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che, anche entrando quelli, i palleschi non avrebbero ardire di scoprirsi, non avendo personaggio che potesse riuscire e perseverare nel governo; e dico che non avrebbero ardire di scoprirsi, perchè nella mancanza di un capo di quella famiglia non potendo sperare nella stabilità delle cose, tenerebbero di vedere facilmente un'altra volta i Medici espulsi, lo che sarebbe con rovina dei loro partigiani; e però non credo che il papa si porrà per ora a voler vedere di riporre li suoi nipoti in Firenze. Ho però inteso esser comune opinione di quelli cittadini che quel governo non possa durare, e che sia necessario mutarlo, tanto più che lo sforzo degli uomini da bene non può sopportare l'insolenza degli arrabbiati e molti mali giudicj del consiglio grande, onde si potria giudicare che li piagnoni non già introducendo i Medici come prima erano, ma concertandosi con il pontefice, col favore di lui potessero far parlamento, e porre il governo in mano alli primarj e nobili cittadini; il che fatto per via di parlamento, con l'armi s'anderia poi fermando lo stato, e con diverse provvisioni che fariano; e soddisfarebbero al pontefice con rendere li beni ai nipoti di sua santità, quali al presente ritengono non come a ribelli ma come a debitori del comune di dazi non pagati, e di decime ed altri denari non sborsati, come facevano gli altri cittadini ', e si crede che il pontefice si contenterebbe di questo, sì acciochè li suoi godessero il

Il comune di Firenze aveva diritto contro i beni dei Medici per altri titoli assai più indecorosi ai medesimi. Leggasi questo passo dell'ingenuo cronicista Giovanni Cambi. » Quando si parti Ippolito de' Medici e il cardi»nale di Cortona per paura di non esser morti, avevano spogliato tutte le chie» se dove erano argenti; e prima l'oratorio del nostro protettore e padrone » san Giovanni Battista di tutti gli argenti, candelieri, calici grandi, pacie, » torriboli, che v'erano lavori tanto belli che costavano le manifatture quan

loro, sì anche acciochè li suoi parenti ed amici fossero ammessi al governo. Quello poi che potesse seguire è difficile a indovinare '. E questo è quanto mi pare ď aver compreso delle disposizioni della repubblica di Firenze verso il pontefice.

Con l'imperatore sono in guerra, essendo con noi in lega, poi perchè sempre sono stati contro gl'imperatori: tuttavia secondo l'occasioni e necessità sarebbero anche imperiali, se loro paresse così il meglio loro. E dopo la rovina di Roma, tanto era il timore che avevano degl' imperiali, che furono in pratica con essi, col mezzo di Pier Antonio Jacovello, che è d'Acquapendente, secretario dell'illustrissimo duca di Ferrara, il quale andò a Siena a praticar tale accordo, ed anche passò ad Acquapendente; ma perchè gli furono proposte (per quauto fu detto) condizioni iniquissime, ed anche perchè non sapevano i Fiorentini con chi conchiudere, nè chi dovesse loro garantire la promessa (avendo innanzi agli occhi quel che era intervenuto al pontefice) *, non deven

to l'argento, che chi li disfaceva piangeva a vedere tanta crudeltà. Dipoi al » duomo sei candelieri grandi dell'altar maggiore alti due e tre braccia l'uno » tutti d'argento lavorato, dodici mazze tornite d'argento de' cantori del » coro, e bacili e calici. Gli argenti della Nunziata, della Badia e d'altre chie» se, gli argenti dell'arte, e circa venti mila scudi de' beni di tutte l'arti, e » balzelli e accatti per trecento mila scudi, e buona parte n'erano involati dai cittadini, che non si ricorda nè leggesi fusse mai più fatto tale sac» cheggiamento come pubblici nemici della patria loro. »

D

Questo che il Foscaro esprime era il sentire dei piagnoni, ossia della parte dei moderati. Ma come sempre accade in simili circostanze, trionfarono le opinioni violente. Cadde la repubblica, si spense la libertà. Non so se mezzi diversi avessero condotto a miglior fine; certamente a peggiore non si poteva. Argomento grave e fecondo di utili insegnamenti, dove la esperienza valesse !

2 Queste trattative dei Fiorentini, e la condotta dell'esercito della lega in presenza del sacco di Roma, sarebbero fatti inesplicabili, se lo storico

nero a conclusione alcuna. Bene intesi però che l'universale opinione era, che se l'imperatore fosse stato in Italia si sariano concordati con lui, perchè avrebbero sperato dalla fede di quello, sì come dubitavano di quella de' suoi ministri. Conchiudo che sono contrarj agl'imperiali, ma che secondo i casi si fariano anche imperiali, se ciò fosse per fare il loro meglio; e per uscir di mano alli Medici si accosterebbero ad ogni loro nemico.

Con li Francesi hanno grandissima convenienza sempre, si per il gran commercio che hanno con loro, specialmente in Lione, si perchè essendo guelfi hanno sempre seguitata la parte francese; e loro stessi dicono che se fosse aperto il cuore a ciascun Fiorentino se gli troverebbe in mezzo un giglio d'oro, tanta è la connessione loro con li Francesi; sì che ogni fiata che gli otto signori priori ed il gonfaloniere entrano nel magistrato, giurano per solenne giuramento, quale ordinariamente gli è dato

non penetrasse collo sguardo oltre la superficie delle cose, e non tenesse conto di quelle particolari circostanze, che sempre pesano più o meno nell'andamento delle umane faccende. L'esercito cesareo aveva perduto nel giorno stesso dell'assalto il suo capo, il duca di Borbone, ferito mortalmente di una archibugiata in una coscia. Per questo avvenimento, il disordine naturale e costante in quel campo di venturieri era cresciuto. Presa la città, incominciato il saccheggiamento, quella massa di malandrini non aveva più forma alcuna d'esercito; per ciò stesso accresciuti gli effetti della peste, che desolava il campo e la città, quelle masnade erano ridotte a un pugno d'uomini, disperati se si vuole, ma pochi. Non pertanto il duca d'Urbino con venti mila uomini di buone truppe si teneva spettatore indifferente di quella rovina, e i Fiorentini inclinavano, come vediamo a un'accordo. Parrebbe dissi inesplicabile, se dall'un lato non si scuoprisse in Francesco Maria il desiderio di vendicarsi di un papa Medicco sopra un papa Mediceo, e dall'altro non apparisse evidente che i Fiorentini vedevano il perseverare nella lega tornare a beneficio ancora del papa, e riprodursi per tal modo il pericolo d'avere un giorno nuovamente a temere della potenza di lui; effetto al quale avrebbero volentieri anteposto ogn'altro lor danno, come il Foscaro, seguitando, avverte molto sensatamente.

dal primo secretario, di non esser mai contro alla Chiesa Romana, nè contro alla corona di Francia, e di conservare e difendere e mantenere la parte guelfa in Firenze; e così giurano li capitani di parte. Conchiudo che per l'ordinario e naturalmente li signori Fiorentini sono Francesi, e sempre saranno con loro, se gran causa, o gran necessità non li astringerà in contrario.

Col re d'Inghilterra non avevano commercio di stato; ma di poi che sono nella lega hanno mandato ambasciatore a quel serenissimo re per intertenersi con lui.

2

Col serenissimo re Ferdinando non hanno alcun commercio.

3

Gol duca di Ferrara s' intertengono con ottima amicizia, per ogni caso d' avere a far col pontefice 4.

Col marchese di Mantova non s' intendono bene, perchè lo reputano pallesco, cioè amico del papa, e per questa causa, mutato lo stato, gli fu grato avere occasione di lasciar la condotta che aveva con la repubblica fiorentina 5.

Coi Senesi sono naturali nemici, ma perchè quelli si reputano anche più offesi dalla casa de' Medici che dai Fiorentini, erano in qualche pratica di pace, avendo fatta sospensione d'armi fra loro in voce, e la servavano, e i Fiorentini facevano ogni cosa per star bene con

1 Enrico VIH.

Il re de' Romani, fratello di Carlo V.

3 Alfonso I.

4 il lettore rammenta le controversie che correvano tra la casa d'Este e il pontefice pel dominio di Modena e Reggio, controversie che nel 1530 Carlo V decise poi a vantaggio di quella.

5 Come è detto a pag. 30.

loro, sì per ogni altra causa, si per aver dei grani, dei quali i Senesi hanno assai e i Fiorentini mancano. '

Verso la serenità vostra poi non mi è parso vedere buona amicizia nè amorevolezza, imperocchè ad ogni modo pare che ci sia qualche emulazione, come suol essere inter partes et etiam inter æquales; e questo mi è parso comprendere si nel primo stato dei Medici, che in questo secondo: e ciò perchè ne temono assai. E mi disse uno di loro che temono noi più degli altri principi, perchè (diceva egli) l'imperatore e Francia sono uccelli che volano per l'Italia, e non possono posarvi il piede stabilmente, ma le signorie vostre stanno qui in Italia, ed intendono bene il modo del governare; e se elleno avessero il piede in Toscana, così come avevano speranza di uscire dalle mani dell' imperatore e di Francia, quando le genti loro fossero levate di Toscana, non spererebbero levare il collo dal nostro giogo. Poi è da considerare che sono mercanti, e vivono di quel cibo che viviamo noi; il che genera odio. Sono inoltre anche loro in repubblica, ed hanno invidia a vedere la nostra in tanta grandezza e potenza, e la loro in tanta bassezza. E mi fu riferito che un messer Matteo Niccolini dottore, quando s' oppugnava Cremona dal duca d'Urbino 3, parlandosi che si sperava d'averla 4, essendogli domandato di

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5 Ma benchè i Senesi affermassero di voler correre la medesima for« tuna, nel vero, come si vedde poi, o per odio antico contra i Fiorentini, o « per la diversità delle parti, essendo i Senesi naturalmente tanto Ghibel« lini e più, quanto i Fiorentini Guelfi, avevano l'animo direttamente alle « parole contrario. » Varchi. L. VI.

2 Molto parziale dei Medici, come si dice più sotto: di lui in diversi luoghi ragiona il Varchi.

3 Nel 1526.

4 Come si ebbe.

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