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pur in qualche sospetto che tal moto sia fatto di volontà di nostro signore, e che forse ci abbia a concorrere il signor Cammillo Colonna e Gioambattista Savello '. Se altro si intenderà, per me Carlo la serenità vostra ne sarà avvisata. Alla grazia della quale ec.

Di Firenze alli 27 d'aprile 1529.

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Da poi l'ultime mie del 27 scritte insieme col clarissimo Soriano alla serenità vostra, questi signori sono stati occupati in fare il consiglio nuovo degli Ottanta, nè prima di jeri sera al tardi li signori Dieci si sono ridotti in consultazione con la pratica per rispondere alla proposizione da me fatta secondo la commissione mia, che volessero prestare ajuto alla impresa di Milano. Onde avendo io inteso che non si erano risoluti sopra detta materia, questa mattina di buon'ora sono stato a visitazione particolare dell'illustrissimo gonfaloniere, parendomi bene il parlare di ciò con sua signoria e vedere di ben disporla e renderla favorevole. Sono stato veduto umanissima

Clemente VII tentava d'impedire Malatesta Baglioni dall' accettare la condotta offertagli dai Fiorentini, da un lato colla promessa di conservarlo in Perugia, dall' altro colla minaccia di favorire le pretensioni di Braccio contro di lui. Ma gli odj ed i sospetti erano troppi tra il pontefice e lui perchè potesse allora Malatesta confidare nelle promesse di Clemente VII. Bisognavagli la congiuntura di qualche grande occasione per patteggiare con maggior sicurezza. E questa seppe egli troppo bene trovare, come vedremo, nella fiducia medesima colla quale i Fiorentini offerirono a lui la tutela della libertà loro.

2 Così chiamavasi un numero di cittadini notevoli designati a prender parte nelle consulte importanti di governo.

mente da essa, con la quale usate le convenienti parole e congratulazioni per la nuova sua dignità, ho ragionato a lungo delle cose di Milano, sforzandomi di dimostrarle quanto quella espedizione sia necessaria, e come in essa consista la somma del tutto, e come non fosse da perdere sì bella e certa occasione. Nè veramente mi fu difficile, perchè e sua signoria e il proposto de' priori, che vi era presente, mi confessarono che non si poteva negare che così fosse, mostrando ottima mente; ma scusando la impotenza di questa città dalle lunghe e gravi spese, dicendomi che di detta materia ne era stato parlato e che mi saria dalli signori Dieci detto il tutto. Dalli quali, essendovi dappoi stato, non ho avuto che le dette scuse delle deboli forze loro, con dimostrazione però di buona volontà. Ed avendo io risposto che questo non era tempo di scuse ma di fatti, e che se alcuno giustamente si potesse scusare per le lunghe ed eccessive spese vostra serenità era quella, la quale però sempre fa più largamente e supera sè stessa per non mancare all'universal beneficio della lega e conservazione della libertà e quiete d' Italia, sì che le signorie loro devono fare il medesimo, come la serenità vostra di ciò non dubita; e che questa loro risposta io non voleva avere per risoluzione, conoscendosi espressamente che da questa espedizione doveva succedere il fine de'travagli d'Italia, e la sicurtà nostra e delle signorie loro; e che questa spesa così a tempo fatta sarebbe un grande e lungo risparmio di questa eccellentissima repubblica, mi replicarono la loro volontà essere prontissima, ma che non si erano ancora risoluti, discorrendomi del congiungersi delle genti dell'illustrissimo signor di San Polo con quelle di vostra serenità, in modo che pure si può trarre qualche buona speranza che quan

do in effetto vedessero questa congiunzione fossero per porgere qualche aiuto a detta impresa. Io non ho mancato con tutte quelle ragioni che mi concede la misericordia di Dio in servizio della serenità vostra, nè mancherò di sollecitare questi signori, benchè gli avvisi di quella mi sarebbero di grande comodità a conseguir quanto quella desidera.

Di nuovo non si ha altro se non quanto si contiene nell' incluso capitolo d'una lettera del commissario Girolami'avuta da questi signori, come la serenità vostra vedrà. Alla grazia della quale ec.

Di Firenze all' ultimo di aprile 1529.

CARLO CAPELLO

LETTERA V.

SERENISSIMO PRINCIPE

Da poi l'ultime mie dell'ultimo del passato, non ho mancato continuamente di essere con questi signori e di sollecitarli con ogni diligenza alla deliberazione di quanto è il desiderio della serenità vostra. Ma non si essendo queste feste ridotti in consultazione con la pratica, parendomi che la cosa andasse troppo alla lunga, lunedì mattina fui alla signoria, alla quale lungamente parlai e con ragioni efficaci, di sorte che non sapevano se non rispondermi che era verissimo quant' io diceva e che l'animo loro era ottimo, ma che le forze non bastavano, sforzandosi di dichiararmi le spese che hanno avute ed hanno, e la strettezza presente di questa città, essendo quasi del tutto impedite le industrie nelle quali consiste l'aver

ca,

1 Raffaello Girolami, che vedremo ultimo gonfaloniere della Repubbliera allora commissario de' Fiorentini in Cortona.

loro; pure che volevano essere sopra ciò in nuova consultazione e che si sforzerebbero di soddisfare al volere della serenità vostra, dicendomi che io tardassi a scrivere a quella. Così tutto lunedì e jeri sino alla notte sono stati nelle loro pratiche, di modo che solamente questa mattina ho potuto avere la risoluzione; che è, che sebbene la volontà loro sia dispostissima al beneficio comune della serenissima lega e al far piacere alla serenità vostra, e che conoscano nella impresa di Milano consistere la somma del tutto, tuttavia non ponno in ciò fare quello che vorria il desiderio loro, dovendo pensare alla contribuzione, quando venga il cristianissimo in Italia, per tanto grande quantità quanto sua maestà ricerca dalli confederati; che bensì insieme con l'oratore francese trattavano di condurre due mila lanzi che sono verso il Tronto, che verrebbero a'servizj di Lombardia, e che non mancherebbero per la lor parte, intendendo che eziandio la serenità vostra concorresse a tale spesa. non dirò altro della risposta mia se non che dimostrai, sebbene con ogni umanità, di risentirmi, e che la serenità vostra non aspettava tal risposta, massimamente di cosa dalla quale principalmente ne nasceva l'utile e sicurtà di lor signori, oltre l'onore di non risparmiarsi nel beneficio universale della libertà d'Italia. E non potendo

• Di ciò si parla più a lungo nella seguente lettera.

2

Io

• Questi lanzi parte erano appartenuti all' esercito di Lautrech, e parte, come rilevo da una lettera del 19 maggio dei Dieci di libertà e pace a Baldassarre Carducci ambasciatore in Francia, eransi distaccati dall'esercito imperiale nel regno per mancanza di paga. Ivi il loro numero è asseguato a tre mila. La lettera ch'io cito è da un codice del March. Gino Capponi intitolato Legazione di m. Baldassarre Carducci in Francia, contenente non solo il carteggio del detto oratore colla repubblica, ma eziandio alcune altre lettere di particolari. Codice importantissimo per l'epoca della quale ci occupiamo.

aver altro, ho usato ogni diligenza di renderli certissimi delle infinite ed incredibili spese che sostiene la serenità vostra, a fine che non pensino di darle nuovo carico, esortandoli ad omettere le scuse e con gli effetti prestar ajuto a bisogni così urgentissimi. Dirò il vero alla serenità vostra, sono forniti di bellissime parole, nè io manco secondo che mi pare che si ricerchi.

Di poi ho ritrovato l'oratore francese, col quale parlando di questi lanzi ho avuto l'istesso, anzi più chiaramente, che era necessario condurli per terzo e che esso provvederebbe per la parte sua. Non improbai il condurre i detti lanzi, ma gli dimostrai bensì con tutto l'ingegno mio i carichi grandi e spese eccessive che tollera la serenità vostra, in modo che conoscendo la verità confermava le mie parole; gli aggiunsi quello che avevo detto a quei signori, che se vi era beneficio nel condurre questi lanzi la maggior parte era di loro, avvegnachè le cose dello stato loro più si rendevano sicure, e che però non dovevano essere così stretti. La sublimità vostra sapientissima mi faccia certa della mente sua: io per me mi sforzerò di procedere con ogni destrezza, intertenendomi fino che avrò lumi da quella.

Jeri venne a visitarmi il prefato orator francese, e mi disse che i Senesi avevano condotto per loro capitano generale il duca di Amalfi ', il che eziandio da questi signori si ha, e dall'oratore ferrarese 2, la qual cosa è stimata e da esso ambasciatore e da questi signori non a proposito, per essere esso duca vassallo di Cesare; il che

2

Alfonso Piccolomini, discendente di un nipote di Pio II, il quale fu poi, dieci anni dopo, per rispetto di Carlo V, eletto capo di quella repubblica, della cui servitù la incapacità di quest' uomo non fu certamente l'ultima causa. Alessandro Guarini.

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