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il fine dell' amore è in questo momento la vista e il saluto di Beatrice: la cerca nelle chiese, la cerca nei festivi ritrovi di giovinette: ne ottiene saluti che lo rendon beato e che, negati, lo fanno infelicissimo ('). A quel soperchio di dolcezza (2) che gli vien dalla vista e più dal saluto e dalle parole dell' amata, tremano gli occhi (5), trema il cuore, ammutolisce la voce; e le compagne di Beatrice, e Beatrice stessa, ignorando forse d'esserne causa ('), sommessamente si ridono di lui; ond' ei se ne duole ed invoca pietà (5). Ma saziati gli occhi nel caro aspetto, quasi inebriato (6) ei torna al solingo luogo (7) della sua cameretta; ed ivi si pone a pensare di lei, finchè l'assidua meditazione fecondata dal pianto,

si converte in visione.

Pure, in tale stato tanto ancora gli resta di prudenza e di accorgimento da saper celare altrui il suo segreto ($), e da far supporre che altre due donne, l'una dopo l'altra, siano quelle per le quali sospira, e quelle guarda in modo che si vegga questo suo mirar fiso, e per loro scrive in rima, facendosene schermo (9) al vero.

In questa condizione, ch'ei chiama acconciamente battaglia (10), rimane Dante finchè l'amore, che ormai tutto lo possiede e governa e che, alimentato nel segreto dell' anima sua, raddoppia di vigore, si purifica e si perfeziona. Onde nacque questo cangiamento nell'animo dell' amatore? Fu subitaneo, o lentamente e da lungi preparato? Fu affinamento spontaneo di un affetto già di per se stesso purissimo, o conseguenza naturale delle molte sconfitte (11) da lui patite, del non sentirsi corrisposto, in quel modo almeno com'egli sentivasi degno, del vedersi, anzi, gabbato dall'amata sua? (12). Noi nol sappiamo per esplicita dichiarazione del poeta: ma cangiamento vi fu, e cangiamento voluto e di proposito (15). Ad ogni modo, noi vediamo d'ora innanzi la mente di lui e l'affetto staccarsi dalla terra e innalzarsi alle cose eterne, e intanto la poesia diventare, con nuovo esempio, contemplativa, ascendendo al cielo a udirvi le preci degli Angeli a Dio, e discendendo all' Inferno a udirvi le grida dei malnati (4). D' ora innanzi, Dante non cerca più Beatrice, perch'ei ne ha ben fitta la immagine dentro l'anima sua: alla contemplazione corporea degli occhi succede la segreta contemplazione dell' intelletto: ei non trema più, non piange più, perchè si sente beato in quella intima adorazione: il saluto che dianzi era intollerabile beatitudine

(1) V. N. p. 10 (S. X, XI, XII). (2) V. N. p. 10 (§. XI).

(3) V. N. p. 10 (§. XI).

(4) V. N. p. 15 (§. XIV).

(5) V. N. p. 15-6 (§. XIV, XV).

() V. N. p. 3 (§. II).

(7) V. N. p. 3, 15 (§. III, XIV).

(8) V. N. p. 5, 8, 9, 10 (§. v, IX, XII).

(9) Del primo schermo si tratta nella V. N.

p. 5-7 (§. v-vi): del secondo p. 8-9 (§. IX-X).
(10) V.N. p. 14, 18 (§. XIV, XVI). E anche p. 19

(§. XVIII): « sconfitte ».

(11) V. N. p. 19 (§. XVIII).

(12) V. N. p. 15 (§. XIV).
(13) V. N. p. 20 (§. XVIII).

(14) Canz: Donne che avete p. 21 (§. XIX).

la quale passava e redundava la sua capacità (1), diviene dolcezza onesta e soave (2): il fine dell'amore non è più la vista di Beatrice, ma la lode. Madonne, così ei racconta un dialogo con alcune gentili, lo fine del mio amore fu già il saluto di questa donna, ed in quello dimorava la beatitudine ch'è 'l fine di tutti li miei disiri. Ma poichè le piacque di negarlo a me, lo mio signore Amore, la sua mercede, ha posta tutta la mia beatitudine in quello che non mi puote venir meno.... Noi ti preghiamo che tu ne dichi ove sta questa tua beatitudine. Ed io rispondendole, dissi cotanto: In quelle parole che lodano la donna mia.... E proposi di prendere per materia del mio parlare sempre mai quello che fosse loda di questa gentilissima (3).

Così incomincia nella Vita Nuova, e precisamente colla Canzone: Donne che avete intelletto d'amore quella che Dante, quasi vergognando (') degli intendimenti contenuti nelle rime anteriori, chiama materia nova e più nobile che la passata (5), e comincia insieme una maniera di poesia della quale egli sarà salutato inventore e maestro (6). Nelle antecedenti rime troviamo, infatti, un misto non bene accordato di reminiscenze provenzali e sicule: v' ha qualche accenno alla maniera di Guittone (7): un passo di Geremia è tradotto a lettera (8): mal velata è una imitazione virgiliana (9). D'ora innanzi, Dante procederà per la sua via, colle sue forze, collo stile suo, col suo fine da raggiungere: dirittamente, consapevolmente: innovando, e coll' intento ben chiaro e determinato di innovare le vecchie forme della poesia erotica.

In che cosa propriamente consista questa novità e nobiltà maggiore, si conosce solo leggendo le rime di questo secondo periodo dell'affetto, nelle quali cessa la lamentazione, e comincia l'inno (1o). L'amore per Beatrice nulla ha perduto del vigor suo, nè per staccarsi dalla realtà, si attenua: ma invece di esser giogo forte e duro, stà dolce e soave (1) nel cuore: invece di essere ardente e doloroso conflitto, è fervorosa dilezione piena di celeste e sereno gaudio ch'egli non sa come far intendere altrui. Ingegnati se puoi, d'esser palese, dice egli alla sua Canzone. Difficile infatti è svelare questo strano mistero dell'affetto. Nella ardente fantasia del poeta, l'amata diventa un essere superiore alla umana condizione, un novo miracolo gentile (12) che Dio ha concesso al mondo e che

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(7) Son: Morte villana ec. p. 8 (§. VIII). (8) Son: O voi che per la via ecc. p. 6 (§. vII). (9) Son: Morte villana p. 8 (§. vIII). (10) « La lingua parlò quasi come per se stessa mossa, e disse: Donne che avete intelletto d'amore ». V. N. p. 20 (§. XIX).

(1) V.N. p. 39 (§. XXVIII), frammento di Canz. (12) Son: Negli occhi porta ec. p. 25 (§. XXI).

i beati nell'empireo richiedono ad alta voce a Colui che l'ha creata: Madonna è desiata in l'alto cielo (1). Ella diviene esempio, simulacro vivente della perfetta bellezza fisica (2) e morale (3): Dio intese di far di lei cosa nova (); e felici coloro che potranno mirarla, e sentir i benefici effetti della sua presenza! Ella passa in mezzo alle genti, spandendo intorno a sè una soave, inusata, sovrumana fragranza, un divino spirito di amore, di umiltà, di pace. E qual soffrisse di starla a vedere Diverria nobil cosa o si morria; E quando trova alcun che degno sia Di veder lei, quei prova sua virtute; Chè gli avvien ciò che gli dona salute..... Ancor le ha Dio per maggior grazia dato Che non può mal finir chi le ha parlato (5). Ogni dolcezza, ogni pensiero umile Nasce nel core a chi parlar la sente, Ond'è laudato chi prima la vide (6)! Felici le donne, che comprenderanno di esser tenute a render mercede a Dio di tanta grazia (1), quanta è quella dell'aver Lui mandato quaggiù in forma femminile e fra loro, una animata effigie della sua perfezione! E come ogni invidia ($) deve tacere nelle coetanee ed amiche, così - e questo è ben più straordinario cura gelosa punge il cuore di Dante: perchè, come esser gelosi di cosa la quale appartiene a Dio, e non al mondo? di cosa non destinata ad eccitare caduchi affetti umani? Quando passava per la via, scrive Dante, le persone correano per veder lei; onde mirabile letizia me ne giungea (9). Per lo addietro egli aveva cantate le lodi di Beatrice descrivendo gli effetti che su di lui producevano tanta bellezza e tanta onestà (10): ma in quelle lodi si scorge sempre l'ispirazione che vien dall'amore, si riconosce sempre il linguaggio della passione. D'ora innanzi egli parlerà non tanto a nome suo proprio, quanto a nome di tutti, fatto quasi sacerdote di quel simulacro di perfezione che Dio per brevi istanti ha mandato sulla terra a miracol mostrare (11).

nessuna

Qui la storia, nemica spesso alla poesia, ci narra che Beatrice andasse a nozze con altri; pur Dante di questo non ci lasciò cenno alcuno. Sia che vuolsi di ciò; ma certo, niuno più ricco o più fortunato di lui, potea tôrgli il possesso intellettuale della sua amata, e rompere il misterioso connubio giurato fra l'anima sua e quella di Beatrice.

Così l'amore di Dante differisce ormai da ogni altro amore terreno, e da quello

(1) Canz: Donne che avete ec. p. 21 (§. XIX).

(2) « Per esemplo di lei beltà si prova » Canz: Donne che avete ec. p. 22 (§. xIx) « Un angiol figurato ». Son: Di donne io vidi ec.

(3) « Dice di lei Amor: cosa mortale Come esser può sì adorna e si pura?» Canz: Donne che avete ec. p. 22 (§. xix). « Lume di cielo in creatura degna ». Canz: Morte ec.

(4) Canz: Donne che avete ec. p. 22 (§. xix). (5) Canz: Donne che avete ec. p. 22 (§. XIX).

(6) Son: Negli occhi porta ec. p. 25 (§. XXI). (7) Son: Vede perfettamente ec. p. 38 (§. XXVII) << Fa parer l'altre beate»: Son: Voi donne « Le altre onora ». Son: 0 dolci rime ec. (8) Son: Vede perfettamente ec. p. 38 (§. XXVII) << E anche: «Ciascuna per lei riceve onore ». Ivi. (9) V. N. p. 37 (§. XXVI).

ec.

(10) V. N. p. 10 (§. XI).

(11) Son: Tanto gentile ecc. p. 37 (§. XXVI).

pur anco ch'egli aveva provato nel tempo anteriore, perchè questo affetto non è più speranza di contraccambio, brama di cortese saluto o di affettuosa parola; ma dolcezza infinita di poter comprendere egli solo fra tanti, mercè di Amore ('), l'intima virtù di questa donna, o a dir meglio, di questa celeste apparizione (2): è appagamento ineffabile di poterne cantare le lodi come, senza meschianza di umani desiderj o speranza di mercede, si canterebbero le lodi di Dio. Nè senza ragione paragono l'amore di Dante in questo momento al puro anelito di un anima inebriata nell' amore divino; dappoichè Dante stesso ci persuade colle sue parole, un tal paragone. Infatti, una strana combinazione di ritorno del numero nove in ogni avvenimento che riguardava Beatrice, congiungendosi nella mente di Dante a mistiche dottrine ed a scientifiche speculazioni, in cui egli già si compiaceva, rafforzavagli il convincimento della eccelsa natura di quest'essere straordinario al quale prestava spirituale omaggio. E fantasticando nel fervido intelletto su questa coincidenza che di nove anni ei l'aveva vista la prima volta, e che l'anno il mese l'ora nona eran ritornati al compiersi di tanti avvenimenti spettanti alla storia del suo affetto, e questo mettendo assieme colle arcane qualità che a certi numeri attribuivansi dalla tradizione e dalla scienza de'tempi, facilmente e' si persuase che Beatrice era essa stessa un mistero, un miracolo, la cui radice è solamente la mirabile Trinità (3).

Di nessuna donna mai fu detto altrettanto, nè parrebbe potesse dirsi, anco nell' impeto lirico, senza nota di empietà o di follia. Se non che, veggasi come in questo momento l'amore di Dante era giunto a tal grado di purità (*), non avendo bisogno di esser soccorso dalla vista materiale, da sembrare estasi affettuosa di un anima abitatrice de' cieli verso un'altra anima beata, non già affetto di un essere mortale e corporeo verso un essere mortale similmente e corporeo. E dicasi pure che cotesti sono sogni e delirj di mente inferma: ridasi, se vuolsi, di cotesta esaltazione della donna amata, fatta simile a Dio; ma si rida allora, anche quando nel Purgatorio, Dante ci rappresenta Beatrice che, circondata dai Santi e dai Profeti, a lui rammenta l'antico affetto della puerizia. Chiaminsi questi sogni e delirj; ma si riconosca ancora come per tal modo la donna amata saliva a tanta altezza che il pensiero, per potersi affisare in lei, era costretto ei pure a sublimarsi oltre la spera che più larga gira (5).

(1) Le mie bellezze.... Non posson esser conosciute Se non per.... uomo in cui Amor si metta ». Ballat.: Io mi son pargoletta ec.

(2)«Io fui del cielo e tornerovvi ancora... Le mie bellezze sono al mondo nuove Però che di lassù mi son venute ». Ball.: Io mi son pargoletta ec.

(3) V. N. p. 41 (§. 30).

(4) Odasi la definizione di amore data da Dante « Amore non è altro che unimento spirituale dell' anima e della cosa amata >>. Conv. III, 2.

(5) V. N. p. 55 (§. 42).

Già prima adunque che Beatrice si spogliasse della veste mortale, noi vediamo aver principio nella fantasia del poeta quella trasformazione di lei, che indi si effettua appunto per la morte, sopraggiuntale quando di poco aveva oltrepassati i ventiquattro anni. Già essa negli atti suoi, nei costumi, nell'aspetto, nelle condizioni del viver suo, mostravasi simile (1) più che agli uomini, alla divinità. Ma concessa da Dio al mondo sol per far fede della sua bontà, richiesta in cielo dagli Angeli con ardenti preghiere, alle quali faceva contrasto soltanto la Pietà che difendeva innanzi al trono del Signore la causa del misero amante, Beatrice doveva presto lasciar la terra, facendo ritorno là dond' era discesa. E una breve malattia sofferta da Dante, avendogli fatto ripensare alla caducità della vita umana, forte sospirando e quasi a un tratto gli si svelasse un ascoso mistero, ei gridò affannosamente: Di necessità conviene che la gentilissima Beatrice alcuna volta si muoja. E il vano imaginare (2) gli fece vedere allora volti orribili e strani, e donne scapigliate e piangenti, e oscurarsi il sole, e impallidire le stelle, e cader morti gli animali, e tremare la terra. Ma dopo queste terrifiche immagini, pareagli vedere moltitudine d'Angeli che volavano al cielo, avendo dinanzi a loro una nebuletta bianchissima; e tutti cantavano: Osanna. Indi, avvertito del suo danno da un amico, correva a Beatrice, ma ne trovava soltanto la gelida spoglia: l'anima era salita al cielo in quella nebuletta bianchissima che gli Angeli accompagnavano col sacro canto degli Inni (3).

Poco tempo dopo questa visione, il tristo presagio si avverava. Ma Beatrice non morì, secondo Dante, per le ragioni onde i corpi umani vengono a perire: Non la ci tolse qualità di gelo Nè di calor, siccome l'altre face ('). La sua morte non fu tanto un ritorno del corpo alla terra, quanto un rivolare dell'anima al cielo (5): Dio la ritolse seco, perchè esta vita nojosa Non era degna di sì gentil cosa (6).

Chi ha cuore comprenderà di leggeri quanta dovesse essere l'angoscia di Dante allorquando gli fu tolta la diletta dell' anima sua (7). Ma riflettasi poi tal luttuoso avvenimento (8), Beatrice amata dapprima come bel

come,

solo per

(1) «Questo numero (nove) fu ella medesima: PER SIMILITUDINE dico» V. N. p. 40 (§. xxx).

(2) Canz: Donna pietosa ec. p. 32 (§. xxII). (3) V. N. p. 28-33 (§. XXIII).

(4) Canz: Gli occhi dolenti ec. pag. 42 (§. XXXII).

(5) « Mi par già veder lo cielo aprire E gli Angeli di Dio quaggiù venire Per volerne portar l'anima santa ». Canz: Morte ec. «Ita n'è Beatrice in alto cielo Nel reame ove gli Angioli hanno pace E sta con loro » Canz: Gli occhi do

lenti ec. p. 42 (§. XXXII) « E fella (Dio) di quaggiuso a sè venire ». Id. Id.

(6) Canz: Gli occhi dolenti ec. p. 42 (§. XXXII). (7) « E qual è stata la mia vita poscia Che la mia donna andò nel secolo novo Lingua non è che dicer lo sapesse ». Canz. Gli occhi dolenti p. 43 (§. XXXII). «Io sono astioso di qualunque muore ». Canz: Quantunque volte ec. p. 45 (§. XXXIV).

(8) «Io era certo e sono per sua graziosa rivelazione che ella era in cielo, ond' io pensando spesse volte come possibile m'era, me n' andava quasi rapito ». Conv. II, 8.

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