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L'amore

amore di Dante per Beatrice, e la celebrazione di questo nome nelle Liriche e nella Commedia hanno da lungo tempo pôrto argomento a molte dispute sulla natura dei sentimenti dal poeta significati, e dato luogo a molte disquisizioni circa la reale esistenza della donna a cui le rime sono consecrate. Or siffatto subbietto, rilevantissimo alla retta intelligenza della poesia dantesca, parmi opportuno ed utile nuovamente trattare in questo volume, nel quale appunto il poeta ci narra la storia degli anni suoi giovanili: e investigare se egli vi riferisca fatti realmente avvenuti, o sotto velo di umani affetti e di umani sentimenti, celi ed adombri casi e sensi di altra natura e di diversa significazione.

Chè, infatti, secondo la opinione di molti, anche autorevoli, commentatori e critici, la Beatrice di Dante non sarebbe donna vera e reale, ma appellativo di una eccelsa Virtù, alla quale l'Alighieri prestava poetico omaggio e della quale intellettualmente era invaghito. Quindi, a loro giudicio, la Vita Nuova sarebbe tutta quanta una allegoria, da interpetrarsi col sussidio del Convito principalmente: l'oggetto dell' amore di Dante fu, non una fanciulla fiorentina, ma la Sapienza: la parola Amore stà sempre in luogo del vocabolo Studio: la subita sollevazione degli spiriti vitale, animale e naturale alla vista di Beatrice, varrebbe a significare i contrasti che si provano nell' accingersi a difficile impresa: il saluto verrebbe a dire i conforti e gli inviti a perseverare, e per le diverse donne che con l'amata si accompagnano, si dovrebbero intendere le scienze tutte che della Filosofia sono amiche ed ancelle: infine, nella morte

del padre di Beatrice si potrebbe credere essersi da Dante voluta raffigurare la morte del maestro, di quel Brunetto Latini che a lui giovanetto, insegnò come l'uom si eterna.

Tali concetti sopra la Beatrice di Dante, da non pochi scrittori acremente propugnati, furono forse per la prima volta sistematicamente esposti dal Canonico Ant. Maria Biscioni (1), il quale tuttavia protesta di esser stato mosso a negare la veracità dell'amore di Dante, dallo zelo sempre avuto verso il buon nome di questo sovrano autore, descritto come negli amori profani solamente avviluppato. Difficile riuscirà certamente ad ogni animo gentile il comprendere in qual modo potrebbe rimanere offeso il buon nome dell' Alighieri, quand' anco a lettera si intendesse cotesta sua poesia erotica, così scevra d'ogni affetto men che casto e d'ogni men che pura espressione. Ma, con ingenuità patriarcale, soggiunge il Biscioni: chi poi per avventura avesse alcuna parzialità per la Bice Portinari, sappia ch'io con tutto questo ragionamento non ho inteso di arrecare pregiudizio veruno a quella gentilissima donna, confessandosi pure da me ch'ella sia stata in questo mondo dotata di ragguardevoli prerogative, e fors❜anco ben conosciuta e praticata da Dante per la vicinità delle loro abitazioni; ma solamente ho preteso mostrare che dalle opere di esso Dante e dalle ragioni addotte si deduce che la nostra Beatrice non sia colei nè altra donna, ma una donna ideale a bello studio dal poeta inventata. Così il buon Canonico, coi debiti riguardi e senza maligna intenzione di arrecar pregiudizio, non potendo risolutamente negare la storica esistenza di Beatrice, raffigura in lei soltanto una vicina di Dante che questi poteva, forse, aver veduta ad una finestra od incontrata per via, e schianta dalla radice il concetto erotico dantesco che dall' affetto profondo trae nascimento e in esso si avviva, sostituendovi una fredda allegoria scientifica, figlia della sola astrazione intellettuale. Se non che niuno vorrà fare grave rimprovero al buon Canonico, se egli, dotto in tante altre cose, in codesti misteri del cuore umano si addimostrasse, quale doveva essere, meno esperto.

Ma questo sistema interpetrativo, così precisamente esposto dal Biscioni e da lui recato a spiegare gli episodj più notevoli della Vita Nuova, era già stato enunciato in termini più generali, anche da altri scrittori di età più antica. Accennerò soltanto, la strana interpetrazione di Francesco da Buti (2), il quale in Beatrice ritrova, quanto al senso letterale, la madre della Contessa Matilde. Se non che il butense, considerando poi che codesta Madonna Beatrice moritte in Pisa innanzi al 1116, vale a dire un secolo e mezzo circa prima della

(1) Prose di Dante ec. Firenze 1723.

(2) Commento alla Divina Commedia, Pur

gatorio, C. XXVII, vol. II, pag. 647. Pisa, Fratelli Nistri, 1860.

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