cana Questa canzone ha due parti: nella prima dico, parlando a indiffinita persona, com' io fui lecato d'una fantasia da certe donne, e come promisi loro di dirla: nella seconda dico, com'io dissi a loro. La seconda comincia quivi: M'n'r' io pensava. La prima parte si dirile in due: nella prima dico quello che certe donne, e che una sola, dissero fecero per la mia fantasia, quanto è dinanzi ch'io fossi tornato in verace cognizione; nella seconda dico quello che queste donne mi dissero, poich'io lasciai questo farne Veggendo gli occhi miei pien di pietate, Si mosse con paura a pianger forte; Ed appressârsi per farmi sentire. E qual dicea: Perchè sì ti sconforte? E rotta si dall' angoscia del pianto, Pregava l' una l'altra umilemente; Che vedestù che tu non hai valore? Linea 4. Et l'altre f; E l'altre: S. Ra. B. T. 7. farsi P. 8. Qual dice: c; Ra. 9. E qual dice: c; Ra. 10. nuova f. 13. Scriviamo come recano i codd. a e, e le edd. B. e V., sebbene gli edd. P., seguìti dai posteriori, pongano col S., le Ra. e alcuni mss. dall'angoscia e dal pianto, e in nota dichiarino sicura questa lezione. Ma noi per verità siamo indotti in altra opinione dal singulto del piangere, che corrisponde a questo passo nella prosa. 15. voce: f. 21. Di23. che 18. Ed era: P. 20. consoliam: a b c; P. V. - 32 ticare; e comincia questa parte quivi: Era la voce mia. Poscia quando dico: Mentr'io pensava, dico com'io dissi loro questa mia imaginazione; e intorno a ciò fo due parti. Nella prima dico per ordine questa imaginazione ; nella seconda, dicendo a che ora mi chiamaro, le ringrazio chiusamente; e questa parte comincia quini: Voi mi chiamaste. Che sospirando dicea nel pensiero : Ch'io chiusi gli occhi vilmente gravati; Gli spirti miei, che ciascun giva errando. Di conoscenza e di verità fuora, Nel vano imaginare, ov' io entrai; Cader gli augelli volando per l' a're, Linea 2. chella: f. Fr.: Morrati pur, morrati. La questione si riduce dunque a sapere se il pur debba essere unito a dicean o a morra' ti. Leggendo nella prosa: Tu pur morrai, noi terremmo senz'altro questa seconda opinione, se: pur morra' ti potesse prendersi nel senso di: Morrai tu ancora. Ma siccome, per quanto riflettiamo, codesto non ci sembra possibile, preferiamo ammettere che non si debba a inten mie: a. 3. I' presi: f. 5. Ci parrebbe grave colpa se contro il consenso dei cinque nostri codd. che recano la canzone, nonchè delle edd. ant., scrivessimo cogli edit. Pes. e col Fr. Ed eran. Questa lez. non è altro, a nostro credere, che una malaccorta correzione, introdotta in grazia del giva, che s'incoutra nel v. seg., da chi non intendeva troppo bene il valore della voce smagato. Smagarsi significazione deliberata se, tanto nella rima quanto nella prosa, smuoversi, distogliersi; quindi smagarsi di sella; mai non si smaga dal suo miraglio. Esprime dunque un'azione istantanea, alla quale seguiterà uno stato, che qui è ottimamente espresso da un imperfetto. 7. poi: P. P. -- 8. Di veritate e conoscenza fuora: V. 9. mi parver : 10. Il Fr. nella sua prima ed. aveva scritto: Che mi dicean: Morra' tu pur, morra'ti. Il T. accolse la correzione, la quale invece fu poi rifiutata dal suo autore, come quella che non era suffragata da alcun codice. Non meno arbitraria è la volgata: Che mi dicien : Se' morto : pur morrati, che gli E. M. difesero, e che il B. aveva proposto di rimutare a questo modo: Se' mort' o pur morrati. Il confronto della prosa, che in generale reca grande vantaggio, pare che qui sia stata cagione di guai; per troppo voler accordare, si è alterato il testo. La collocazione della voce pur dinanzi a morra'ti è accertata dalla testimonianza di tutti i nostri codd. e d'altri ancora; però non iscriveremo neppure, come posteriormente il - s'incontra questa voce pur. Del resto aggiungeremo che E la terra tremare; Ed uom m' apparve scolorito e fioco, Mi condusse a veder mia donna morta; Vedea che donne la covrian d' un velo; Veggendo in lei tanta umiltà formata, Poi che tu se' nella mia donna stata, E dêi aver pietate, e non disdegno. Vedi che si desideroso vegno D'esser de' tuoi, ch' io ti somiglio in fede: Vieni, chè 'l cor ti chiede. Poi mi partia, consumato ogni duolo; E quando io era solo, Dicea, guardando verso l'alto regno: Voi mi chiamaste allor, vostra mercede. Linea 2. E uomo apparve: a; Ed homo apparve : f; E omo apparve: b. 4. Morta è: e; P. T. G. 13. Lo 'mmaginar: f. 14. mie donna: ac; Madonna : S. Ra. 15. l' avea : f; B. T.; io l'avea: P.; l'avie: a. Riteniamo il perfetto dei codd. bc, parendoci che l'impf. si debba al solito vezzo di voler assimilare i tempi. — 16. Vedie: a c. — 17. Ed avie seco una umiltà verace: a; E avie seco un'umiltà verace: c; Ed avea XXIV) Appresso questa vana imaginazione, avvenne un dì, che sedendo io pensoso in alcuna parte, ed io mi sentii cominciare un tremito nel core, così come s'io fossi stato presente a questa donna. Allora dico che mi giunse una imaginazione d'Amore: chè mi parve vederlo venire da quella parte ove la mia donna stava; e pareami che lietamente mi dicesse nel cuor mio: Pensa di benedire lo dì ch' io ti presi, però che tu lo dêi fare. E certo mi parea avere lo core così lieto, che in me non parea che fosse lo core mio, per la sua nova condizione. E poco dopo queste parole che 'l core mi disse con la lingua d'Amore, io vidi venire verso me una gentil donna, la quale era di famosa beltade, e fu già molto donna di questo primo amico mio. E lo nome di questa donna era Giovanna; salvo che per la sua beltade, secondo ch'altri crede, imposto l'era nome di Primavera: e così era chiamata. E appresso lei guardando, vidi venire la mirabile Beatrice. Queste donne andaro presso di me così l'una appresso l'altra, e parvemi che Amore mi parlasse nel core, e dicesse: Quella prima è nominata Primavera solo per questa venuta d'oggi; chè io mossi lo 'mponitore del nome a chiamarla così Primavera, cioè prima verrà lo dì che Beatrice si mostrerà dopo l'imaginazione del suo fedele. E se anco vuoli considerare, lo primo nome suo tanto è dire quanto Primavera, perchè lo suo nome Giovanna è da quel Giovanni, lo quale precedette la verace luce, dicendo: Ego vox clamantis in deserto: parate viam Domini. Ed anche mi parve che mi dicesse, dopo queste, altre parole, cioè: Chi volesse sottilmente considerare, quella Beatrice chiamerebbe Amore, per molta simiglianza che ha meco. Ond' io poi ripensando, proposi di scrivere per rima al primo mio amico, tacendomi certe parole le quali pareano da tacere, credendo io che ancora il suo cuore mirasse la beltà di questa Primavera gentile. E dissi questo sonetto: Questo sonetto ha molte parti: la prima delle quali dice, come io mi sentii svegliare lo tremorc usato nel core, come parce che e Io mi sentii svegliar dentro dal core Un spirito amoroso che dormia: Linea 1. questa imaginazione: P.; questa mia imaginazione: -- tremuoto: a c. core, com'io: P. - mi f; T. Amore m'apparisse allegro da lunga parte; la seconda dice, come mi parce che Amore mi diresse nel mio core, e quale mi parea; la terza dice come, poi che questo fu alquanto stato mero cotole, io vidi ed E poco stando meco 'l mio signore, Venire invêr lo loco là ov' i' era, Amor mi disse: Questa è Primavera, E quella ha nome Amor, sì mi somiglia. udii certe cose. La seconda parte comincia quiri: Dicendo: Or pensa pur; 1. terra quiri: E poco stando. La terza parte si divide in due: nella prima dico quello ch'io vidi; nella seconda dico quello ch' io udii; e comincia quiri: Amor mi disse Potrebbe qui dubitar persona degna da dichiarargli ogni dubitazione, e dubitar potrebbe di ciò ch'io dico d'Amore, come se fosse una cosa per sè, e non solamente sostanza intelligente, ma sì come fosse sostanza corporale. La qual cosa, secondo la verità, è falsa; chè Amore non è per sè siccome sostanza, ma è un accidente in sostanza. E che io dica di lui come fosse corpo, ancora come se fosse uomo, appare per tre cose che io dico di lui. Dico che 'l vidi di lungi venire; onde conciossiacosa che il venire dica moto locale, e localmente mobile per sè, secondo il filosofo, sia solamente corpo; appare che io ponga Amore essere corpo. Dico anche di lui ch'elli ridea, e anche che parlava; le quali cose paiono esser proprie dell'uomo, e specialmente esser risibile; e però appare ch'io ponga lui esser uomo. A cotal cosa dichiarare, secondo ch'è buono al presente, prima è da intendere che anticamente non erano dicitori d'Amore in lingua volgare, anzi erano dicitori d'Amore certi poeti in lingua latina: tra noi, dico, avvegna forse che tra altra gente addivenisse, e avvegna ancora che, siccome in Grecia, non volgari, ma litterati poeti queste cose trattavano. E non è molto numero d'anni passato, che apparirono prima questi poeti volgari; chè dire per rima in volgare tanto è quanto dire fosse: f; P. T. G. 11. substantia intelligentia: f. Gli edd. Pes. dicono che il loro cod. recava: sostanza in- che 'l vidi venire: T. va: bde; P. Fr. G. a. chiarare (che è buono a presente): P. - 19. dicitori d'Amore |