ANTERIORI AL SECOLO XIV

CON ALCUNI DOCUMENTI

RELATIVI ALLA STORIA DELLA CITTÀ DI FERMO E DEL SUO DISTRETTO
RIFERITI PER ESTESO.

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