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«Che fan qui tante peregrine spade? » (Canz. a' grandi d'Italia): vile schiatta di mercenarj e di traditori che, ad esacerbare le miserie d'Italia, sospinge l'avidità d'un vil prezzo a venale milizia e a rompere i patti. Scellerata gente, che assediò in Avignone lo stesso Papa e, perfino, impedi al re di Francia la via, finchè riscattato.

Cattolico sincero, un Averroista che gli diceva: metti da parte codesti dottorucci tuoi, ossia i Padri della Chiesa, leggi Averroè nostro; e queste sciocchezze insolenti rinforzava con lo scherno di Gesù Cristo, e col titolo di pazzo a san Paolo, il Petrarca sdegnato mise fuor dell'uscio. « Sien pure filosofi, dice, sien pure Aristotelici: questi nomi, onder si gonfiano falsamente, ad essi non invidio: non invidino essi a me l'umile nome di cristiano e di cattolico. Si giunge a questo, che niuno, per sentenza loro, può esser letterato, se non eretico e folle. » Talchè il Benintendi gli scrisse: « In te accade ciò che raro in filosofia, esser fedele al Cristianesimo. » Usava levarsi a mezzanotte da letto, e recitare l'Uffizio divino: si condusse a Roma pel Giubileo: e scrisse per Maria Vergine la Canzone, che sappiamo.

Fu favorito da' Papi, che tutti l'ebbero in grazia, eccettochè Giovanni XXII. Nondimeno ei predicò animoso a' Signori, a' Prelati, a' Cardinali, la riforma dei costumi; non lodò, simile a Dante, Bonifazio VIII; fieramente gridò contro la voluttà e contro l'avarizia di Babilonia, cioè della Corte d'Avignone, così chiamata nel Canzoniere non soltanto, sì anche nell' Epistolario. E se il Petrarca non restò esente da' vituperati mancamenti, ed ebbe due figliuoli naturali, sempre a ogni modo senti ribrezzo di que' suoi piaceri medesimi, e desiderò costantemente di trarsene fuora. Verso i quarant'anni, massime dopo il Giubileo, non che cedere ad un'amica tentatrice, o ad alcuni amici che lo volevano quel di prima, non che poi sentir difficile la castità, già sembratagli virtù non possibile, provò grand'orrore anche per l'immagine di sozzi godimenti, benchè tuttora pieno di robustezza e di effervescenza. Coloro che burlano con santimonia il Canonico (prete, no), potrebbero

di sè affermare lo stesso? Invecchiato, aiutava l'opera degli anni col digiuno, con le veglie, con la fatica, e rammentava, sospirando, gli strani abbigliamenti della persona e l'acconciatura de' capelli. Lo dissero avaro i molti che lo invidiavano. Ma egli rifiutò un Vescovato e, potendo arricchire, preferi mediocre agiatezza; ricusò perfino il cappello di Cardinale. Fu bensì avaro del tempo per lavorare; incapace d'ogni fatica imposta; operosissimo per volontà. Non accettò mai regali dagli amici; a loro, invece, diè parte del suo volentieri, e due benefizj a due di loro cedeva: due soli benefizj restarono a lui, cioè il Canonicato di Padova e l'Arcidiaconato di Parma. Nè accettò uffizj con cura d'anime, nè si reputò degno del sacerdozio. Allora si beneficiavano, senza gli Ordini sacri maggiori, per benemerenza i valentuomini e durò la cosa fino a' principj del nostro secolo. Non adulò mai nessuno; per amore della verità gli parve amabile l'odio altrui e la morte.

Desiderò il ritorno della Santa Sede a Roma, e scrisse di ciò due volte a Benedetto XII, e poi a Urbano V, precedendo santa Caterina. La cui verginale immagine celeste mi stava sempre innanzi, quando entravo nella Cattedrale antica d'Avignone, o miravo la gran mole del palazzo che fu sede a' Papi; ove non entrai, per la trista memoria di ciò, che religiosamente, amorosamente, terribilmente austera scriveva la Vergine senese, o di ciò che altamente, benchè con meno eloquenza, e talora con meno pietà, disse il Petrarca.

Scrittore in lingua volgare, pressochè tutte le parole di lui, pressochè tutt'i modi son vivi ancora; e in ciò supera Dante: che supera lui dimolto nella ricchezza. Un dotto uomo non lodava il pressochè, credendo più giusto il tutti senz'altro; tanto apparisce vivo ancora il Petrarca; ma io, aprendo il Canzoniere, subito al Son. LXXXI in morte di Laura (ed. del Leopardi) leggo sforzare, per togliere la forza; che oggi non si direbbe. Del resto ciò dimostra il fino giudizio del Petrarca nello scegliere le voci

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e le frasi; giudizio a cui servi di criterio la chiarezza e nobiltà de' significati, che producono chiarezza e nobiltà di parlare. « Tu, egli scrive ad un amico, vuoi che il mio stile sia chiaro; ma chiaro tu dici quello che striscia per terra; io tanto più chiaro lo stimo, quanto più si solleva in alto. » E, per altezza, intende principalmente le verità morali, e lo spirituale, il divino; come si argomenta dall'Epistolario e dal Canzoniere. Talchè, saputo che in Firenze alcuni lo censuravano, risponde: « Bramerei che questi detrattori non sempre spacciassero la sentenza loro in rozzo volgare, fra le donnicciuole o i lanaiuoli. » Nel che si vede, com' egli non ispregia il volgare, nè la lingua di Toscana, si le parlate plebee di città e di contado, le storpiature, le superfluità e sciattezze, le trivialità di mercato e di piazza, simile pure in questo a Dante: chè ambedue amavano una Letteratura nè piazzaiuola, nè pedantesca. Tanto più il Petrarca merita lode, perchè i suoi tempi andavano al peggio, cioè al quattrocento, ed esclama:

lo secol noioso in ch' io mi trovo, Voto d'ogni valor, pien d' ogni orgoglio.

Era un secolo infelice: frequenti pestilenze, lunghe, terribili; compagnie di ventura; masnade di ladroni; nelle castella di Francia e d'Italia i Baroni più arditi e crudeli e avidi che mai: un Signore di Thor vuol decollare un giovane, suo preferito rivale in amore; i Conventi di Provenza devastati e angariati; dato ricetto agli assassinatori dell'Accursio da' Conti Ubaldini nel Mugello; capitani e re spregiatori di sapienza e di lettere; pompa sanguinosa di giuochi cavallereschi e puerili (cosi li chiama il Petrarca, scrivendo a Ugo d'Este); i beni confiscati a Petracco, padre suo esiliato con Dante, restituiti al Petrarca e toltigli di nuovo, pel rifiuto di leggere a Firenze: giuochi gladiatorj a Napoli e, come già in Roma pagana, di feroci accoltellatori; una virago, celebrata da tutti e visitata dal re Roberto a Pozzuoli, perchè contro i suoi vicini formidabile guerriera; non adorato il nome di Cristo,

se non da pochi; bestemmiato e da sètte paganeggianti deriso; divisa la Chiesa; tutto in guerra l'Occidente; invaso e già presso a morte l'impero d'Oriente; i Pontefici fuori di lor sede; Greci che insolentemente sprezzano e odiano i Latini; Latini che rendono sprezzo e odio a usura; i non Italiani, e i non Greci, pur sempre chiamati come al tempo pagano, barbari; ammiratore il Petrarca e celebratore di Colonia, tanto civile in barbara terra; impedito navigare il Po da soldati rapaci che, tuttavia, empiono di regali la barca del Poeta; cadono le libertà, moltiplicano i tiranni, si corrompe viepiù il costume; par vicino il termine della Cristianità, che non può terminare. In tenebre si fosche, più ammirabile risplende il Petrarca.

Poeta, cantò un amore che da vecchio potè chiamare verecondo; perchè nella Lettera di lui a' Posteri, si dice: << D'altri amori che d'un solo non m' accesi nella mia giovinezza, onesto e insieme ardentissimo. » S'accese non di donna immaginaria, come pure a' tempi del Petrarca si dubitò. A Giacomo Colonna, Vescovo di Lombez e suo amicissimo, che gli scriveva così: non altra laurea ti sta nel cuore che quella de' poeti; rispose: volesse il Cielo ! ma, senza fatica, non si riesce ad infingersi lungamente, non fingere il pallore, non la pazzia. E poi, così nella succitata lettera di lui a' Posteri, come nel Segreto, e piucchè mai nel Canzoniere, accenna casi particolari, che recano impronta di viva realtà, e salvo alcuni giuochi di concetto e di parola, venutigli dall'artificiosa poesia de' Trovatori, si distingue da loro per il sentimento che lo spirava, come Dante affermò di sè. Tutt'a rovescio, poi, di quanto il Vescovo aveva detto, il Petrarca finge che sant'Agostino gli dica nel Dialogo, il Segreto : « Desiderasti la laurea in Roma, perchè Madonna è così appellata. » Qui abbiamo il documento anche del nome. Testimonianza di quell'amore la dà inoltre un Virgilio, appartenente al Petrarca, rubatogli, poi ritrovato da lui; e ora è nell' Ambrosiana di Milano. Scrisse il Petrarca da sè in un foglio attaccato alla coperta del codice per datare la morte di

lei, ch' ebbe corpo castissimo e bellissimo, castissimum et pulcherrimum; nè l'autenticità potrebbe il Vellutello impugnare omai, dacchè, oltre la prova del carattere, i Bibliotecarj nel 1795, staccato il foglio, lessero sulla coperta e sotto quel foglio medesimo notati dal Petrarca il furto e il ritrovamento del codice, poi la morte del figliuolo Giovanni.

L'eccesso dell'amore suo per Laura il Petrarca stesso biasimò nella precitata Operetta il Segreto; eccesso ch'egli altrove chiamò ardore, fiamma, febbre. Amava, e voleva non amare; quindi empiva di dolci lamenti la solitudine di Valchiusa, ov' io (dice) sperai refrigerio, e l'incendio cresceva, e nacquero ivi le mie volgari Poesie, delle quali mi vergogno e mi pento:

Di me medesmo meco mi vergogno.

Tuttavia luogo carissimo a lui fu sopra ogni altro, per la fonte di Sorga che, mandando un cupo muggito, fa echeggiare le rupi; e, in quel formidabile speco, egli soleva entrare anche di notte. Benchè poi dica, essersi accorto qual differenza passi da Valchiusa e dal Venosino all' Italia. L'affetto anche pudico per donna non sua, il Petrarca stesso non lodò, nè l' avrebbe lodato il marito di Laura. Coloro che, leggendo il Segreto, si fermarono alle parole: « nel mio amore nulla fu di riprensibile, tranne l'eccesso; >> vadano più oltre con la lettura, e troveranno che, nel Dialogo, Agostino fa confessare al Poeta la contraddizione dell'amore, affermato irreprensibile, con la inespugnabile a tutti gli assalti onestà di Laura. E ciò viene raccontato pure nel Sonetto del Canzoniere: « Tutta la mia fiorita e verde etade, ecc. » Anche si narra nel Segreto la mutazione de' suoi costumi, prima onesti, accaduta proprio ai tempi dell' innamoramento. A questo, che svegliò il senso, egli attribuisce l'occasione de' falli con donna non pura. Verecondo, sì, l'amore; ma per virtù di Laura. I fatti non vanno alterati, perchè la verità è una sola, e la natura dell' uomo sempre la stessa. Mentre noi ammiriamo le

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