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gl'inabili non esercitino magistrati, ed hanno altre autorità che per giornata son date loro per nuove leggi. È delli magistrati supremi della città, ed è ancor questo in buona riputazione.

Hanno ancora sopra alle cause criminali un ricorso, cioè un giudizio d'appellazione, il quale chiamano la Quaranzia ad imitazione nostra; ma dove nella nostra s' introducono sole cause d'appellazione, in questa si osserva ancora quest' ordine, che se gli altri magistrati criminali non spediscono le cause infra certo tempo, s'intendono queste cause devolute alla quaranzia. Le cause di stato poi non si possono giudicare per altro magistrato che per questo, nel quale si procede in questo modo; cioè, che ogni causa si deve spedire infra quindici giorni, fra il qual tempo la quaranzia per ciascuna causa dee congregarsi e ragunarsi tre fiate, ed ogni fiata che si muove alla spedizione di alcuna causa e querela ciascuno della quaranzia deve scrivere sopra ad un' altare il suo voto ed il modo che gli pare che si dovrebbe tenere in decidere tal causa, tolto prima il giuramento di giudicare secondo la verità e per coscienza: li quali voti si leggono pubblicamente per uno delli secretarj, e poi si mandano a partito, ossia si ballottano, e quello che ha due terzi delle fave nere è la sentenza. E non ottenendo alcuno delli suddetti voti li due terzi delle fave nere, si pigliano li cinque voti che ne hanno avuto di più e si mandano a partito, e quello che così ha più fave è la sentenza; e si abbruciano poi tutti gli scritti, nè si può sotto gravissime pene parlare di quant'altro siasi detto e scritto nella quaranzia predetta. E il medesimo modo si osserva nel deliberare l'esame del reo, se non paresse che fosse stato conveniente

mente esaminato dal magistrato dove è stata portata la querela.

Questa quaranzia è un aggregato di moltissimi magistrati, ed è di gran terrore, e non si è usato di essa se non in questo modo di vivere popolare.

Restami a parlare del modo del governo della città e repubblica fiorentina circa alle materie deliberative, e circa l'universal governo di quello stato. Intorno a che, eccellentissimi signori, mi è forza il dire che qualche giusta ira d' Iddio, qualche gran peccato di quella città è causa che li Fiorentini nunquam in eodem statu permanserunt, nè si sono mai contentati del governo che hanno avuto, nè riposano mai, e sempre bramano mutazione di governo, di modo che non hanno mai durato in una stessa forma più di anni quaranta come ancora si trova scritto '; e se io volessi narrare particolarmente le operazioni preterite nelle alterazioni di questa repubblica sarei troppo lungo e tedioso 3.

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Ripetiamo al lettore di aver presente che questa Relazione fu scritta durante il libero governo che succedette all'ultima cacciata dei Medici. Questo passo ricorderà ai nostri lettori i versi coi quali Daute nel VI del Purgatorio chiude l'amaro rimprovero pronunciato contro le dissensioni d'Italia e più specialmente di Firenze:

Atene e Lacedemona che fenno

Le antiche leggi e furon si civili,
Fecero al viver bene un picciol ceuno,
Verso di te, che fai tanto sottili

Provvedimenti, che a mezzo novembre
Non giunge quel che tu d'ottobre fili.
Quante volte, del tempo che rimembre,
Leggi, monete, ufficj e costumi

Hai tu mutato e rinnovato membre?

E se ben ti ricordi e vedi lume,

Vedrai te somigliante a quella inferma

Che non può trovar posa in sulle piume,

E con dar volta suo dolore scherma.

5 Malgrado questa protesta, l'oratore si studia di tessere brevemente un

per

Quand' io v' andetti oratore per nome di vostra serenità, il governo si teneva per i signori Medici molto assolutamente, facendosi tutto a senno del pontefice, ovvero del reverendissimo di Cortona per nome suo e del magnifico Ippolito, del quale era governatore, e tulte le pratiche di stato o d' altra consultazione si facevano in casa i Medici, alli quali tutto si deferiva, eccelto alcune cose di poca importanza, le quali passavano per l'ordinario; modo molto dissimile da quello usato da Lorenzo il magnifico, il quale sebben facesse quanto voleva, tuttavia la modestia che mostrava ciò non appariva, e perchè governava anche bene era sopportato ed amato, e contentavansi i Fiorentini di essere in certo modo delusi ed ingannati. Ma nel governo del reverendissimo di Cortona si procedeva molto assolutamente. Non si congregavano i consigli ordinarj della città; i magistrati erano d'altra forma che l'antica del tempo del viver libero; le leghe, paci, tregue e simili si conchiudevano a senno dei Medici e dei loro aderenti; ed anche fra loro soli si deliberavano ed imponevano le gravezze ai cittadini. Gli oratori, dopo la prima udienza della signoria, negoziavano solo col cardinale e col magnifico Ippolito. Quasi tutte le lettere erano indirizzate al cardinale, ma tutte erano portate a casa li Medici, e tutti concorrevano ad essi, ed alla signoria pochissimi se non per le cose ordinarie. Nella elezione dei magistrati ed altri uflicj si teneva modo che non sortissero se non amici dei Medici, avendo prima l'opinione del pontefice intorno

racconto delle vicissitudini di Firenze, anteriori al tempo della sua legazione; il quale, come di cose di cui l'oratore non fu testimonio, mancando non solo di novità, ma eziandio della necessaria precisione, ho creduto poter lasciare da parte.

quelli che gli piaceva che fossero nominati; e questo si faceva per gli ufficj importanti, lasciandosi gli altri andare per l'ordinario. E quando avevano difficoltà di ottenere alcuna cosa, ricorrevano a un consiglio di balia eletto nel parlamento del popolo, fatto nel 1512 quando rientrarono in Firenze, al quale avevano ottenuto che fosse data potestà assoluta, ed in quello facevano qual deliberazione volevano, perchè in esso erano tutti parenti e servitori loro; ma rarissime volte si congregava detto consiglio, sì perchè non occorreva, non succedendo mai che i Medici non ottenessero quanto volevano, sì anche perchè tal consiglio era come un tiranno, e perciò molto odioso: onde senza gran necessità li signori Medici non lo facevano radunare.

E perchè ho fatto e sarà fatto altre volte menzione del parlamento del popolo di Firenze, dico alle siguorie vostre eccellentissime che quello chiamano il parlamento quando la signoria, a suono della campana grossa di palazzo, chiama il popolo in piazza a parlamento; nel qual caso la signoria discende di palazzo, e viene a porsi in un luogo accanto la porta del medesimo, dove è uno spazio con gradi di pietra, come un tribunale, alto da terra piedi sette, quale loro dicono ringhiera, e li si propone per nome della signoria al popolo quanto ad essa pare che si debba provvedere per beneficio della città. Il secretario maggiore domanda al popolo se gli piace quel che è proposto, e l'ordinario vuole che siano due terzi del popolo che

Che cosa fosse il parlamento del popolo si dichiara più innanzi.

2 Questa campana, della quale tanto coraggiosamente Pier Capponi spaventò Carlo VIII, fu fatta distruggere dal duca Alessandro, appena messo in possesso del principato.

dicano di si. Il secretario allora roga un istrumento di quanto ha deliberato il popolo; e quella s'intende deliberazione fatta per il parlamento del popolo fiorentino.

Ma quasi ogni fiata che s'è mutato il governo di Firenze si è fatto parlamento in questo modo: che quando una fazione ha voluto espeller l'altra, essendosi fatta forte nella città con quel numero d'armati che gli è paruto bisognare, con quelli poi son venuti in piazza, la quale presa con tutte le bocche delle vie, sono andati in palazzo, e, se sono stati d'accordo con la signoria, hanno facilmente operato; se

hanno anche con l'armi forzata la signoria a farsi dare la chiave della torre, dove hanno suonato la campana grossa a martello, che è segno di chiamare il popolo in piazza; e li capi delle fazioni che sono alle bocche delle strade con l'armi non lasciano entrare in piazza se non quelli che sono della loro fazione, ovvero persone abiette, vili ed ignobili che siano atte a seguire i più. Fatto questo, li capi della fazione operano, ovvero forzano la signoria a venire in piazza in ringhiera ; alla qual signoria danno in nota un numero di venti ovvero trenta cittadini o più, come loro par meglio, acciò si propongano al popolo, perchè a quelli sia data la balia dal popolo di poter riformare e di nuovo regolare la città; e venuta la signoria in ringhiera, il secretario, per ordine di quella, dice al popolo come avendosi conosciuti molti disordini a danno della città nel governo preterito, era parso alla signoria di convocare il popolo in piazza senza pericolo di tumulto, e che pertanto, se gli piace, si darà balia a trenta cittadini (o più o meno, che propongono i capi della fazione); e legge la polizza

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