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* I.

AGLI occhi belli di questa mia dama
Esce una vertù d' Amor sì pina,
Ch'ogni persona che la ve', s'inchina

(1)

A veder lei, e mai altro non brama.

Beltate e cortesia sua Dea la chiama,

E fanno ben, ch'ella è cosa si fina,
Ch'ella non pare umana, anzi divina;
E sempre sempre monta la sua fama.

(5)

Chi l'ama, come può esser contento,

(9)

Guardando le vertù, che 'n lei son tante;

Es' tu mi dici : Come 'l sai? Che 'l sento :

Ma se tu mi domandi, e dici quante?

(12)

Non til so dire; che non son pur cento,

Anzi più d'infinite, e d' altrettante.

* II.

OI, donne, che pietoso atto mostrate
Chi è esta donna, che giace si vinta?
Sare' mai quella, ch'è nel mio cor pinta ?
Deh, s'ella è dessa, più non mel celate,

(1)

Ben ha le sue sembianze si cambiate,
E la figura sua mi par sì spenta ;
Ch' al mio parere ella non rappresenta
Quella, che fa parer l'altre beate.

(5)

Se nostra donna conoscer non puoi,

(9)

Ch'è si conquisa, non mi par gran fatto;

Perocchè quel medesmo avvene a noi.

Ma se tu mirerai al gentil atto

(12)

Degli occhi suoi, cognoscerala poi:

Non pianger più, tu sei già tutto sfatto.

III. K

NDE venite voi così pensose?

(1)

Ditemel, s'a voi piace, in cortesia ;

Ch' io ho dottanza, che la donna mia
Non vi faccia tornar cosi dogliose:

Deh, gentil donne, non siate sdegnose,
Nè di ristare alquanto in questa via,
E dire al doloroso, che disia

(5)

Udir della sua donna alcune cose;

Avvegna che gravoso m'è l'udire

(9)

Si m' ha in tutto Amor da sè scacciato,

Ch'ogni suo atto mi trae a ferire:

Guardate bene, s'io son consumato ;

(12)

Ch' ogni mio spirto comincia a fuggire,
Se da voi, donne, non son confortato.

* IV. K

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N di si venne a me Melanconia
E disse: Voglio un poco stare teco;
E parve a me, che si menasse seco
Dolor, ed ira per sua compagnia.

Ed io le dissi: Partiti, va via;

Ed ella mi rispose, come un Greco;
E ragionando a grand' agio meco,
Guardai, e vidi Amore che venia.

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Vestito di novo di un drappo nero

(9)

E nel suo capo portava un capello,
E certo lacrimava pur da vero :

(12)

Ed io gli dissi: Che hai, cattivello?

Ed ei rispose: Io ho guai e pensero;
Che nostra donna muor, dolce fratello.

* V. K

G

UIDO, vorrei, che tu, e Lappo, ed io
Fossimo presi per incantamento,

(1)

. E messi ad un vassel, ch' ad' ogni vento
Per mare andasse a voler vostro e mio;

Sicchè fortuna, od altro tempo rio

Non ci potesse dare impedimenta,
Anzi vivendo sempre in noi talento
Di stare insieme crescesse il disio.

(5)

E Monna Vanna, e Monna Bice poi,
Con quella su il numer delle trenta,
Con noi ponesse il buono incantatore :

E quivi ragionar sempre d' amore :

E ciascuna di lor fosse contenta,

Siccome io credo che sariamo noi.

(9)

(12)

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Dir di lui in parte, ch' assembrasse il vero,

Nè diffinir, qual fosse il suo valore.

Ed alcun fu, che disse, ch' era ardore
Di mente immaginato per pensiero :
Ed altri disser, ch' era desidero
Di voler, nato per piacer del core.

(5)

Ma io dico, ch' Amor non ha sustanza,
Né è cosa corporal, ch' abbia figura ;
Anzi è una passione in disianza,

(9)

Piacer di forma, dato per natura;

(12)

Sicchè 'l voler del core ogni altro avanza;

E questo basta fin che 'l piacer dura.

* VII

I donne io vidi una gentile schiera
Quest' Ognissanti prossimo passato ;
Ed una ne venia qnasi primiera,
Seco menando Amor al destro lato.

(1)

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