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non volevano fare questa palese dimostrazione d'offesa alli Cesarei, ed erano deliberati di lasciarlo passare; il quale già aveva modo, se avesse voluto, di andare a Siena, e di lì al campo cesareo, senza passare per il nostro campo nè dei Francesi. E credo che fu il signore Iddio che m'inspirò ad usare così in beneficio di questo eccellentissimo dominio.

La sublimità vostra, serenissimo principe, per le cose dette può estimare, ed anche non estimar molto la repubblica fiorentina. La può stimare assai per essere città forte, ed in regione fortissima, che mal può essere offesa, e di dove può facilmente offendere altri: ed appresso per avere assai modo di ritrovar denari, essendo quei cittadini parchi, industriosi, e pronti a pagar le gravezze, ed avere stato di sorte che si ponno fare molti e buoni fanti, massime in una parte di esso. Ma all'incontro è da stimare non molto quella repubblica, per essere divisi li cittadini e discordi e molto facili a mutare il governo, e timidi per natura, ed anche per causa dei loro palazzi che sono fuori della città, come è detto sopra. Pertanto si può estimare quella repubblica secondo le occorrenze, ed usare dell'opera di quella fino a che se n'ha bisogno, governandosi per giornata, secondo succederanno le cose, come s'è fatto al presente, che l'amicizia di Firenze è stata finalmente il mezzo di preservare questo stato illeso: perchè come avessero li Cesarei il transito per Toscana e denari da Firenze, non avendo altri nemici che noi in Italia, senza dubbio verriano contro di noi, e con le genti sopra il nostro stato e la confederazione ed unione che hanno avuta le signorie vostre con Firenze è stata causa d'intrattenerli.

Per le quali cose è altresì da ringraziare nostro si

gnor Iddio che io, ancorchè sia umile e debole istrumento, et qui sum vermis et non homo', nondimeno sia stato causa e mediatore di detta unione; come non si può negare che, per suprema bontà di nostro signore Iddio, io sia stato causa di molto bene in questa repubblica, e che questo piccolo arboscello abbia prodotto ottimi frutti, e nelli magistrati che ho avuti in questa città sì di avogadore straordinario in conservare i nostri denari, che andavano in perdizione, e d'avogadore ordinario in servare la giustizia, e così di censore e savio di terraferma in governare con sincerità questo stato (come sa ognuno) per quanto ho saputo: e in Roma in mantenere sempre il pontefice disposto alle voglie nostre, nonostante che per necessità due fiate venisse a patti con Cesare, poichè subito dopo s'intendeva con noi; ed in farci avere sei decime dal clero, che ci hanno dato più di centoquaranta mila scudi; e beneficj sopra alla chiesa di san Marco senza spesa di bolle, e risparmi di dazj sulle tratte dei nostri frumenti per più di sei mila scudi; ed in avere operato che sua santità, ancorchè fosse risoluta di contentarsi che fosse posto Borbone nello stato di Milano, col qual partito Cesare si saria accomodato con lei, rivocasse l'ordine, per lo che l'imperatore fu astretto di concordarsi col re cristianissimo, con altre infinite buone opere; e poi in questa legazione avendo intrattenuta la repubblica di Firenze con noi, lo che ci ha salvati come sopra ho detto. Le quali operazioni, li quali frutti sono proceduti da questo piccolo, umile e basso arboscello, non già per alcuna mia virtù che alcuna in me

Questa vile umiliazione cuopre male l'orgoglio che si dimostra da quanto segue. Questo paragrafo, quantunque in certo modo estraneo alla materia della Relazione, mi è parso caratteristico e degno di essere conservato.

non è, ma perchè così vuole quei che la dà, perchè da lui si chiami '; perchè con questo mezzo il signor Iddio vuole che si conosca che ogni bene non viene da virtù nè da valore degli uomini, ma solo da sua divina maestà. E questo ho voluto dire non già per jattanza; ma perchè si conosca che un piccolo cittadino può essere qualche fiata utile alla sua patria, e il quale in un punto con l'opinione e ricordi suoi la può salvare: e però diceva quel grande Scipione Africano: Malleo unum civem servare, quam mille hostes perdere; perchè in un punto, come sopra ho detto, un cittadino può salvare uno stato.

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Oraio per me richiedo una sola grazia alle signorie vostre eccellentissime, la quale non è tanto per util mio quanto per util vostro; quale è che le signorie vostre si degnino ormai lasciarmi riposare, perchè jam in gravi sum ætate e sono entrato negli anni della senettù 3: e sono alquanto aggravato di capo, son valetudinario che patisco doglia di fianco, son di natura debole e delicata, ed invero sono al tutto inutile, ed è impossibile ch'io mi possa più partire di casa. Io non dico già questo perchè io desideri godere li nostri magistrati, alli quali oltrechè per la mia insufficienza io non sarei ammesso, mi è altresì di impedimento la parentela che ho col serenissimo principe 4. E nè anche faccio per stare in ozio, perchè

Dante, Purgatorio c. VII.

• Tralascio un lungo discorso che l'oratore fa del suo secretario Daniello de' Ludovici, il quale egli raccomanda al senato con ogni sorta di lode, concludendo che se non lo mandano a combattere contro gli orsi e i leoni, non sa qual altra prova del di lui zelo resti ancora a richiedersi.

3 Astratto di Sene; Vecchiezza. Non è senza esempio negli scrittori del buon tempo.

4 Marco Foscari nasceva da una Gritti; e abbiamo detto a principio, che doge al tempo di questa Relazione era Audrea Gritti.

l'ozio m'è nemico, ma solo perchè la necessità ed impotenza mia così mi stringe: e da undici anni in quà tutti li carichi che ho avuti, gli ho avuti contro la volontà mia e per forza; perchè, come sanno le signorie vostre, io sono stato due volte censore per forza e con pena, a Roma all' ubbidienza di papa Adriano per forza, e di poi balottato con altri cinque che vennero a papa Adriafui eletto per forza a far residenza in Roma. Venuto qui, subito fui mandato a Firenze, che era in tumulto ed in armi, medesimamente per forza e con pena. Ma in questi carichi che oramai più non posso sopportare, prego le signorie vostre eccellentissime che m'abbiano rispetto e pietà, e mi concedano di conchiudere con Cicerone:

no,

« Polliceor ego vobis omne studium meum, et ope<< ra sine ulla exceptione aut laboris, aut occupationis, « aut temporis, cum hac exceptione tantum quantum « valeam quantumque possim ».

・ Credo però che malgrado questo vivo desiderio di riposo fosse poi dalla repubblica deputato ad altre ambascierie. Ciò non chiarisce il Litta coll'usata diligenza, il quale sembra distinguere in due personaggi diversi l'autore della presente Relazione, e farlo in un medesimo tempo appartenere a due diversi rami della famiglia dei Foscari. Mi spiego.

Trovo nel Litta la famiglia Foscari distinta in due rami: l'uno, il primogenito, denominato di San Pantalon, tuttora esistente; l'altro, di San Simon Piccolo, estinto. Nel 1.0 leggo MARCO di Niccolò « senatore « dei più stimati per il suo amore di patria, per la sua saviezza, e per la « sua facoudia . . . . . Nel 1522 fu uno degli ambasciatori a Adriano VI « per congratularsi della sua elevazione al pontificato. Nel 1524 fu oratore « presso Clemente VII e nel 1526 presso i Fiorentini. Fu nello stesso anno « provveditore in Brescia, e nel 1527 provveditore dell'esercito. Tre volte fu ambasciatore a Carlo V, nel 1530 a Mantova, nel 1532 per incontrarlo « alle frontiere del Friuli mentre ritornava in Italia, nel 1535 a Napoli « per congratularsi delle vittorie da lui riportate sulle coste d'Africa. Nel « 1536 savio del consiglio. Nel 23.o tomo dell'opera Delizie degli eruditi « toscani ec. s'hanno i Discorsi tratti dalla relazione di Firenze del

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ciaris. m. Marco Foscari, e nella Magliabechiana si legge inedita un'altra sua relazione secreta intorno le cose di Firenze. »

Nel 2.o ramo leggo, Marco di Giovanni « Uno degli ambasciatori spedi« ti dalla repubblica a Clemente VII nel 1523 per congratularsi della sua « esaltazione. Fu eletto nel 1526 oratore ai Fiorentini, onde indurli a vive«re in concordia colla casa Medici, nel che non fu ascoltato, poichè poco a dopo si ribellarono (a). Fu degli ambasciatori spediti a Carlo V nel 1532 « e nel 1535. Savio del consiglio, morì nel 1551. »

Pei titoli e le date delle legazioni ogniuno a prima giunta si accorge che necessariamente furono sostenute da un solo e medesimo individuo. Solo rimarrebbe a schiarirsi a quale dei due si debbano attribuire, se al Marco di San Pantalon o al Marco di San Simon Piccolo. Ma anche questo dubbio è subito risoluto (almeno per le legazioni di Roma e di Firenze) dal leggersi nella presente Relazione che l'oratore fosse impedito da certi tali carichi della repubblica pel suo vincolo di parentela col doge Andrea Gritti; avvegnachè il Litta ci dà appunto il Marco di San Simon Piccolo nato di una Gritti, con che risolve intorno questo punto la quistione: la quale resterebbe pure risoluta nel medesimo senso dove fosse vero il carico di provveditore in Brescia ch'egli accenna conferito al Marco di San Pantalon nel 1526, perchè di questo il Foscaro, nell'elenco offerto sul fine della sua relazione dei carichi da lui sostenuti, non fa menzione, anzi dice che ritornato dalla legazione di Roma fu subito mandato a Firenze.

Quanto poi alle altre legazioni, inclino a credere (e a ciò alludevo in principio di questa nota) che queste pure debbansi riferire al medesimo, dal non trovare nel Paruta, diligentissimo storico, alcun rilievo il quale ingeneri il dubbio che il Foscari spedito a Carlo V fosse persona diversa da quella di questo nome che fu alle legazioni di Roma e di Firenze. E ciò valga soltanto per le legazioni del 32 e del 35; avvegnachè nè il Paruta nè altri accenni d'alcuna ambascieria e conseguentemente di alcun Foscaro spedito nel 30 a Mantova nel passaggio dell' imperatore per quella città; legazione la quale per vero non avrebbe ragion sufficiente dallo stato dei negozj tra la republica e lui, che già erano conclusi in Bologna: ed essendo appresso Cesare ambasciatore ordinario della repubblica il Tiepolo (b), ognuno avverte di leggieri come non fosse luogo in quella circostanza ad altre dimostrazioni d'onore, che quelle appunto che il Paruta accenna imposte alle autorità locali delle provincie veneziane limitrofe.

Del resto se veramente vissero contemporanei questi due Foscari del medesimo nome, forse a quello di San Simon Piccolo voglionsi riferire le legazioni tutte delle quali abbiamo fatto parola, ed all'altro gl'incarichi di

(a) Il fine della legazione non fu veramente questo, ma sibbene di mantenere i Fiorentini nella lega, come dicono il Paruta ed il Cambi, e come noi abbiamo indicato nell' Avvertimento.

(b) Vedi l'avvertimento alla Relazione del Tiepolo v. 4.o pag. 32.

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