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momento uccisa da quegli assassini; ma l'infinita misericordia di Dio le volle dar soccorso, e le mandò incontro l'Angelo suo, lucente come una stella, e splendentissimo sopra tutte creature. Dopo parecchi e reciproci complimenti, e dopo averla l'Angelo dolcemente rampognata, tra le diverse cose le disse: Adunque seguitami, acciocchè ti mostri tenerti a mente e riducere a memoria, imperciocchè tu dèi ritornare al tuo corpo. I Diavoli, che vidersi tolta la preda dall' unghia, con male parole scagliaronsi contro Dio, accusandolo d'ingiusto e di bizzarro: rissando quindi tra loro, reciprocamente ferironsi; a Tantalo in fine rivoltaron le terga. Allora l'Angiolo avanti, e l'anima dopo, che temeva ancor di que' Diavoli neri, entrano per una valle terribile e tenebrosa, e coperta di caligine di morte, profondissima et piena di carboni affuocati, et di sopra era un coperchio di ferro fatto a modo di una gradella..... et sopra questa sedea grande moltitudine di Demonj che tormentavano grande quantità di anime, le quali frigevano come el lardo ne la friscora, ed ancora peggio, che così fritte colavano giuso per questa gradella e cascavano giuso ec. Ecco ai lessi di Dante, Inf. c. XXI, alle carni cotte di Alberico, §. 17, aggiunta una nuova diabolica'vivanda, che non sappiamo se fritto in padella o pur rosto in graticola s'abbia a chiamare. Questi erano omicidiari di padre e madre e di fratelli. Lasciam da banda altre piccole coserelle, come cani rabbiosi, folti boschi di alberi pungenti, e passiam'olIn quella cava stretta da l'una parte de la via del monte era fuoco di zolfo puzzolente et tenebroso; da l'altra parte era neve agghiacciata con granelle, Grandine grossa, e acqua tinta e neve

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» Per l'aer tenebroso si riversa:

Dante Inf. c. VI, v. 10. e seg.

et vento orribile, et era questo vento apparecchiato a

premere le anime.

» La bufera infernal, che mai non resta,
» Mena gli spirti con la sua rapina;

» Voltando e percotendo gli molesta ec.

Dante Inf. c. V, v. 31 e segg.

del che pure vedi Alberico, §. 13.

Abbiamo anche nel nostro Tantalo la valle oscura, che nel fondo non si potea vedere; e non manca quel ponte che vide il Monaco (§. 17.): Passavali sotto un fiume di zolfo bollente.... ed era lungo ben mille passi. Alcuna anima, che non fosse eletta a vita eterna, non potea passare. Et qui dentro vidi cascare molte anime, che alcuna non ne scampava ec. ec.

V'ha di peggio! Vidi, dice Tantalo, una bestia molto terribile da vedere, formata di grandezza che avanzava tutti li monti che aveva veduto: erano gli occhi suoi affuocati, che pareano simili a lei; la bocca sua era larga, et tenevala sempre aperta, ne la quale a mio parere dovrebbe starvi bene nove milia uomini armati .... et da quella bocca usciva grande fiamma, la quale parea che andasse in sino al cielo: in quella fiamma et bocca erano costrette entrare le anime che si dovevano dannale anime erano cruciate in lo ventre de la bestia..... Et era dinanzi alla bestia grandissima moltitudine di Demonj, che costringevano l'anime ad intrare in quella bocca. Vedi Alberico, cap. IX, nè ti saziar di osservarlo, o lettore. Ma ecco che Tantalo imbatte in altra bestia più desmesurata et più crudele, la quale avea due piedi. ....e per lo becco de ferro gittava foco. Sedeva sopra un lago tutto appreso de ghiazzo.... E quindi, cap. XLVIII, un'altra ne trova, cioè Lucifero in carne e in ossa, cioè quello Demonio principe dell'

re....

Inferno, pessimo inimico di Dio e de l'umana natura, la quale avanzava per grandezza senza comparazione tutte le bestie che vidi mai; dinanzi la cui grandezza non sapea simigliare a questa alcuna ch'io avessi mai veduta innanzi, ma in quello loco ch' io vidi, E VIDI GIA' SCRIVERE AD ALTRI: notar si deon bene queste parole, abbenchè non troppo dritte di sintassi.

Dunque non fu primo Tantalo a dar contezza al mòndo di quella brutta bestiaccia! Ma che serve andare in cerca del primo e del secondo (1)? Alberico con men parole disse (§.9.): infinitae magnitudinis. Seguitiamo Tantalo: avea forma di corpo umano dal capo insino a li piedi, salvo che 'l aveva cento mani, ed erano lunghe cento palmi. È da osservarsi che Dante, Inf. canto XXXIV, v. 38, dice Lucifero con tre facce, cioè simile nel viso a Gerione; Tantalo lo rassomiglia a Briareo: gigante però sempre egli è, siccome tutti tre si accordano a riferirne; anzi: » E più con un gigante i' mi convegno, » Che i giganti non fan con le sue braccia:

Inf. c. XXXIV, v. 3o. e seg. Siegue Tantalo (ibid.): E intorno quello horribile stava grande moltitudine d'anime et de demonii, ch'alcuna persona de questo mondo non lo poteria mai credere ch'el mondo avesse mai producto tante anime. Era ancora tutto quello inimico de Dio ligato per tucte le membra con cathene di ferro molto affocate di foco....ct quando ha piene le mani le stringe et spremesele in bocquando ha come fa el vino de l'uva, è sì grande la sua percossa delle mani, che non è alcuna anima che possa scampare, ch'ella non abbia

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sete: et

(1) In quanto al Lucifero che si rammenta nel Meschino, ed altre cose d'Inferno del medesimo, vedi la Lettera precedente di M. Bottari, pag. 139 e segg.

mozzo il capo e le mane e li piedi; et allora quasi sospirando soffia, et sparge tutte quell'anime in diverse parti del fuoco infernale .... et poi, retirando el fiato, ritornavano a se tutte quelle anime, che havea sparte suspirando ec.

Questa è pur bella! Lucifero di Dante ha fame, e macina i peccatori co'denti; Lucifero di Tantalo ha sete, e premesi il sugo dell'anime in bocca: quello però del Monaco e del Cavaliere godea di particolar prerogativa, cioè d'inspirare le anime come mosche, e di espirale infiammate come faville. Dante non ha ciò detto; ma egli lavorava d'assai più in grande. Quanto però la seguente terzina dell'Alighieri:

» A quel dinanzi il mordere era nulla

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Verso 'l graffiar, che tal volta la schiena

» Rimanea della pelle tutta brulla.

Inf. c. XXXIV, v 58 e segg.

somigli alla descrizione delle anime malconcie dal Lucifero di Tantalo, se n'avvedranno tutti coloro che non il plagio in Dante, ma l'originalità per ogni dove ravvisano. Tormentavansi da questo animale (Tant. ibid.) coloro che rinegano Dio, li falsi cristiani omicidiali et assassini, e discordi impazzatori di pace, falzarj et ingannatori, ebri, adulteri, ruffiani, superbi, arroganti, vanagloriosi, invidiosi... quelli che amano li figliuoli, li parenti, et lo mondo più che Dio, et che falsamente s'appropriano 'l nome di Dio... . et brevemente tucti coloro che muoiono senza vera contrizione in colpa di peccato mortale. Non so dunque perchè altre sorta di tormenti per diverse classi di peccatori avea prima vedute? Ripiglia quindi (e ciò pure è da osservarsi con attenzione): Tucti questi tormenti son per prelati e guidatori dei popoli, quali vanno cercando e procacciando le signorie e grandi

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onori del mondo, e benefici o per cupidità, o per po* tere fare danno ad altrui, et non per pura intenzione del nome di Dio. et ancora coloro che procacciano la prelazione per simonia, o per lusinghe, o per minaccie, o per qualunque modo illecito, o ch'elli non siano degni, o che si reputano d'avere per sua bontate.... et coloro che giudicano falsamente per amore. o per doni, o per difetto di scienza .. et chi vendono il Sacramento della Chiesa, et chi dice Messa per pecunia . . . . et chi le rendite della Chiesa non spendono in cose lecite, e non le distribuiscono a poveri di cui sono. O SIMON MAGO, O MISERI SEGUACI, ecco gride ranno molti; eccolo tal quale, ed ecco i versi 79 e segg. del canto XIX dell' Inferno; ecco il §. 26 di Alberico; e così pure griderebbero a molti passi di detta Visione di Tɛntalo, se noi qui ne recassimo altri, chè infiniti ve ne sarebbero, ma che i curiosi potranno osservare nell'Opera e luogo di sopra citato.

Ma nè Alberico da Tantalo, nè da Alberico Dante avean bisogno di tor queste idee: erano de' tempi. Se però desse eran giuste, lasciam che lo decidano i lettori. E lo stesso noi ripetiamo di tutti i passi testè riportati, e di altri che aggiunger potremmo, esaminando principalmente il Paradiso di tutti e tre. Speriam nulladimeno che quanti osserveranno i tre diversi scritti, converran con noi che Tantalo fu più stravagante di Alberico, nè questo però più ignorante di quello; Dante poi, vissuto in tempi più vicini a noi, dotto, anzi dottissimo delle stravaganze de' tempi del primo, corroborate dalla ignoranza de'giorni del secondo, si valse quanto potè per servire al suo fine, non cessando anch'egli di esser bizzarro e capriccioso; chè se tale però non era, sarebbe stato dal volgo del trecento creduto incredulo o pazzo.

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