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Perchè l'anima mia fu sì smarrita ;
Che sospirando dicea nel pensiero :
Ben converrà, che la mia douna mora.
Io presi tanto smarrimento allora ;
Ch'io chiusi gli occhj vilmente gravati ;
E furon sì smagati1

Gli spirti miei, che ciascun giva errando :
E poscia immaginando,

Di conoscenza, e di verità fora,

Visi di donne m'apparver crucciati,

Che mi dicien Se' morto: pur morrati.2
Po' vidi cose' dubitose molto
Nel vano immaginare, ov' io entrai:
Ed esser mi parea, non so in qual loco,
E veder doune andar per via disciolte,
Qual lagrimando, e qual traendo guai;

1

Smagati, confusi, smarriti. 2 Se' morto, pur mor

rati, al. morrati, morrati, cioè, anche tu morirai. 3 Poi vidi cose, ec. Continuando la sua frenesia, gli parve veder donne scapigliate andar piangendo, il Sole oscurato, e le stelle di colore che facean giudicare che piangessero, e che un suo amico gli desse la ne vella della morte della sua Beatrice.

Che di tristizia saettavan foco.
Poi mi parve vedere appoco appoco
Turbar lo Sole, ed apparir la stella,
E pianger egli, ed ella ;

Cader gli augelli, volando per l' a're;
E la terra tremare :

E uom m'apparve scolorito, e fioco,
Dicendomi : Che fai? non sai novella?
Morta è la donna tua, ch' era sì bella.
Levava gli occhj2 miei bagnati in pianti,
E vedea, che parean pioggia di manna
Gli Angeli, che tornavan suso in Cielo:
Ed una nuvoletta avean davanti,
Dopo la qual gridavan tutti: Osanna 1;
E s'altro avesser detto, a voi dirielo,
Allor diceva Amor: più non ti celo ;

1 Osanna, voce ebraica, ed è formola solenne di con⚫ gratulazione e di acclamazione.

2 Levava gli occhj, ec. A questa trista nuova alzò gli occhj bagnati al cielo e vide moltitudine d' Angeli, con nuvoletta bianca innanzi, cantare Osanna, senz' altro. Condussesi egli a veder il suo cadavere, che le donne coprivan d' un bianco velo.

Vieni a veder nostra donna, che giace.
L'immaginar fallace

Mi condusse a veder mia donna morta.
E quando l' avea scorta,

Vedea, che donne la covrian d' un velo;
Ed avea seco una umiltà verace,

Che parea, che dicesse: io sono in pace.'
Io diveniva nel dolor sì umíle,
Veggendo in lei tanta umiltà formata,
Ch'io dicea: Morte assai dolce ti tegno :
Tu dei omai esser cosa gentile,

Poichè tu se' nella mia donna stata :
E dei aver pietate, e non disdegno.
Vedi, che sì desideroso vegno

D'esser de' tuoi, ch' io ti somiglio in fede:
Vieni, che 'l cor tî chiede.

1 Che parea che dicesse: Io sono in pace.

Credo

che da questo verso abbia il. Tasso preso l'idea di quel suo, alla morte di Clorinda: Dir parea: S'apre il Cielo: io vado in

pace.

1lo diveniva, ec. Dimostra in quest' ultima parte, come il veder lei morta in tanta umiltà, fece anche a lui bramar la morte e finiti gli uffizj che s' usan fare ai corpi de' morti, ritornato a casa sua pareagli alzar

Poi mi partia consumato ogni duolo :
E quando io era solo,

Dicea guardando verso l' alto regno :
Beato, anima bella, chi ti vede.

Voi mi chiamaste allor, vostra mercede.

SONETTO XIV.

Io mi senti' svegliar dentro dal core
Un spirito amoroso che dormía :'
E poi vidi venir da lunge Amore,
Allegro sì ch' appena il conoscía.1

Dicendo: Or pensa pur di farmi onore ;
E' n ciascuna parola sua ridía :1

gli occhj al cielo, e dir piangendo : Beato, anima bella, chi ti vede: ed è quando la donna pictosa e di novella etate, menzionata di sopra, sua parente, lo riscosse dalla sua visione.

SON. XIV. Io mi senti', ec. Dopo la vana immaginazione del Poeta menzionata nella Canzone precedente, si sentì egli svegliar nel cuore un solito tremore amoroso, e parvegli che Amore venisse a lui tutto allegro da quella parte ove la sua donna stava. Dormia, conoscía, ridia, per dormiva, conosceva. rideva.

Dicendo, ec. Dicendogli, tutto ridente, di farsi

E poco stando meco1 il mio Signʊre,
Guardando in quella parte ond' ei venía;2
Io vidi monna V auna3 e monna Bice
Venire in ver lo loco, là ov' io era,
L'una appresso dell' altra meraviglia:
E, siccome la mente mi ridice,
Amor mi disse: Questa è Primavera,
E quella ha nome, Amor; sì mi somiglia.

SONETTO XV.

TANTO gentile e tanto onesta pare
La donna mia, quand' ella altrui saluta,
Ch' ogni lingua divien tremando muta,

onore; e appena restò seco, che guardando verso donde era Amor venuto.

'Meco il mio, ec. al. me col mio.

2 Venía, veniva.

Io vidi monna Vanna, cioè madonna Giovanna. Era costei donna del suo amico Guido Cavalcanti, qui forse dal poeta intesa per la Filosofia che precede ed è più prossima alla Teologia per la quale egli vuol intesa Bice ossia Beatrice; e alla prima da' il nome di Primavera, alla seconda di Amore.

SON. XV. Pregia il Poeta in questo Sonetto le belle qualità di Beatrice, che coronata e vestita d' umiltà s'andava, nulla gloria mostrando di ciò ch'

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