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do crescere il tumulto e pericolo ogni giorno maggiore, così richiesti da alcuni cittadini e consigliati da Filippo Strozzi dettero libertà a taluni cittadini di radunarsi in palazzo e provvedere alle cose della città, come loro pareva il meglio; e così fecero, e tolsero anche dei nemici dei Medici per soddisfare ad oguuno ed unire la città se potevano. Da questo consiglio furono mandati oratori al reverendissimo Cortona e magnifico Ippolito per ratificare quanto avevano detto, cioè che erano contenti che deliberassero quanto era espediente alla città. Il che essendo ratificato e confermato dalli predetti, si trattò di comporsi con loro Medici, che si contentassero di lasciar lo stato di Firenze al popolo di quella città; ed essendo andati messi innanzi e indietro, ed instando fra loro massime Filippo Strozzi, finalmente si concluse l'accordo con questi capitoli principali; che i Medici rinunziassero lo stato e governo di Firenze al popolo di essa città, come era detto; che rinunziassero le fortezze di Pisa e di Livorno; che li signori Fiorentini non dimandassero loro conto alcuno di denari nè d'amministrazioni; che potessero essere cittadini privati come gli altri; che fossero confermati molti loro privilegj; e che potessero stare nella città di Firenze. Ma il giorno seguente, essendo la città in molo e tumulto grande, furono consigliati il reverendissimo Cortona e il magnifico Ippolito a partirsi di Firenze, e così fecero: e prima andarono al luogo loro di Poggio a Caiano, e di lì a Lucca.

Li cittadini in questo mezzo avendo lo stato nelle mani cominciarono a trattare della forma del nuovo governo; e li primi che intervennero alla mutazione dello stato furono gli amici dei Medici, e quelli che

governavano a tempo loro. Ma perchè pareva che i detti volessero ridurre il governo della città in mano di pochi e sospendere il cousiglio grande ed introdurne uno di soli duecento, la città si sollevò, cioè molti giovani vennero tumultuosamente in piazza con l'armi sotto, o mossi da se o da alcuni vecchi e potenti, acciochè quelli che erano soliti governare in tempo dei Medici fossero espulsi dal governo. I quali impauriti vennero alla porta del palazzo a domandare quello volessero i detti giovani, e fu loro risposto che volevano il consiglio grande e non altro consiglio: e non valse loro esenzione alcuna, perchè da'detti giovani furono usate parole molto altere e suberbe e minacciose, sì che convenne a quelli per manco male ridursi a casa. Ed ancorchè la sala del consiglio grande fosse impedita, e fatte fossero in essa molte camere per varj ufficj, ed altre stanze per la guardia del palazzo, nondimeno furono tutti forzati a dar luogo: e in termine di tre giorni ragunatosi il consiglio grande, furono eletti i Dieci di pace e libertà, e nel numero di questi non fu alcuno di quelli che in tempo de' Medici erano stati in qualche modo adoperati nel governo. Poi di nuovo si sollevò il popolo in piazza dicendo non volere che la signoria che allora era seguitasse, perchè era stata eletta dai Medici, e quel gonfaloniere e siguori volevano gittar fuori delle finestre di palazzo; di modo che s'ebbe a far assai a quietarli, e finalmente si quietarono con promessa che si farebbe nel consiglio grande una signoria nuova, nonostante che non fosse ancora finito il tempo del loro magistra

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Dei due consigli (il grande e quello degli ottanta) si discorre più innanzi, dopo esaurita la materia degli altri magistrati.

Era Luigi Guicciardini fratello dello storico.

to. E a questo modo, chiamato il consiglio grande, fu eletta la nuova signoria, e nominato gonfaloniere messer Niccolò Capponi, persona molto da bene, e di famiglia assai grata alla città tutta per il nome e merito di Piero suo padre, che con l'animo e generosità sua, nel 1494, salvò la libertà di Firenze contro Carlo VIII re di Francia. E questo discorso m'è parso di fare per l'intelligenza d'ognuno delle cose passate.

Detto in qual modo si partissero la terza volta di Firenze li signori Medici, verrò a parlare del presente governo da poi partiti i medesimi, dei magistrati e del modo che tengono nel creare le leggi, le quali cose si fanno ora quasi in tutto conforme agli antichi ordini della repubblica. E però le signorie vostre eccellentissime debbono sapere che il modo del loro creare i magistrati è di tre qualità, secondo che sono anche le qualità degli ufficj.

Il primo è delli più deboli e di minore importanza, quali si creano nel modo che facciamo noi; cioè, sono ordinate per la creazione di essi quattro borse, nelle quali sono imborsati tutti quelli che hanno benefizio di stato, cioè che ponno partecipare nel governo, come sotto si dirà, ed ogni volta che occorre creare uno in tali magistrati, si trae uno a sorte dalla borsa a ciò deputata; il quale non essendo a specchio, cioè non essendo sopra il libro dei debitori del comune, come altrove si è detto, e non essendo in altro ufficio che per le leggi impedisca dal concorso, viene posto a partito, cioè si ballotta fra li signori e collegi, ed avendo li due terzi delle fave s' intende legittimamente eletto.

La seconda sorte di ufficjè di maggiore importanza, e si creano in questo modo; cioè è deputata una borsa

nel medesimo modo che ciascuna delle quattro sopradette, dalla quale si traggono a sorte più cittadini secondo il grado dell'ufficio, come per il capitanato di Pisa trenta, per altri meno importanti venti, per altri dieci, e il minor numero è di cinque o sei: li quali tratti nel secreto del consiglio maggiore si mandano a partito, e quelli che ottengono la metà delle fave e una più s'imborsano, poi al cospetto di esso consiglio si trae uno a sorte, e quello che è cosi estratto s'intende legittimamente eletto. Ed acciochè non si possa sapere chi abbia avuto più della metà delle fave e chi meno, si osserva che a mano a mano che vien portata la fava nel bossolo, quella subito senza esser veduta è posta in un cartoccio con un bollettino dentro, qual contiene il nome di colui che è andato a partito; poi confondono e mescolano li cartocci in modo che non si può sapere qual fava sia dell' uno e quale dell'altro: poi di tali cartocci, compito che sia l'andare tutti a partito, si principia ad aprire uno e numerare le fave non leggendo però il bollettino, e se quelle sono meno della metà abbruciano il bollettino così piegato. Quelli poi che si trovano passar la metà delle fave imborsano così piegati, della qual borsa poi se ne estrae uno a sorte, il quale è l'eletto, e gli altri bollettini che restano nelle borse non si leggono altrimenti, ma si cavano fuori e si abbruciano, di modo che ognuno può sperare di essere restato nella borsa ed anche d'avere avuto più fave degli altri.

La terza sorte di ufficj reputati di maggior stima si fa per elezione in questo modo: cioè è deputata dal consiglio grande una borsa, nella quale sono imborsati tutti gli abili a questa sorta d'ufficj; e quando si viene a far l'elezione, si trae di detta borsa certo numero di

elezionarj, più o meno secondo l'importanza del magistrato. Il maggior numero è di dodici, come nella elezione degli eccellentissimi signori priori, e il minore di sei. Questi tali elezionarj vanno al secreto e nominano unoper ciascuno, e quelli così nominati si ballottano, ed imborsati, come è detto di sopra, il primo tratto a sorte è l'eletto.

Fra tutti li magistrati, il supremo è la Signoria, che si compone di otto Priorio Signori, e del Gonfaloniere di giustizia, che è il primo in grado, il quale si crea in questo modo. Dal consiglio grande si estraggono settanta elezionarj, ciascuno dei quali nomina uno di età di cinquant'anni in su, quali mettousi a partito: sei di quelli che, passando la metà delle fave, superano gli altri, sono riballottati, e quello che in questa seconda ballottazione riscuote più fave s'intende essere eletto gonfaloniere. Fassi oggi tale elezione per un solo anno, con facoltà di poter essere raffermato di anno in anno fino alli anni tre. L'autorità sua è grande, benchè solo non possa cosa alcuna: può intervenire in ogni magistrato come capo della giustizia, e proporre tutto quello ch'egli vuole nei casi criminali. Ha di salario ducati mille all'anno, e la spesa per la sua persona e quella di due suoi servitori in palazzo, di dove non si può partire durante il suo magistrato; ed il medesimo gli otto signori, se non quando tutti vauno solennemente insieme. Li signori si eleggono due per quartiere, e durano in ufficio mesi due, ed hanno spesa loro in palazzo insieme con un servitore per

la

uno.

Hanno i signori autorità bipartita, cioè un'auto

Nei tempi più liberi della repubblica si faceva ogni due mesi.

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