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che la ricuperarono, hanno speso per quella città due milioni di ducati, come dicono, n'avevano una gran causa, perchè mediante Pisa hanno il vivere bastante per la loro città.

In terzo luogo abbiamo detto essere le arti, e gli artefici, dei quali li signori Fiorentini hanno molto bene conosciuta la necessità, e cercato per ciò quanto hanno potuto di privilegiarli e carezzarli. E perchè nei tempi passati sono state molte discordie in Firenze tra i nobili ed i plebei, o vero artefici, e alla fine detti artefici restarono superiori, fu deliberato che altro che loro artefici non potessero partecipare del governo della città '; e però con mezzo d'alcuni prudenti cittadini, essendo la città in tale discordia, furono a simil corpo infermo ritrovate le infrascritte medicine. Fu levato di maniera il nome della nobiltà, che in Firenze non è alcuno che si chiami nobile, ma tutti, graudi mediocri e bassi, son detti cittadini; ed essendo li artefici solo quelli che avevano il governo in mano, li nobili erano astrétti d'entrare in qualche arte con universale soddisfazione dei bassi e dei mediocri, parendo loro in certo modo essere eguali alli grandi essendo chiamati cittadini essi come i grandi. Vero è che essendo pur necessario che li nobili avessero qualche preeminenza, fu composto e concordato che delle dette arti, che erano ventuna, se ne facessero due parti, e d'esse se ne cavassero sette, le quali chiamarono l'arti maggiori, e le altre quattordici che restarono si chiamarono le minori. Nelle sette maggiori son descritti e computati tutti li nobili e grandi di Firenze, e queste arti maggiori sono l'arte dei mercatanti, dei

Vedi la nota seconda a pag. 21.

cambiatori, della lana, della seta, dei battiloro, dei medici e speziali, e dei vaiai '; e le quattordici arti minori sono delli fabbri, calzolai, muratori, fornai, beccai, rigattieri, scarpellini, vinattieri, albergatori, oliandoli, chiavaioli, legnaiuoli, linaroli, e coreggiai, e sotto queste ventuna arti si comprende tutta la città. Inoltre s'accordarono dopo molte controversie e discordie, che il gonfaloniere di giustizia si facesse delle arti maggiori solamente, e che di tutti i magistrati della città, l'arti maggiori n'avessero delle quattro parti le tre, e l'arti minori partecipassero d'un quarto, essendo stato per lo avanti gran varietà, che qualche fiata solamente l'arti maggiori governavano, qualche fiata partecipavano nella metà dei detti magistrati, e qualche fiata ancora altrimenti; ma questa fu l'ultima concordia, la quale sin ora si osserva; e li reggimenti di fuori sono dati solamente all'arti maggiori, eccetto in alcune castella dove li rettori non hanno giurisdizione di procedere ad pœnam sanguinis. Le arti minori partecipano, come si è detto, nella quarta parte in questo modo, che stando ognuno sei mesi nei reggimenti, per tre semestri si mandano di quelli dell' arti maggiori, e nel quarto semestre si mandano di quelli delle arti minori: e così hanno cercato di contentare e

I Negozianti di pelli di vajo. «< L'arte de vaiai (Borghini, Arme del» le famiglie fior.) fu messa fra le maggiori per la grossa condotta che si » faceva di tali pelli, e di tal valuta, che non meno che alle lane e alle » sete e all'altre maggiori imprese, bisognava buone borse da reggere alla >> condotta, la quale era di uomini notabili, ancorché per mano d'altri di >> minor portata si maneggiassero poi per ridurle a uso di vestirsene. »

2 a E sebbene (aggiunge il Varchi, L. III) in Firenze si trovavano molte » più arti che queste non sono, non perciò avevano collegio proprio, ma si ri>> ducevano come membri sotto alcuna di queste ». Nel novero poi delle arti, fra le maggiori egli pone gli uomini di legge tacendo dei battiloro; e fra le minori i corazzai in vece dei linaroli.

soddisfare agli artefici quanto più hanno potuto. Alliquali hanno commesso diverse altre prerogative e privilegj; e prima l'arti hanno beni particolari in case, possessioni, e monti per un valore di dugento mila ducati, i quali essi dell' arti amministrano ed augumentano: e son lasciati beni ad esse arti da quei proprj dell' arte. Inoltre hanno questo privilegio che ciascun' arte fa il suo consiglio ed elegge i suoi consoli i quali, in civilibus, son giudici delle controversie di quelli che sono sotto a una medesima arte: e li detti consoli ancorchè non siano del consiglio, durante il loro magistrato, possono intervenirvi e ponere la loro ballotta. Finalmente ogni arte ha qualche amministrazione di chiesa, o di ospitale; di modo che per queste cause gli artefici restano assai ben contenti, parendo ad ognuno d'esser grande, ed uguale agli altri che son grandi, avendo le dette amministrazioni e prerogative per segno di governo e di dominio. E di qui è che in Firenze sono le arti in tanta grandezza ed augumento, che nell'arte della lana, ch'è la prima, si solevano fare innanzi all'ultima guerra e peste ' quattordici mila panni l'anno di quelli ch'essi chiamano garbi, che si fanno di lana spagnuola, e si vendono ducati ventidue la pezza, dei quali ne spediscono dieci mila a Costantinopeli, e il resto spediscono in Firenze ed anco per Roma, Napoli ed altri luoghi. Fanno appresso da quattro in cinque mila panni fini alti, li quali essi chiamano di San Martino, che valgono scudi sessanta la pezza, e questi si fanno di lana d'Anglia; li quali panni tutti

1 La peste del 1527 non certamente comparabile a quella del 1348, della quale Boccaccio ci ha lasciata la famosa descrizione, fu non pertanto di grave danno essa pure, contandosi che nella sola diocesi di Firenze venissero a morire intorno ai sessanta mila individui.

in

capo

all'anno ascendono alla somma di seicento mila ducati di capitale. Nell'arte della seta si consumano circa quattrocento balle di seta; e si fanno ancora panni d'oro, sebbene non tanti quanti solevano: talchè tra li panni di lana, d'oro e di seta, in capo all'anno si può riputare un milione di ducati. Dalle quali arti tanto grandi segue che in Firenze erano da cento ventidue mila anime'; ma la peste gli ha dato un gran danno, e una gran rovina, perciocchè sono morte dentro le mura da trentacinque mila persone, e di fuori venticinque mila. E ben le eccellenze vostre potranno pensare quale orrore e qual forma di città era in quel tempo quella di Firenze; perciocchè tutte le case e botteghe erano serrate, nè si scontrava persona che avesse forma d'uomo: si vedevano solo i ministri delle chiese, ed altri spettacoli orribili e cose le quali tremo a raccontare; che ben si poteva dire «< horror ubique ingens, simul ipsa silentia terrent ». Ma i molti particolari pericoli dai quali io sono stato per divino miracolo liberato non m'affaticherò di raccontare all'eccellenze vostre, perchè per la loro prudenza li ponno comprendere; quali pericoli in vero io non stimava, ritrovandomi al servizio di vostra serenità; ed oltre quelle considerazioni che vengono in mente a coloro

'Dice Giovanni Villani (L. XI) che innanzi la peste del quarantotto erano in Firenze dugento e più botteghe dell'arte della lana, le quali facevano settauta in ottanta mila panni l'anno del valore complessivo di più di un milione e dugento mila fiorini d'oro. Il Varchi (L. IX) nel cinquecento ventisette, ossia all'epoca della presente relazione, assegna fra venti e venticinque mila il numero di dette pezze.

S'intende con le parrocchie suburbane. L'esattissimo Varchi (L. IX ) nota in fatti, sotto quest' epoca, settanta mila abitanti dentro le mura. La popolazione di Firenze non aveva mai più raggiunto la misura di prima della gran peste, se è vero il calcolo di Giovanni Villani ( L. XI) che qualche anno avanti quell'epoca, contasse novanta mila abitanti dentio le mura.

che hanno un poco del virile, mi soccorreva spesse volte quel detto generoso « pulcrum et decorum est pro pa

tria mori. >>

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In quarto luogo abbiamo a dire delle armi. Li signori Fiorentini da ultimo, innanzi la partita dei signori Medici, avevano ai loro stipendj lancie cento cinquanta delle trecento del signor marchese di Mantova, capitano comune di loro e di Santa Chiesa '. Ma al presente, avendo cassata la di lui condotta, sono al tutto senza uomini d'arme ed hanno solamente il signor Orazio Baglioni per loro capitano della fanteria, con condotta di cento cinquanta cavalli leggieri e mille fanti, e a lui danno mille ducati di provvisione per il suo piatto. Hanno ancora altri capi di cavalli leggieri, cioè il fratello del signore di Piombino con settanta in ottanta cavalli, ed alcuni altri; in modo che, per quanto ho inteso, di cavalli n'hanno da dugento in trecento leggieri al più, e punti uomini d'arme. D'artiglierie dicono averne poche grosse, e ne annoveravano da dieci in quindici pezzi solamente, dolendosi che molta di tale loro artiglieria fosse già mandata ad Urbino e in altri luoghi per li signori Medici, e che fosse perduta; e ciò dicevano o perchè fosse così, ovvero per scusarsi per non la dare ai Francesi e al nostro esercito che continuamente li richiedevano. D'artiglierie minute e da campo n' hanno. buon numero, e loro stessi hanno detto d'aver sessanta moschetti, li quali son molto comodi da portare a schiena di mulo, ed anco hanno delle monizioni ragionevol

Francesco Gonzaga già governator generale delle armi venete, poi agli stipendj di Francia contro di loro, poi gonfaloniere di Santa Chiesa e con Cesare, poi nella lega del 27 contro Cesare, e poi di nuovo nel 29 con lui. 2 Fratello minore di Malatesta.

3 Girolamo d'Aragona d' Appiano.

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