lauro, da L. - 'l mio avversario, Amore. - Vago.... m'adduce, Mi fa vagare, errare, fra i rami di questa selva, ossia mi suscita ovunque nella fantasia la immagine di L. SONETTO LXXII - 85 Volgesi lieto a salutar quel terreno, dove Laura cortese lo salutò Avventuroso più d'altro terreno, Ov'Amor vidi già fermar le piante, Che l'atto dolce non mi stia davante, Ch'i' non m' inchini a ricercar dell' orme Prega, Sennuccio mio, quando 'l vedrai, Amor, La donna amata, Laura. - Per tempo, Nel corso del tempo. L'atto dolce, Il fermarsi e il guardarlo che fece L. In quel cortese giro, In quel cortese volger della persona e degli occhi. Sennuccio mio, Sennuccio Del Bene, fiorentino e amico del P. - Prega, sott. il cuore di L., ossia Laura stessa. SONETTO LXXIII - 86 Se Amor lo turba, si rasserena pensando agli occhi Lasso! quante fïate Amor m'assale, Che fra la notte e 'l di son più di mille, Che 'l foco del mio cor fanno im nortale. Ivi m'acqueto; e son condotto a tale, Ch' a nona, a vespro, all'alba ed alle squille Move col suon delle parole accorte Quasi un spirto gentil di Paradiso, Sempre in quell'aere par che mi conforte; A nona, A mezzodi. Alle squille, Al suono dell' Avemaria, Ossia alla fine del giorno. - Chiaro, Sereno: così anche presso i poeti lat. clarus. Altrove non respira, Non ha respiro, sollievo in altro luogo che in quello. SONETTO LXXIV - 87 Sopraggiuntagli Laura quando men l'aspettava, Perseguendomi Amor al luogo usato, Ristretto in guisa d'uom ch'aspetta guerra, Ma non fu prima dentro il penser giunto, Così fu' io da' begli occhi lucenti E d'un dolce saluto insieme aggiunto. Ristretto, riferiscesi al P., e vale Tutto in sè raccolto, come fa chi aspetta d'essere assalito. Che si provvede ecc., Che si appresta alle difese, e chiude i passi al nemico. Tutto questo parlar metaforico è preso dalla milizia. - Che stampava il Sole, Stampata in terra dal Sole, l'ombra della persona di L. - Dentro, di me. Ove, Ai quali, pei quali. Insieme aggiunto, Al tempo stesso colto, giunto, sorpreso. SONETTO LXXV - 88 Il dolce e pietoso saluto della sua Donna La Donna che 'l mio cor nel viso porta, Tosto che del mio stato fussi accorta, Piaceri, in quel saluto ripensando, Che duol non sento, nè sentii ma' poi. Che'l mio cor nel viso porta, Dal cui viso dipende il mio cuore, Il cui viso ha in piena potestà il mio cuore. Sedea, sott. io. - In si nuovo colore, In atteggiamento di tanta pietà. - Morta, Spenta. Ovidio (Her. II, 52): « Risit, et ex animo dedit oscula, qualia possent Excutere irato tela trisulca Jovi. - Parlando.... Che, suppone il suo antecedente, cioè Parlando con tanta dolcezza, che ecc. – Diversi, Fuori dell'usato, straordinarj. – Ma' poi, Mai più, più mai. Il Villani G. (X, 75): « Molti per la detta cagione ma' poi non li furono fedeli. » SONETTO LXXVI - 89 Svela all'amico quali continuamente sieno stati Sennuccio, i' vo' che sappi in qual maniera Mi volve, Mi governa a suo piacere. Pur, Puramente, semplicemente, in tutto e per tutto. - Quel ch'i'm'era, Quello di prima. Piana, Benigna, affabile. - Onestate, Gravità, nobile contegno. Qui cantò dolcemente fino a Qui cangiò 'l viso. Imita Ovidio (Fast. 11, verso la fine): « Sic sedit; sic vultu fuit; sic stamina nevit; Neglectae collo sic jacuere comae: Has habuit vultus; haec illi verba fuere; Hic decor, haec facies, hic color oris erat.» Ma vedi quanto più puro affetto spiri nella imitazione. In Ovidio è Lucrezia che desta in Tarquinio un'abbominevole passione; il P., imitando, purifica le espressioni dei poeti pagani; e in ciò è una delle sue lodi maggiori. SONETTO LXXVII - 90 La sola vista di Valchiusa gli fa dimenticar tutt'i pericoli di quel viaggio Qui, dove mezzo son, Sennuccio mio, Che farei dunque gli occhi suoi guardando? Mezzo, perchè l'altra metà dell'animo suo, cioè Sennuccio, era lontana. Il Sonetto è scritto da Valchiusa. - Così, desiderativo. Intero, cioè in compagnia dell' amico. E perchè ecc., E perchè io trovo, non dico spento, ma neanche mitigato, scemato di un minimo che (mica) il mio ecc. Mica voce lat. che significa Briciolo, minuzzolo, è rimasta oggi nel parlar familiare in forza d'avverbio e con un valore riempitivo o intensivo in locuzioni negative. Amorosa reggia, Il luogo dove Laura dimorava, che era come reggia d'Amore. Laura dolce ecc.; avverti il solito doppio senso con l'aura. SONETTO LXXVIII - 91 Tornato in Valchiusa, brama solo la pace con Laura, Dell'empia Babilonia, ond'è fuggita Qui mi sto solo; e, come Amor m'invita, L'altro col piè, sì come mai fu, saldo. Dell' empia Babilonia. Così è chiamata Avignone, sede allora della Curia papale. - Per allungar la vita, Per conservarmi_in vita, dacchè lo spettacolo dei vizj e degli errori di quella Babilonia mi avrebbe ucciso. Il P. erasi ricoverato nella solitudine di Valchiusa. Or colgo ecc. Lo stesso verbo che per figura di zeugma regge due differenti oggetti, come in Dante (Inf. XXXIII): « Parlare e lacrimar vedrai insieme. » Supplisci adunque Or compongo rime e versi - Nè dentro sento, nè ecc. E tanto perciò che appartiene al mio intrinseco, quanto all' estrinseco mi trovo in istato pressochè freddo e tranquillo. (L.). Cheggio, Chiedo, desidero, come il lat. petere. - L'una, è Laura. - Umile, Benigna. L'altro, è il cardinal Colonna, a cui desidera saldezza d'animo e di fortuna. Sappiamo che il Colonnese favoriva i Ghibellini contro la Corte romana. SONETTO LXXIX - 92 Voltasi Laura a salutarlo, il Sole per gelosía In mezzo di duo amanti onesta altera La gelosía che 'n su la prima vista, A lui la faccia lagrimosa e trista Un nuviletto intorno ricoverse; |