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tengono, ma hanno gran comodità quando occorresse di farla ; perchè si fa conto che de' propri paesi si ritrovano avere più di 700 navi, che chiamano orche, non si usando in quei mari galee, come poco atte a resistere ai grandissimi flutti e travagli che vi regnano. Hanno le orche il fondo piano, secondo che anticamente ancor si usava, accomodato al bisogno degli spessi stagni, dove le navi fatte alla nostra maniera spesso si rompono.

Quanto più a loro ha mancato la natura in conceder terreno fertile ed abbondante (perciocchè al bisogno loro si può chiamar in molte parti scarso e sterile), tanto più ha supplito la fortuna e la industria; onde è cosa maravigliosa veder come per la comodità del mare, per il qual facilmente si passa a molte provincie, e per la navigazione de' fiumi che in gran copia si ritrovano, sia in tutte le parti quel paese provvisto copiosamente non solo di biade e di vino (le due cose più necessarie alla vita umana), ma ancor di tutte l'altre che possono servir a delicatezza, e quanta copia appresso d'ogni sorte di mercanzia vi sia condotta. Perciocchè per avventura non producono o contengono cosa alcuna buona o stimata pertinente all'uso nostro Inghilterra, Francia, Spagna, Italia, Germania e tutti gli altri paesi verso oriente, che quivi in grandissima abbondanza non si ritrovi. Nè essi all' incontro sono scarsi o ingrati a rimeritar il beneficio che ricevono; perciocchè largamente somministrano a tutte queste regioni tappezzerie, tele, panni di lana, sargie ed altre cose per il bisogno loro; essendo quegli uomini tanto industriosi, che difficilmente si troveria una terra di qualche stima, che per alcuna propria industria e arte non fosse accomodata e ricca. E tutte le mercanzie, così quelle che di fuori vengono, come quelle de' paesi lor propri, capitando in Anversa, dove è il concorso de' mercanti di tutte le nazioni, si è fatta quella città sopra tutte le altre celebre e famosa, e mercato comune a quasi tutta Europa; onde per l'importanza dei traffichi e per l'ammontare de' cambi, che continuamente vi si fanno, non ha da invidiare a città del mondo.

spesa

Per tal industria han potuto questi paesi sopportare la di tante guerre cosi importanti e così continuate; onde,

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quando fu conclusa la pace del 59, si fece conto che dal 51 fin allora aveano contribuito diciassette milioni e mezzo di ducati; e pur allora avevano determinato, se la guerra andava più innanzi, di pagar de' propri danari ottanta insegne di fanteria e novemila cavalli, che coll' armata che tenevano avriano importato più di 300,000 ducati al mese. Ora, se ben si ritrovano in pace, non restano però di contribuir in diversi modi circa 1,600,000 ducati all' anno. Perchè prima vi è: L'entrata ordinaria del re, ma tutta impegnata per circa Duc. 400,000 Seguono gli interessi, che pagano i paesi e terre, di sei milioni di ducati di debito contratto per pagar le gravezze passate in ragion di 8 1/3 per cento, per i quali si sono posti nuovi dazj, ed accresciuti i vecchi per circa . . » 500,000 Pagano appresso tutte le spese che al presente bisognano, le quali, fra le genti d'arme, fanteria, provvisioni della governatrice, governatori de' paesi, consigli, officiali ed altri, fabbriche di fortezze, munizioni, corrieri, ed altre spese ordinarie ed estraordinarie, si dicono importare circa.. » 700,000 Il re appresso si ritrova in questi paesi debitore a particolari di circa tre milioni di ducati; ai quali non avendo finora provvisto di assegnazione alcuna, sarà necessario finalmente che i paesi provvedano; i quali dopo la partita del re, per rimediar che i danari da loro sborsati non si dispensino più in altro che nelle spese necessarie per il governo e conservazione loro, non hanno voluto consentire che vadano, come innanzi solevano, in mano de' ministri del re, ma essi medesimi li amministrano; onde al presente, così per maneggiar essi il danaro, come per non aver altre armi che le proprie, restano molto liberi e padroni di loro medesimi: quello che non avviene a alcun altro stato dal re cattolico fuori di Spagna posseduto.

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L'animo e la fedeltà si dei signori come dei popoli verso il principe è stata per lo passato generalmente sempre singolare; ma al presente i signori si dolgono di non trovar nel re quella domestichezza e famigliarità colla quale solevano esser trattati dai loro principi, e ultimamente dall'imperatore suo padre; il quale, come nato e nutrito in quel paese, conosceva molto bene il modo di procedere con loro, simile a quello

del re di Francia coi baroni. Si risentono ancora che il re nel suo consiglio, e importanti negozi fuori degli stati, non si serva di loro come soleva l'imperatore, valendosi solamente di spagnoli, come se questi soli, e non essi ancora, fossero suoi sudditi. I popoli poi insieme con loro odiano gli spagnoli come i più capitali inimici per la superbia e insolenza che hanno usato con loro e in parole e in fatti; e quando viene l'occasione non si astengono di dimostrar l'ira e lo sdegno loro. Vi si aggiunge appresso la causa delle molte gravezze, che in più maniere hanno sopportato e tuttavia sopportano, e la mala soddisfazione che hanno dei vescovati nuovamente eretti, come ho per mie lettere significato. Ma quello che sopra ogni altra cosa potria importare, è l'alterazione della religione; perchè una grandissima parte di quei paesi è guasta e corrotta da queste nuove opinioni, e delle più cattive, ritrovandosi tra loro molti anabattisti; e per tutte le provvisioni che si abbiano fatte, e per la morte data a molte migliaja d'uomini (sì che da sette anni, o poco più, in qua, per quel che mi è stato affermato da persone principali di quei paesi, sono stati morti per questa causa dalla giustizia più di 36,000 fra uomini e donne), non solamente non si è in parte alcuna rimediato, ma pare che il male tuttavia vada crescendo; il quale di quanta forza soglia esser nei popoli, ne abbiamo pur troppo chiari e freschi esempi.

Ma passando a questi stati d'Italia, dirò prima del ducato di Milano, il qual pervenne nel 1535 nell'imperator Carlo dopo la morte del duca Francesco Sforza, come feudo dell'imperio vacato; che poi lo conferi al re suo figliuolo, il quale ha preso ancora l'investitura dal presente imperatore. Questo stato è tanto abbondante delle cose necessarie al vitto, che, con tutto ch' egli sia popolatissimo, non solo supplisce al suo bisogno, ma ordinariamente ne somministra ai Grisoni, Svizzeri e Genovesi, e ben spesso ancora a questo dominio. È assai fortificato, massimamente da quella parte dove da un tempo in qua ha avuto più da temere; tanto che, fra terre e castelli, si contano in esso ventidue fortezze, nelle quali tiene il re le ordinarie guardie parte di spagnoli e parte d'italiani,

oltre dieci bandiere di spagnoli, che si numerano per 3000 fanti, non tanto per sospetto di nemici forestieri, quanto per conservar l' obbedienza e fede di quei popoli. Potria, bisognando, far questo stato fin trenta mila fanti, i quali riusciriano al par d'ogni altra nazione buoni, se fermamente si mantenessero ed esercitassero, e fossero ben trattati. La cavalleria che s' intertiene è di 600 cavalli leggeri e 300 uomini d'arme, ma male all' ordine, di quei che si fecero passare dal reame di Napoli in tempo dell'ultima guerra, i quali tuttavia continuano in quello stato con molta sua gravezza.

Ma non si trova al mondo altrettanto spazio di paese quanto questo, che a. gran giunta contribuisca quella quantità di danari al suo principe, ch' egli ordinariamente contribuisce ; in modo che il re ne trae assai più di quello che molti altri principi sogliono avere da regni grandissimi e potentissimi.

Era, non fa gran tempo, l'entrata ordinaria dello stato: Per dazi ed altre gravezze d'ogni genere. Duc. 320,000

Ma ora è accresciuta come appresso: Per l'augumento imposto dal cardinal di Trento. Per l'augumento imposto dal duca di Sessa

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64,000

>> 452,000

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Per il mensuale, che è il sussidio di 25,000 ducati imposto a tutto lo stato, per l'ordinario ogni anno.

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288,000

Totale dell' entrata Duc.

874,000

La uscita poi consiste:

Prima, in donazioni perpetue fatte dai duchi per ducati 35,000, da Carlo V per 55,000, dal re per 40,000. In tutto. Duc. Poi, in vendizioni fatte a 5, 7, 8, 10, 12, e fino a 17 e 18 per cento, dai duchi per ducati 24,000, da Carlo V per 80,000, dal re per 296,000. In tutto.

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In interessi di debiti che non hanno certo assegnamento.
Nel pagamento delle guardie delle fortezze.

Dei 3000 Spagnoli.

430,000

400,000

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440,000 130,000

Del governatore, guardie, gentiluomini, reggenti ed altri ufficiali dello stato

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50,000

Dello studio di Pavia, munizioni, riparazioni, agenti, corrieri, ed altre spese necessarie

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35,000

Totale dell' uscita Duc. 4,060,000

RELAZIONI VENETE.

2

In modo che importando l'uscita ordinaria più dell'entrata, si risolse i re, per far la provvisione di quel che mancava, ridur tutti gl' interessi delle vendizioni a cinque per cento; onde, , per il conto che si fece, venne ad avanzare 192,000 ducati l'anno; e se ben egli dicesse far questa provvisione per tre soli anni, nientedimeno, perchè, questi forniti, resterà la medesima necessità, sarà astretto di far la medesima o altra provvisione. Per provveder poi alle spese che estraordinariamente occorrono, non mancano modi e vie a chi governa; e già son fatte pronte quelle del perticato (1), e di raddoppiare il mensuale di venticinque mila ducati il mese.

Saria cosa compassionevole a dire in quanti modi questo stato sia aggravato, e i danni, oppressioni e rovine patite da' propri soldati, tali per avventura quali appena si avriano potuto aspettare da nemici; onde si può comprendere che animo sia quello di popoli così mal trattati, oltre l'insolenza che tuttavia provano de' spagnuoli, i quali in tutte le cose s' intromettono, e s'usurpano gran parte del governo e delle utilità, che di buona ragione spetteriano a quelli del paese. Vive ancora in Milano, e appresso gli altri popoli, la grata memoria de' duchi, nè potriano ricever grazia maggiore che ritornare sotto tal governo. Vivono ancora in quello stato diversi umori, ma sopiti e repressi per timor del principe.

Tra lo stato di Milano ed il reame di Napoli possiede il re in Toscana tre lochi da guardia; l'uno è il castello di Piombino, ritenuto per assicurarsi di quel signore quando gli fece restituire lo stato; gli altri sono Porto Ercole e Orbetello, che soli si riservò del senese dato al duca di Fiorenza per tenergli alquanto di freno ; ma da Orbetello in fuori, che è ragionevolmente forte, gli altri sono lochi debolissimi (2).

Il regno di Napoli, il qual circonda più di 1500 miglia, tutto bagnato dal mare fuor che per miglia 150 in circa che confina cogli stati della Chiesa, è paese assai amplo e ragionevolmente abitato, fruttifero e abbondante di molte cose non solo per uso suo, ma per bisogno ancora di molte parti, e

(4) Veggasi la Relazione di Milano, S. II, T. 2o, p. 474.
(2 Questi luoghi ebbero poi il nome complessivo di presid).

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