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toltogli gran parte dello stato suo, fu domandato da detto marchese in ajuto suo il duca di Savoia che era allora; il quale fatto un esercito a favor d'esso marchese, ricuperò tutto lo stato levatogli dal duca di Milano, e restitui quello nell' esser pacifico di prima. Per il che volendo mostrarsi il detto marchese non ingrato di tan. to benefizio ricevuto, si fece feudatario del detto duca di Savoia, e gli giurò fedeltà, e prese l'investitura del detto marchesato. Però dicono questi di Savoia al presente, che non essendo stati pagati gli scudi cento mila di quella dote, sua eccellenza per questo ha azione sopra quelle terre d'esso marchesato poste oltra li detti fiumi Tanaro e Pò; ed essendo poi mancata la linea mascolina Paleologa è venuto il caso che debba pervenire il detto marchesato nella casa di Savoia. Questa domanda fu fatta già fino in tempo di Carlo padre del presente duca, e fu contestata la lite con Mantova dinanzi a Carlo V imperatore', e fu supplicato per il duca di Savoia che si giudicasse lo stato della causa unitamente, cioè il possessorio, con il petitorio; però parve a sua maestà di dar sentenza sopra il possessorio solamente, dicendo essere la duchessa di Mantova figliuola dell'ultimo marchese di Monferrato morto, e per questo si filia est ergo absque contradictione vocanda est heres, onde fu confirmata essa duchessa in possesso.

Resta al presente da giudicarsi il petitorio di questa causa dalla camera imperiale, e attende sua eccellenza di vederne il fine; ma allora gli parerà di sperarvi maggiormente quando sia morta essa duchessa di Mantova,

Il lettore ricorda come le pretensioni del duca Federigo Gonzaga fossero fondate sul matrimonio da lui contratto con Margherita unica sorella del marchese Bonifazio, ultimo discendente della casa di Monferrato.

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la quale fu giudicato dall' imperatore ch'ella come figliuola dovesse averne il possesso '.

Pretende ancora in certo modo la casa di Savoia sopra il regno di Cipro, come sa e me ne scrisse già la serenità vostra, di che ne parlano apertamente li sudditi di sua eccellenza. Ma per le ragioni che dicono, a me pare che non abbiano causa di ricordarsene, non che di pensarvi o parlarne per modo alcuno. Dicono questi che

Il compimento di questo desiderio del duca Emmanuel Filiberto non fu ottenuto, come è noto, che un secolo e mezzo dopo per opera del re Vittorio Amadeo I.

• L'isola di Cipro apparteneva agli imperatori di Bisanzio, quando Riccardo cuor di leone re d'Inghilterra, per vendicarsi di quegli abitanti che avevano spogliato i naufraghi suoi soldati, allorchè andando crociato in Palestina fu cacciato da una tempesta su quelle spiaggie, se ne impadroni. Ritornando in Europa, Riccardo investì di quel dominio il francese Guido di Lusiguano; la discendenza del quale tenne quel regno fino al 1473 epoca della morte di Giacomo decimoquarto re della sua stirpe, figliuolo che fu naturale, ma in appresso legittimato, del re Giovanni III. Sorsero allora due contendenti sul diritto di quella successione; la sorella e la moglie del defunto. La prima, non amettendo la legittimazione di Giacomo suo fratello, aveva fino dall'anno 1459 sposato Luigi di Savoia onde ottenerne valido soccorso, e veramente venue a capo, per un istante, d'impadronirsi del regno. Ma Giacomo aiutato dal soldano d'Egitto ritornò presto in istato, e seppe così bene difendersi e stabilirsi, che Carlotia perduta ogni speranza di buon successo, si condusse, come dice la Relazione, in Roma, ove morì nel 1487. La moglie del re Giacomo, mancato senza figli, la quale, da poi la morte del marito fino a quest'epoca, aveva saputo conservarsi nel trono legatole solennemente da quello, venne in determinazione di abdicare: e la contenzione per il possesso di quel regno, che fu prima tra le due donne, venne a continuarsi fra la casa di Savoia e la repubblica di Venezia. La prima allegando il testamento a proprio favore della principessa Carlotta, l'altra un titolo che parve degno di maggiore considerazione, cioè la donazione spontanea, ed in un tempo la legittima successione della moglie del defunto re Giacomo; la quale essendo nata di casa Cornaro veneziana, cd adottata per figlia dalla repubblica in occasione del suo matrimonio col re di Cipro, veniva colla donazione che fece di quel regno a Venezia a sancir quasi la legale conseguenza della adozione. Ma qualunque fosse la validità legale dei titoli delle due parti, Venezia prese il possesso dell'isola, che gli rimase fino al 1571, epoca nella quale i Turchi la conquistarono.

vi è un certo testamento, ovvero certa donazione fatta a questa casa di Savoia da Carlotta figliuola legittima di Giovanni re di Cipro, la quale fu maritata a Luigi di Savoia, secondogenito di Luigi duca I, il quale per certo poco di tempo fu re di Cipro nel 1460. Ma essendo insieme con Carlotta da poi stato scacciato dal regno, n'era stato poi investito il re Giacomo dal soldano del Cairo, come padrone del feudo di detto regno. Ed avendo poi questi Luigi e Carlotta tentato invano di avere ajuto dai potentati, finalmente si ritirò detto Luigi in Piemonte; ed essendo vivuto alcun tempo assai religiosamente, se ne morì a Ripaglia dove era l'eremo dell'avo suo, che fu papa Felice V', non lasciando questo di sè erede alcuno. E Carlotta capitata a Roma si contentò finalmente

■ Già Amedeo VIII del nome, e duca primo della sua casa. La vita di lui fu molto avventurosa ed operosa. Noi ci fermeremo un'istante sulla vicenda, onde per qualche anno fu detto papa. Un tentativo fatto nel 1434 contro la vita di lui lo confermò nel disgusto del mondo e nel progetto di ritiro ch'egli aveva già concepito fino da quando la peste di Torino del 1428 gli rapì la moglie sua Maria di Borgogna. Aveva egli fondato da varj anni un convento di Agostiniani in Ripaglia presso Thonon sulle sponde del lago di Ginevra: presso quel luogo fece costruire un palazzo, cui diede il modesto nome di eremitaggio. In un'assemblea di vescovi e di baroni che vi convocò pel dì 7 novembre 1434 depose le redini dello stato nelle mani di Luigi suo figliuolo: vesti l'abito di eremita e dichiarò ch' egli si ritirava dal mondo. A quell'epoca il concilio di Basilea, adunatosi fino dal 19 luglio del 1431, era in tutto il calore della sua controversia col pontefice Eugenio IV, quale il concilio dichiarò poi deposto con atto del 25 giugno 1439, incitando il duca Amedeo ad accettare la tiara che quello stesso concilio si teneva in diritto di conferire. Il duca accettò, e assunse il nome di papa Felice V. Ma dopo nove anni di agitazione, consigliato da quegli stessi che lo avevano incitato a quel fatto, si accordò col pontefice ortodosso Niccolò V, succeduto ad Eugenio IV, e lasciò il titolo conferitogli da quel concilio. Ottenne però da Roma le più onorevoli condizioni, e fu riconosciuto pel secondo personaggio della chiesa, colla dignità di cardinale legato della santa sede in tutti gli stati della casa di Savoja, nella Svizzera e in parte del Lionese. Rientrò però egli nella solitudine di Ripaglia ; e indi a poco morì in Ginevra il 7 giugno del 1451.

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di viver nello stato ch'ella si trovava, con quello che il viver suo le dava papa Pio II (il quale scrisse questa istoria e guerra di Cipro); e poi morì essa Carlotta in Roma senza eredi o testamento alcuno. La quale non ebbe anco causa di fare donazione a questa casa di Savoia, nè di regno nè di molto manco ancora, non avendo avuto lei nè quell'aiuto dal duca suo suocero che ragionevolmente aspettava, nè pur essendo a lei stati fatti quegli onori che veramente pareva che meritasse. E il veder com'ella morì in Roma e non alla corte di Savoia, dove si ha da credere che saria venuta e morta quand'ella fosse stata per tanto dono benemerita di quella casa, è pur questo segno espresso che essa Carlotta non abbia fatto donazione. Ma quando avesse pure questa donna fatta donazione qual si volesse, io dico che questo importava poco a vostra serenità; perciocchè non era quella padrona di donare esso regno, essendone di già stata privata dal vero padrone che n'investì il re Giacomo fratello di lei: ma sì bene ha potuto darlo colei da chi l'ha vostra serenità giustamente avuto e lo possiede.

Ha inteso dunque la serenità vostra e le signorie vostre eccellentissime quali siano le debolissime anzi chimeriche ragioni che ha la casa di Savoia sopra detto regno di Cipro; delle quali se ho detto che ne parlano li sudditi di sua eccellenza così largamente, ora vengo ad affermare alla serenità vostra non averne mai udita parola nè dall' illustrissimo signor duca, nè da madama sua manco. Anzi per contrario intenderà la serenità vostra quanto m'è stato riferito da persone degne di fede di aver notato nel signor duca intorno a ciò, e quello eziandio che ho udito io da uno de' principali secretarj di sua eccellenza. Questo luglio passato era andata sua

eccellenza una mattina ad un luogo nominato Caselette per occasione di veder certo lago che v'è appresso, e dopo che sua eccellenza ebbe udita la messa, se gli appresentò un giovane, il qual cominciò a recitar un' orazione; e laudando questo sua eccellenza del numero e grandezza degli stati de' quali era il signor duca padrone, nominò similmente Cipro, il che di subito che fu udito da sua eccellenza, si levò e disse ironicamente; - Oh sì, che di questo voglio che se ne parli! e senza lasciare nè finire nè seguire essa orazione, si parti sua eccellenza, ed andò all'alloggiamento dove era preparato il desinare. Del che come fui da molti accertato, così quella scra medesima mi fu riferito questo fatto dal cavalier Condoni, ed il giorno seguente mi fu da diversi confermato. E pochi giorni innanzi ch' io mi partissi dalla corte fu a visitarmi il Ponziglione, uno de' principali secretarj di sua eccellenza, con il quale parlando io d'Asti, essendo egli di quel luogo, ed avvedendosi lui che m' andavo informando di queste pretensioni del signor duca e di Francia, dissemi lui; « Ambasciatore parlerete voi a quelli «< illustrissimi signori vostri di Cipro? » ed io che finsi di non intenderlo, gli dissi : « Che Cipro?» onde soggiunse lui: «< Voi dovete sapere le pazzie che andò a dir << l'ambasciatore Malopera a quelli eccellentissimi signori <«< vostri intorno a questo; che se il signor duca mio sa« pesse che quelli illustrissimi signori avessero tenuto << quelle ciancie del Malopera come di ordine di sua ec<< cellenza, ne resteria questa di assai mala voglia, e pen« seria perciò di esser tenuto in mala opinione: »> di che mostrai non saper io cosa alcuna, come mi fu commesso già da vostra serenità. Ho bensì giudicato io poi, che le parole di questo secretario mi fossero dette d'ordine di

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