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volte nè anco a quelle del proprio rc. E si racconta che in Saragoza furono intertenuti i muli della imperatrice madre del presente re, dove aperti i forzieri minutamente si ricercorno tutte le cose che erano dentro, e con grandissimo risentimento di lei si videro palesemente quelle che con ragione le donne cercano più di nascondere. Per questa loro tanta libertà soleva dir la regina Isabella, bisavola del re presente, che il re Ferdinando suo marito avria fatto bene o a rinunziar quei regni, o ad andare di nuovo al loro acquisto. Ed è opinion di molti principali, che se all' imperator Carlo fosse ben riuscita l'impresa d'Algeri l'anno 1541, egli avesse animo, nel ritorno in Spagna colle genti da guerra, di metter freno a questi regni ; e il presente re ancora, vedendosi torre dalle mani dalla giustizia d'Aragona un condannato a morte, disse parole di gran risentimento; e se ben non ha poi giudicato a proposito metter confusione e pericolo nelle cose sue, nientedimeno egli non dimostra verso quei popoli tutta quella buona volontà che ha verso i Castigliani; ai quali gli onori e le utilità principalmente dispensa, co' quali vive e si consiglia, e de' quali si serve.

Poco dappoi che l'imperatore padre del presente re successe nei regni di Spagna, per esser egli forestiero di nazione germana, nato e nodrito in Fiandra, e per favorir più allora i fiamminghi che gli spagnuoli, si sollevarono le comunità di Spagna, e prese le armi in mano facilmente l'avriano privato della signoria, se a tempo, da chi difendeva la parte sua, non fossero stati impediti, vinti ed abbattuti (1). Ma essendo il presente re nato e allevato in Spagna, e con constumi spagnuoli, e riconosciuto inclinatissimo ad esaltare la nazione spagnuola, coll' amore che universalmente possiede pare aver molto bene assicurati e fermati tutti quei regni. I quali se ben hanno poca difesa di fortezze e di milizie ordinarie, e le galee non siano al numero determinato, più di ogni altra cosa li assicura da forza estrinseca la natura del paese, il quale manca in gran parte di quella abbondanza e

(1) Intorno questa formidabile insurrezione del 1520 veggansi in questa Serie it T. 1. p. 356, e il T. II. p. 46.

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sorte di cose che ricercano gli eserciti; perchè nè fieno nè erba vi si ritrova per cavalli, e se vi è paglia, quella non serve a far letti, ma fatta minuta è solamente dagli animali mangiata; i quali altramente in altro paese usi, in pochi giorni smagrano e diventano fiacchissimi. I deserti sono assai, e in molti lochi per molto spazio manca l'acqua, e i villaggi e abitazioni si trovano tra loro lontani, nè tanto provvisti che potessero supplire ai bisogni degli eserciti; onde più volte nei tempi passati e nei moderni hanno provato la necessità e incomodo del paese quelli che l'hanno voluto assalire.

Fornito quello che mi è parso a proposito narrare della Spagna, non mi resta a dire che di quei lochi che sono colla Spagna congiunti ; cioè le isole di Sardegna, Maiorica, Minorica ed Ivica, che riconoscono la superiorità di Aragona, come quel poco che sta in Africa, le isole Canarie, e l'isole e terra ferma dell' Indie, che riconoscono la signoria di Castiglia.

La Sardegna, che ha nome di regno, di circuito poco minore della Sicilia, fu dagli Aragonesi occupata cacciandone i Pisani e i Genovesi che la possedevano (1), e che per quella ebbero molte guerre insieme. Abbonda delle cose necessarie al vitto è ne manda fuori; contiene tre fortezze, delle quali Cagliari è la più perfetta; non è del tutto ben abitata, ma però può far in un bisogno, oltre qualche fante, fin dieci mila uomini a cavallo, i quali benchè non siano ben armati riescono assai buoni ed arditi, avendo più volte battuto i Turchi e gli altri corsari, che han messo piede in terra per predare. L'entrata reale è poca, la quale, insieme col donativo che suol di tempo in tempo farsi, si spende e d'avvantaggio nelle guardie ordinarie. e straordinarie, ministri, e altre spe

se necessarie.

Maiorica, Minorica e Ivica, che ritengono pur nome di regno, furono medesimamente dagli Aragonesi levate dalla signoria de' Mori, e ridotte poi al cristianesimo. Maiorica circonda circa 200 miglia, è assai abbondante, ed abitata da gente che suol render buon conto a' Turchi e Mori, come si vide pur l'anno passato che ne ammazzò molti di loro, nè contien

(4 Nel 1326.

altra città che sola Palma. Minorica non volge più di circa 60 miglia; ha una fortezza fatta a porto Mahon, e Ciudadela presa e saccheggiata nel 58 dall' armata turchesca, e poi riabitata. Ivica ha di circuito 100 miglia in aria, con una terricciuola del suo nome assai forte, e abbonda delle cose necessarie, massimamente di sale, del quale ne esce ogni anno gran quantità. Di queste tre isole l'entrate, come sono poche, così si spendono in loro.

Seguitano a questi i lochi che S. M. tiene in Africa, i quali per le molte perdite, e ultimamente per quella di Bugia seguita del 58 insieme colla rotta del conte di Alcaudet (1), sono ridotti a due soli: Orano, acquistato nel 1509 da fra Francesco Ximenes arcivescovo di Toledo, e la Goletta presa dall' imperatore del 1535. La Goletta da Sicilia, Orano da Spagna si provvede. Tengonsi alla guardia di ciascun di loro circa 800 spagnuoli, il numero de' quali s'accresce ogni volta che nasce nuovo sospetto. Il beneficio che ne riceve il re è d'aver per loro, sempre che vuole, la porta aperta da far impresa in Africa, con che tiene in continuo sospetto i signori del paese, i quali convengono pensar più alla propria difesa, od a levarsi d'appresso tal pericolo, che ad offender la Spagna, la Sicilia e l'Italia; le quali provincie senza dubbio, quando questi lochi per il re non si tenessero, sariano maggiormente molestate e travagliate. Ma la Goletta per la sua piccolezza e per molte altre imperfezioni, e Orano, non tanto per mancar quasi del tutto di fortificazione, quanto per il sito che lo fa inabile a riceverla, vengono a riuscir tanto deboli, che difficilmente potriano resistere ad una forza mcdiocre.

Le isole Canarie, lontane dalla Spagna miglia 600 e d'Africa circa 50, sono sette: Canaria, Teneriffa, Palma, Portoventura, Lancerota, Gomera, e Ferro, la maggiore di circa 100 miglia di circuito, e la minore di 50. Di loro le tre prime sono del re, le quattro altre di particolari che le riconoscono in feudo da lui. Cominciarono prima spagnuoli a conquistarle l'anno 1393 e finirono nel 1494, nel quale spazio di

(1) Il quale vi mori.

tempo ebbero contenzioni coi Portoghesi, che pretendevano che a loro spettassero; ma papa Eugenio IV, veneziano, giudicò per il re di Castiglia. Aveva ciascuna la sua lingua differente dall'altra, perchè non solamente non tenevano commercio colla terraferma, ma nè anco tra loro. Adoravano idoli, mancavano di lettere, di ferro, d'animali da carico, e quel che pare miracoloso, di foco. Ora fatte cristiane sono in molte cose migliorate, e si trovano assai ragionevolmente abitate, massimamente da spagnuoli, benchè non tengano altra città che sola Canaria. Producono biade per loro uso, e d'avvantaggio ancora, ma gran quantità di zucchero, del quale ne viene per circa 300,000 ducati condotto in Spagna, e di là per la maggior parte in Fiandra, e in Italia a Genova e in questa città. Quasi tutta l'entrata regia è avanzata, perchè non vi tiene il re nè soldati nè fortezza, siccome anco i popoli restano disarmati, come quelli che mancano di sospetto d'esser offesi da corsari o nemici.

Ma delle Indie, nell'ultima parte riservate, più sommariamente mi convien dire; perchè se volessi venir al particolar di tante isole, di tante città e provincie, di tanto e così largo paese, non mi basteria una giornata intiera. Di quelle Indie parlo, le quali, navigando per l'Oceano verso ponente, da pochi anni in qua furono trovate, di dove è uscito tanto argento e tanto oro e tante altre novità, che hanno empito l'Europa di ricchezze e di maraviglia.

Cristoforo Colombo, nato in una villa di Genova, mosso da certo spirito e da alcune naturali ragioni, immaginando che necessariamente da quella parte dovea esser terra, dopo lunghissima procura indarno fatta appresso il re d'Inghilterra, Portogallo e altri principi, finalmente ottenuto del 1492 dai cattolici Ferdinando ed Isabella il modo d' armar tre caravelle a questo effetto, fu il primo che discoprisse e cominciasse a conquistar le Indie; perciocchè soggiogò, oltra altre isole, la Spagnuola, chiamata altramente San Domenico (1), di circuito di più di 1800 miglia, e gran parte dell'isola di Cuba, che poi del tutto fini di conquistare Don Diego suo

(1) L'odierna Haiti.

figliuolo, di lunghezza di 900 miglia, e di larghezza in alcuni lochi di 200. Alla speranza di nuova ventura furono molti dopo lui i conquistatori, parte a proprie, parte a spese del re, al qual sempre si dava, oltra la superiorità del dominio, una parte delle cose conquistate, che per l'ordinario soleva essere il quinto. Ma due conquiste furono sopra tutte le altre per l'importanza loro degne di eterna memoria. L'una di Fernando Cortes nato in basso e povero stato, ma poi riuscito di grande virtù, il qual nel 1519, con soli 500 spagnuoli e 13 cavalli, passato dall'isola di Cuba in terraferma, nello spazio di circa due anni, con varia e mirabile fortuna conquistò tutto quel paese che si domanda Nuova Spagna, che dal Nombre de Dios volto verso tramontana ha di lunghezza forse 1100 miglia, e di larghezza quasi altrettanto, del quale è capo la città del Messico maravigliosa per il sito e per la grandezza sua. L'altra, di Francesco Pizzaro figliuolo bastardo d' un povero capitano e in somma miseria allevato, il quale con gran costanza perseverando nell'impresa da lui cominciata, finalmente l'anno 1533 conquistò gran parte del Perù; chiamandosi Perù e Nuova Castiglia tutto quel tratto che è compreso dal Nombre de Dios e Panamà fino allo stretto di Magaglianes, di lunghezza di circa 3600 miglia e larghezza in alcuni lochi poco meno di 3000.

Hanno potuto gli spagnuoli, in pochissimo numero e in così breve tempo, far così grandi acquisti, parte per la virtù loro, perchè non si può negare che molti in quelle imprese non si siano portati valorosissimamente, parte per la discordia de' paesani, per la qual non è così grande imperio che non possa facilmente rovinare, ma molto più per la debolezza e nessun uso di quei popoli alle nostre guerre; i quali privi di cavalli, di ferro, e quasi d'ogni sorte d'arme da difesa e da offesa, andando per la maggior parte nudi nelle battaglie, non poteano fermarsi e far lunga resistenza, se non con certissima e grandissima loro mortalità. Ond'è che gli spagnuoli non trovando contrasto alle lor armi, ogni volta che si disponevano di combattere riuscivano vincitori. Ma con tutto questo non è il re in possesso di tutta l'India, la

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