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I.

Dopo la morte di Beatrice, Dante, a conforto e sfogo dell'animo, s'era dato allo studio della filosofia e tanto era stato preso d'amore per questa, da dimenticare affatto ogni altro pensiero. « Come per me fu perduto >> così egli scrive nel Convivio) «< il primo diletto della mia anima, io rimasi di tanta tristizia punto, che alcuno conforto non mi valea. Tuttavia, dopo alquanto tempo, la mia mente, che s'argomentava di sanare, provvide (poichè nè il mio, nè l'altrui consolare valea) ritornare al modo che alcuno sconsolato avea tenuto a consolarsi. E misimi a leggere quello, non conosciuto da molti, libro di Boezio, nel quale, cattivo e discacciato, consolato s'avea ». E insieme a quello, e allo stesso scopo, legge il De

1) II, 13.

Amicitia di Cicerone, che « tocca parole della consolazione di Lelio, nella morte di Scipione amico suo». In questi libri, « siccome esser suole», egli continua, «< che l'uomo va cercando argento e fuori della intenzione trova oro,... io che cercava consolare me, trovai non solamente alle mie lagrime rimedio, ma vocaboli d'autori e di scienze e di libri: li quali considerando, giudicava bene che la filosofia, che era donna di questi autori, di queste scienze e di questi libri, fosse somma cosa. Et immaginava lei fatta come una donna gentile; e non la potea immaginare in atto alcuno, se non misericordioso; per che sì volentieri lo senso di vero l'ammirava, che appena lo potea volgere da quella. E da questo immaginare cominciai ad andare là ov'ella si dimostrava veracemente, cioè nelle scuole de' religiosi et alle disputazioni de' filosofanti; sicchè in picciol tempo, forse di trenta mesi, cominciai tanto a sentire della sua dolcezza, che il suo amore cacciava e distruggeva ogni altro pensiero.... Questa donna fu figlia d'Iddio, regina di tutto, nobilissima e bellissima filosofia »>.

E d'ora in poi gli studi di filosofia accompagnano il poeta, sempre, dovunque, e ben lungi dal compiersi in quei trenta mesi, di cui egli parla, non hanno mai termine nella sua attività, alla quale, anzi, danno un no

vello indirizzo ; il sapere diviene quasi il fine della sua vita. Dante acquista una conoscenza larghissima dei più grandi filosofi e teologi conosciuti allora; nè v'ha problema filosofico o teologico e, in generale, scientifico, che non l'interessi e non tenti la sua mente, dalla nozione del mondo fisico alla pura speculazione della divinità, dalle macchie lunari agli alti misteri dell'incarnazione e della trinità. Dante però è sovrattutto il poeta, e non divenne mai, nè poteva divenire, un pensatore e un ricercatore astratto, un filosofo e un teologo in tutta regola, che si compiacesse solo di argomentazioni dialettiche; meno ancora un mistico, che nella contemplazione estatica cercasse l'oblio del mondo reale; i suoi studi di filosofia non traviarono, nè arrestarono il particolare svolgimento del suo spirito materiato, a dir così, di poesia; lo promossero, anzi, e lo nutrirono; e l'uomo, nutrito per tal modo del pane della scienza, non fu diverso da quello che era apparso nelle prime liriche, poeta, sovrattutto poeta: già nelle stesse due opere di Boezio e di Cicerone, fu notato acutamente, la filosofia si presenta nell'abito dell'eloquenza e della poesia, proprio come la ritroviamo poi in Dante, segnata dell'impronta del suo genio. 1)

1) Zingarelli, Dante, Milano, Vallardi, p. 133.

II.

E che la filosofia dovesse subito in Dante vestire l'abito della poesia e, in ogni modo, non disgiungersi da lei, è prova la singolare figurazione sua sotto la forma di una donna gentile, che in atto misericordioso allevia le pene del poeta. Fu discusso molto sulla donna gentile della Vita Nuova e questa donna gentile del Convivio. Certo è che non sono la stessa cosa. La donna gentile della Vita Nuova è una donna reale, « una donna giovane e bella molto », la quale da una finestra riguarda il poeta « molto pensoso e con dolorosi pensamenti », per la morte di Beatrice, tanto pietosamente che <<< tutta la pietade pare in lei accolta »; e il poeta ne è scosso, e pensa che «non può essere che in quella pietosa donna non sia nobilissimo amore » ;) e i suoi occhi si cominciano a «< dilettare troppo di vederla », 2) e, insomma, finisce coll'innamorarsi e trovare come tregua al vecchio amore nell'amore nuovo. «Questa è una donna gentile, bella, giovane e savia, ed apparita forse

1) Vita Nuova, XXXV.
2) Vita Nuova, XXXVII.

per volontà d'amore, acciocchè la mia vita.

si riposi >> ;1)

O anima pensosa,

Questi è uno spiritel novo d'Amore,
Che reca innanzi a me li suoi desiri;
E la sua vita, e tutto il suo valore,
Mosse dagli occhi di quella pietosa,
Che si turbava de' nostri martiri. 2)

Ma l'amore nuovo è appena un episodio fuggevole nella vita di Dante. Il cuore, è vero, con certi suoi sofismi (perchè anche il cuore ha sofismi e che sofismi!) vorrebbe persuadergli che, poichè «è stato in tanta tribulazione d'amore », è giusto che si ritragga << da tanta amaritudine »; e, d'altra parte, è così soave il nuovo amore! « Tu vedi che questo è uno spiramento, che ne reca li desiri d'Amore dinanzi, ed è mosso da così gentil parte, com'è quella degli occhi della donna, che tanto pietosa ti si è mostrata ». Pure Dante resiste: « Deh che pensiero è questo, che in così vile modo mi vuol consolare, e non mi lascia quasi altro pensare! » 3) E l'immagine di Beatrice risorge e il suo cuore «< comincia dolorosamente a pentirsi del desiderio, a cui così vilmente s'avea lasciato possedere alquanti dì contro la costanzia de la ragione »; Bea

1) Vita Nuova, XXXVIII.

2) Vita Nuova, XXXVIII, Sonetto XXII. 3) Vita Nuova, XXXVIII.

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