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colta del Giusti,(onde abbiamo il Saggio XIII) e nell' altra dell' Allacci. Amò grandemente una donna Siciliana, chiamata Nina; la quale anch'essa fece dei componimenti poetici; in lode della quale egli compose diverse bizzarìe, e quanto ora appariscono insipide, e sciocche, altrettanto allora erano vaghe, e spiritose. Fu egli de' primi, che introduse le lettere missive in Sonetti. Il Petrarca non si rimase d'imitarlo secondo il parere del Castelvetro riferito dal Tassoni. Nei componimenti di Dante da Maiano trovansi acrostici ne' capiversi, e con vari bisticci, e rimalmezzi. Le quartina ne' Sonetti hanno la rima ripetuta solanente nel mezzo del secondo, ed i terzetti nel mezzo di tutti i loro versi, come si vede nei Saggi XIII, e XIV.

X. FOLGORE DA SAN GEMIGNANO fiori circa il 1260, rimatore rozzissimo; ma pure da onorarsi, perciocchè egli, se non il primo, fu certamente fra i primi, che imprendessero a far Trattati in versi volgari. Il Sonetto XV. dei nostri Saggi viene attribuito a Dante Alighieri (Plut. XLII, cod. 38) esso però è un componimento li Folgore (vedi Valeriani: Poeti del primo Secolo. Firenze 1816).

XI. GUIDO DA POLENTA, podestà di Firenze, letto Guido Novello, fiori in tempo di DANTE, e vivea rel 1290. La rozzezza delle sue rime non deriva dal Poeta, na da chi trascrisse i Codici, donde Allacci cavò le rime, che sono ripiene di Lombardismi. (Saggio XVI.)

XII. FRANCESCO DA BARBERINO di Valdesa, nacque l'anno 1264, fece i suoi studi in Firenze sotto Brunetto Latini, incominciò nel 1290 il famoso Trattato

in versi volgari de' Documenti d'Amore, consistenti in 12 morali avvertimenti, venne stimato per eccellente filosofo, ebbe gran pratica della Lingua Provenzale, della quale per avventura soverchiamente si valse, ed anche la singolar fecondità nell' inventar metri, e forme di canzoni non più usati, e sarebbe quest'Opera una delle più belle antiche memorie, che la Toscana Poesia potesse vanta re; benchè le sue rime non arrivino alla squisitezza di quelle di DANTE, e di Cino. (Saggio XVII). Boccaccio si è molto valuto del suo Trattato della Natura d' Amore. Barberino tradusse dal Francese in unione con Dante da Maiano delle favole, e novelle intitolate « Le cento Novelle antiche» (Bologna 1525 in 8°. ecc. ecc. illustrate da D. M. Manni Firenze 1778. Edizione dal G. B. Ghio Torino 1802 in 8°).

XIII. B. JACOPONE DA TODI (morì 1306) fiorì in tempo di Dante, compose un Volume di Cantici in ling. volg. che hanno servito per dar fondamento alla Toscana favella. Pien d'amor di Dio, le sue Poesie si veggon dettate con estro soprannaturale, e con tal veemenza, che altre per avventura la nostra lingua non ne ha, n più gagliarde, nè più efficaci a sgridare i vizi, ed infianmare le anime all'acquisto della grazia Divina. Nel rimnente elleno sono ricchissime di sentimenti teologici, mstici, e morali, da essi manifestamente apparisce, che ancle in quei primi tempi, che la nostra Poesia fu inventata per cose d'amor profano, poteva ben servire ad insegnare il cristiano vivere, e le Dottrine di Cristo, e di Santa Chiesa. Dante (de vulg. Eloq.) dice, che egli spie

gava il B. Iacopone al re di Francia. Molto onorollo San Bernardino da Siena, che de' Cantici di lui fece argomenti alle sue Prediche quaresimali. Compose il celebre Cantico di Maria Vergine appiè della Croce, volgarmente appellato lo « Stabat Mater. » (Saggio XVIII.)

XIV. GUITTONE D' AREZZO (mori nel 1294), scrisse de' Sonetti; di lui ci sono anche rimaste quaranta Lettere, che formano i più antichi modelli dello stile epistolare. Lettere di Guittone con le note di G. Bottari. Roma 1745 in 4°. Sotto Giovanni XX Papa, ed Enrico II Imperatore scrisse il suo Micrologio. L'invenzione delle sillabe ut, re, mi, fa, sol, la, che usiamo nel solfeggio, lo resero più celebre, che il suo ritmo poetico. (Saggio XIX). XV. GUIDO CAVALCANTI di Firenze (mori nel 1303), fu più fazionario, che filosofo, involgendosi ne' partiti della sua città natale fu costretto a viaggiare. Il suo Genio inquieto gli accorciò la vita. DANTE gli fu amicissimo. Il Boccaccio nella Novella ix. della vi. giornata del suo Decamerone taccia Guido di poca credenza, ed il Bayle protettore degli atei, gli fece eco. (Saggio XX.)

XVI. CINO DA PISTOIA nacque in quella città ai 15 Aprile 1270, morì ai 19 Dec. 1336. Fu celebre giureconsulto, amico di DANTE, e di Petrarca, e maestro di Bartolo. Il suo Canzoniero raddolci l'asprezza della Lingua Italiana. (Saggio XXI, e XXII.)

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XVII. GIUSTO DE' CONTI da Valmontone, Roma(morì nel 1450) fu esimio poeta, oratore, e giureconsulto. S'innamorò nel 1409 in Roma d'una fanciulla, donde venne ispirato a poetici componimenti. Era il

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primo Maestro della lirica Poesia, e nel secolo dopo il Petrarca non si trova un miglior Canzoniere di quello di Giusto. La sua Bella Mano ha un non so che di Petrarchesco, che si allontana dal servile, e che a ragione gli dà il titolo di pensatore, non di plagiario. » Un languido passinato, un colorito dolce, una semplice sensibilità vibrano le sue rime, malgrado la de» cadenza del buon gusto a quel tempo. Non ha nè il » bizzarro, nè il capriccioso di quelli, che lo seguirono, » e molto meno la snervatezza di quelli, che lo `imitaro»no. Tanto potè in lui la Bella Mano della sua amante!» (Parnasso ital. Venezia da Fatti. Saggio XXIII.)

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XVIII. DANTE ALIGHIERI di Firenze, nacque nel 1265 nel mese di Maggio, e mori in Ravenna ai 14 Settembre 1321. Fu esimio Poeta, gran filosofo, letterato in quasi ogni scienza, ed esperto politico. L'Italia, insino a suoi tempi rozza, inesercitata, e scarsa d'eleganza, egli molto nobilitò, fecela culta, e l'adornò. Innanzi a DANTE era la lingua italiana priva di leggiadria, e d'eleganza, e niente hanno gli antichi, in che si vegga un minimo vestigio di vera poesia, la quale fin' allora non altro era stata, che un semplice accozzamento di parole rimate, con sentimenti per lo più languidi, e freddi, e tutti comunemente d'amore, ovver precetti morali. DANTE fu il primo, che, conosciuti negli Scrittori Latini gli ornamenti, i quali sono comuni all' oratore, ed al poeta, e inteso quanto acuto ingegno è necessario all'invenzione poetica, tentò con felice auspicio indurre tutte queste prerogative nella Italiana favella; intrapresa, che

ne' passati secoli nessuno avea tentato, ond' egli le diede principio, e molto l'avvicinò alla perfezione, il che rade volte a' mortali è intervenuto. Egli primo dimostrò quanto fosse idoneo l'Italiano idioma, non solo ad esprimere, ma ad amplificare, ed ornare tutte le materie metafisiche, e sublimi, che cadono in disputazione. DANTE fu il primo, che ardisse di levarsi al sublime, e di cantar cose, a cui niuno avea ardito rivolgersi; di animare la Poesia, e di parlare un linguaggio sino allora non conosciuto. Questo Poeta meritò somma lode, non solo per essersi valorosamente distinto nelle patrie guerre, ma molto di più per aver tentato di mettere in concordia i partiti de' Guelfi, e Ghibellini, che squarciavano la patria sua. Nell' età di 35 anni fu eletto tra i Priori, magistratura suprema della Repubblica, e venne adoperato assai negli affari dello Stato; visse esiliato (nel 1302) da Firenze in Lunigiano, Gubbio, Verona, e Parigi, ove diede opera alla Filosofia, e Teologia. Passando Arrigo Imperatore, in Italia s' accese di ardentissima voglia di ritornare in patria, onde, venuto in Italia, persuase l'Imperatore a far l'impresa contra i Fiorentini. Ma nè anche questo gli successe, perchè accampatosi Arrigo a San Salvi presso un miglio a Firenze, perduta la speranza d'ottenere quella città, se n' andò verso Ro

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e giunto a Buonconvento (castello Sanese) s'ammalò, e morì. Allora passò DANTE a Ravenna, e, ricevuto con molte carezze da Guido Novello, deliberò di abitare in quella città, nella quale, essendo di anni cinquantasei, esalò il sublime suo spirito nel 1321.

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