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stesso? Egli che non ha mai accennato neppure lontanamente alla irrealtà di Beatrice, insiste invece su quella della donna gentile, quasi volesse contrapporre le due figure, l'una vera ed umana, l'altra immaginaria. Ma costoro dimenticano una cosa, che nella Vita Nuova l'amore per la donna gentile ha tutti i caratteri d'un amore sensibile, è appetito del cuore, è «<malvagio desiderio », è «< vana tentazione», è passione, di cui il poeta si biasima e condanna, ritenendosi «per vile assai », e «< più volte bestemmiando la vanità degli occhi suoi », che si compiacciono troppo in mirare i vivi sembianti, mentre non dovrebbero mai dimenticare la morta Beatrice:

Voi non dovreste mai se non per morte,
La vostra donna, ch'è morta, obliare;

è, infine, un «< avversario della ragione », combattuto per ciò dall'amore, a dir così, razionale per Beatrice, che finisce col trionfare. Nel Convivio l'amore per la donna gentile ha questi caratteri? E tutto il contrario, anzi: è amore razionale, « virtuosissimo », « virtù celestiale », addirittura, che piove dalle intelligenze motrici del terzo cielo: l'amore di Beatrice che nella Vita Nuova trionfa, nel Convivio finisce col soc

1) Vita Nuova, XXXVII-XL.

combere; e ben soccombe, perchè, per quanto angelicato, c'è ancora in esso un residuo di umano e sensibile che parla al cuore:

Solea esser vita dello cor dolente
Un soave pensier, che se ne gìa
Molte fïate a' piè del vostro Sire;
Ove una donna glorïar vedia,
Di cui parlava a me sì dolcemente,
Che l'anima diceva: i' men vo' gire.
Or apparisce chi lo fa fuggire;

E signoreggia me di tal virtute,

Che'l cor ne trema sì, che fuori appare. 1)

E c'è anche un'altra cosa che costoro dimenticano. La canzone del Convivio: Voi che, intendendo, il terzo ciel movete, in cui il poeta esprime il contrasto fra l'amore per la filosofia e quello per Beatrice, quale diversità d'ispirazione e di sentimento presenta, se si confronti coi cinque sonetti della Vita Nuova, che hanno a soggetto la donna gentile, e in cui sarebbe espresso lo stesso contrasto, secondo l'ipotesi! Da una parte, c'è sovrattutto l'intelletto speculativo; dall'altra, il cuore appassionato; da una parte, il cervello che freddamente ragiona; dall'altra, la natura umana che ride e piange, si turba e si rasserena.

Del resto, qual meraviglia che dalla realtà della Vita Nuova si passasse a mano a mano al simbolo del Convivio? La stessa Vita

1) Conv., II, « Voi che, intendendo, il terzo ciel movete ».

Nuova, pur nel suo fondamento reale, ha un carattere morale e mistico e ci offre l'esempio di simile passaggio. Beatrice vi si trasumana sempre più, vi acquista un significato sempre più alto e spirituale, vi diventa come la vivente incarnazione di tutte le perfezioni; dalla realtà il poeta sale a mano a mano fino alla contemplazione della bellezza ideale, e questa rappresenta come vive ed opera nella sua fantasia. Perchè, se la Beatrice andava idealizzandosi sempre più, fino a diventare come evanescente e a perdere i tratti distintivi della persona e a trasformarsi addirittura, dopo morta, in un'intelligenza angelica «<nel ciel dell'umiltate, ov'è Maria » ;) perchè non dovea succedere altrettanto della donna gentile? Anche questa si trasumanò infatti nella mente del poeta, e assunse a poco a poco il significato d'un simbolo; quantunque ciò avvenisse nel Convivio, non nella Vita Nuova, dove ella ha, invece, come si diceva, tutti i caratteri della realtà.

1) Cfr., in Vita Nuova, specialmente i due sonetti XVIII e XXV: « Era venuta nella mente mia », « Oltre la sfera che più larga gira ».

V.

E con questa trasfigurazione della donna gentile, avvenuta nel Convivio, il poeta mirava a un doppio intento. Anzitutto a togliere il biasimo in cui era caduto, o temeva d'esser caduto, per la celerità con cui dall'amor di Beatrice era passato ad altro amore: quando si fosse saputo di che natura fosse l'amore che l'avea mutato, e che non trattavasi di «< sensibile dilettazione »>, non biasimo avrebbe raccolto, sicuramente. «< Dico che pensai che da molti di retro da me forse sarei stato ripreso di levezza d'animo, udendo me essere dal primo amore mutato. Per che, a torre via questa riprensione, nullo migliore argomento era, che dire qual era quella donna che m'avea mutato »>:) << dissi amore ragionare nella mente, per dare ad intendere che questo amore era quello che in quella nobilissima natura nasce, cioè di veritade e di vertude, e per iscludere ogni falsa opinione da me, per la quale fosse sospicato lo mio amore essere per sensibile dilettazione ». 2) La speciale condizione d'animo, in cui Dante scri2) Conv., III, 3.

1) Conv, III, 1.

veva il Convivio, molto tempo dopo la Vita Nuova, dovea fargli deplorare di essere stato troppo proclive agli amori, e desiderare quindi di giustificare in qualche modo il suo libello giovanile, che poteva essere accusato di leggerezza e di troppo calore e passione, ma a cui in realtà egli <«< non intendeva derogare in parte alcuna ». << E se nella presente opera, la quale è Convivio nominata e vo' che sia, più virilmente si trattasse che nella Vita Nuova, non intendo però a quella in parte alcuna derogare, ma maggiormente giovare per questa quella; veggendo sì come ragionevolmente quella fervida e passionata, questa temperata e virile essere conviene. Chè altro si conviene e dire et operare a una etade, che ad altra; per che certi costumi sono idonei e laudabili a una etade, che sono sconci e biasimevoli ad altra.... Et io in quella dinanzi all'entrata di mia gioventute parlai, et in questa dipoi quella già trapassata ». 1)

1) Conv., I, 1. Cfr. anche Conv. I, 2: « Temo la infamia in tanta passione avere seguita... La quale infamia si cessa per lo presente di me parlare interamente; lo quale mostra che non passione, ma virtù sia stata la movente cagione. Intendo anche mostrare la vera sentenzia che per alcuno vedere non si può s'io non la conto, perchè è nascosta sotto figura d'allegoria ». Cfr. pure Conv. I, 4, in fine, e II, 16, in fine: « Dico et affermo che la donna, di cui io innamorai appresso lo primo amore, fu la bellissima ed onestissima figlia dello Imperatore dell'universo, alla quale Pitagora pose nome filosofia ».

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