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tunque non foss' ella più la lingua di Cicerone e de' bei tempi di Roma, questa predilezione verso di essa si conservò anche quando l' italiano ebbe ricevuto la sua forma per le cure de' buoni scrittori che il coltivarono; e questi scrittori stessi sì poco caso facevano della propria lor lingua, che fondavano la lor fama sulle sole opere latine, e non era lor nota altra via per tramandare alla posterità il loro nome.

Ma a chi è dovuto l'onore d' aver diradato il tenebrore del caos della lingua volgare, d'averlo tolto dalla bocca della plebe per più fermamente ingentilirla, e stabilirne il carattere ? E' egli necessario di far tal dimanda? Alla Poesia, la quale in tutti i paesi del mondo ha fatto tali prodigi. E qual fu il motivo per cui fu la Poesia, indotta a comparire nel volgare idioma? Il più forte L'imperiosa passion dell' amore. I più antichi Poeti italiani son Poeti amorosi.

La Sicilia fu la prima a udir gli accenti de' cantori d'amore in lingua volgare. Ma ben presto quegli accenti, quei sospiri, quella lingua passaron lo Stretto e si sparsero di luogo in luogo nel continente vicino.

Io non mi arrogo il dritto di decider la causa tra i Siciliani ed i Provenzali della primazia della lingua e della Poesia: egli è un punto d'onore da non facilmente schiarirsi.

La data de' loro monumenti poetici non basta punto a farne pronunziar la sentenza. Si pone il principio della poesia de' Siciliani all'anno 1184, in circa. Il primo Trovatore conosciuto è Guglielmo IX, conte di Poatù, nato nel 1071, e morto nel 1122. Ma chi ci può dire se prima de' cantori Siciliani, de' quali abbiamo notizia, non ne sieno stati altri la cui memoria è smarrita? E chi ci dirà se prima del conte Guglielmonon avesse qualche Poeta della Francia meridionale composto e cantato, e chiesto amore e mercè alla sua Dama in Lingua d' Oca ?

Egli è ben vero che i Trovatori son passati di Provenza in Italia; che alcuni tra gli stessi Italiani, mossi dal loro esempio, pulsaron le corde della cetra provenzale; che la Corte d'Azzo VII Marchese di Ferrara discendente dalla illustre famiglia d'Este, tanto grata in ogni tempo alle Muse fu, per così dire, il ridotto dei Trovatori e degli strioni che da ogni parte vi

şi affollavano. Ma ciò non ebbe luogo se non nell' alta Italia, e molto tempo dopo che i Poeti Siciliani ebbero fatto risuonar la lor voce. Azzo regnò dopo il 1215, fino al 1264, e Ferrari da Ferrara, il più famoso fra i Trovatori italiani, fiorì verso la fin del suo regno.

L'argomento, per cui il Gravina vuol provare che i Poeti provenzali dettero a quelli di Sicilia l'esempio di comporre in loro lingua materna, non è di forza maggiore. Fu, secondo lui, Carlo d'Angiò, il quale, divenuto essendo padrone della Provenza pel matrimonio colla Contessa Beatrice, condusse a Napoli i Trovatori, quando andovvi per impossessarsi del trono. Ma ciò non potè accadere prima del 1266; e la Sicilia aveva avuto i suoi Poeti nel secolo precedente. Ciullo visse prima della fin di quel secolo. Federico II, Re di Sicilia, pria che fosse Imperatore, trovossi a Palermo nel 1197; e questo Monarca, non meno che Enzo e Manfredi suoi figli d Amore, il legittimo suo figlio Enrico, ed il celebre e sventurato suo Cancelliere Pietro delle Vigne verseggiarono in lingua volgare Italiana o Siciliana. Abbiamo de' frammenti di tal Poesia

composti nello spazio di sessant' anni. I più importanti son quelli di Guido delle Colonne giudice di Messina, di Folcalchieri e di Guinicelli. Alla metà del secolo decimoterzo, Guitton d' Arezzo nobilitolla in Toscana: egli è l' Autore dell' Amore Terrestro, il quale non ha avuto meno d' otto comentatori. Era filosofo, e fu inventor del Sonetto. Avvene uno di quest' Autore nel quale molto malamente mette fuori la sua filosofia per rispondere ad una Signora in che consista l'essenza dell' amore; vero imbroglio metafisico, accozzato da un capo all' altro di antitesi tra le parole Spirito e Spiritello che son ripetute in ogni verso.

I gran Poeti d' Italia non appajono che nel Secolo decimoquarto. A questi fu senza dubbio nota la Poesia de' Trovatori. Uno di essi passò parte de' suoi giorni, e de' più bei giorni della sua gioventù, nel paese ove tal poesia era nata; e di più fu da una bella Donna di Provenza ispirato. Ma gl' Italiani, pel volo sublime che presero, non solo lasciaron di gran lunga indietro i deboli tentativi de' loro compatriotti, ma eclissaron del tutto la gloria de'

Trovatori, i quali più non comparvero in quel secolo.

Eglino, per vero dire, crearono la lingua e la Poesia italiana, ed apersero il varco a quella sorgente, la quale le ha tanto fertilizzate. Eglino sono anche al dì d'oggi tenuti pe' primi classici di questa lingua; ed il toscano idioma da essi trattato, è divenuto qual tra i Greci il dialetto d' Atene, il modello del bel parlare per tutti i secoli futuri.

Dante, il Petrarca ed il Boccaccio, poeta ciascuno, formarono il Triunvirato di questo secolo; ma il Boccaccio più illustrò la sua lingua colle prose che non coi versi.

DANTE ALIGHIERI tien tra loro il primo posto, non men per anzianità che per genio. Comparve egli prima degli altri i quali si giovaron delle opere sue: slanciossi in una sfera infinitamente più vasta egli è forse il Poeta più originale da Omero in qua; e quel che ce lo rende pregevole si è, ch' ei congiunse il carattere di Filosofo a quel di Poeta. Tutto c' invita dunque a studiar questo illustre scrittore, per lo più,, mal cono.

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