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In questa maniera l'uomo diventa di nuovo capace di vedere, d'udire, di parlare, di muoversi, di ridere, di piangere, e di fare, in una parola, tutte le funzioni, e sentir tutti gli affetti come aveva fatto durante la sua vita mortale.

Ecco spiegato chiaramente quel mistero, che pareggia quello della Trinità, e Dante ne ha trovato la spiegazione tra 'l quinto e 'l venticinquesimo canto del suo Purgatorio.

Le nozioni geometriche de' suoi tempi, non meno che quelle della Geometria mista o applicata alla Fisica sembrano essergli state familiari. Per far giudicare del pendío del monte del Purgatorio, egli prende per misura una linea tirata da un quarto di cerchio al centro, ove cade sopra d'un angolo di quarantacinque gradi. Il pendío del monte è più erto, o com' egli si esprime, più superbo ancora; vale a dire, che il monte è inclinato al piano sotto un angolo minore; paragone non meno superbo, e che mostra gran pretensione : (Pur. iv, 40.)

Lo sommo er' alto che vincea la vista,
E la costa superba più assai

Che da mezzo quadrante a centro lista.

Non v'è meno presunzione ov' egli vuol mostrarsi istrutto di quella legge del moto che si Osserva nell' urtarsi che i corpi fanno, che l'angolo d' incidenza è uguale all' angolo di riflessione. Trattasi del batter che fa la luce sulla superficie dell' acqua, o sul vetro d' uno specchio. (Pur. xv, 16.)

Come quando dall' acqua o dallo specchio
Salta lo raggio all' opposita parte,
Salendo su per lo modo parecchio

A quel che scende, e tanto si diparte
Dal cader della pietra in igual tratta,
Sì come mostra esperienza e arte.

Tutti gli Interpreti di Dante fino al Torelli si sono ingannati sul senso di questo passo, perchè non han visto che l'espressione il cader della pietra in igual tratta, (la caduta verticale d' una pietra) formava la perpendicolare o l'appiombo tirato sul punto della linea orizzontale percossa

dal raggio obliquo, e colla quale fa degli angoli eguali scendendo e montando (27).

In somma nella Divina Commedia si fa sovente parola della quadratura del cerchio, che si procurò trovare nell' infanzia del risorgimento della Geometria, come ancora si cerca daiprincipianti in questa scienza, e nel cercar la quale, Campano Novarese erasi già rotto la testa nel secolo precedente.

Tra tutte le Scienze che hanno per oggetto il mondo materiale, la Fisica celeste, l'Astronomia son quelle delle quali il nostro poeta più si diletta far pompa.

In questa parte non si può negare che non solamente egli comparisca con dei versi felici, ma ancora con degli anticipati indizj, con certe, per così dir, profezie di grandi scoperte, le quali si son vedute nascere e maturarsi nel secolo scorso e nel nostro, e delle quali si poteva appena aver idea nel suo.

(27) Lettera del Signor Giuseppe Torelli Veronese sopra due passaggi di Dante Alighieri. Verona 1760.

Egli era certamente lungi dall' aver idea dell' attrazione universale: tutto cio ch' egli sa sopra questo soggetto si è che le materie terrestri gravitano verso il centro della terra, il quale è per esso il centro del mondo:

il punto

Al qual si traggon d' ogni parte i pesi.

(Inf. xxxiv, 110.)

Egli però attribuisce ai nove Cori Gerarchici un' attrazione simile, e tra di essi e verso il trono dell' Eterno, il quale si può considerare come lor centro. E ciò che bisogna diligentemente osservare si è, che quei nove cori corrispondono alle nove sfere celesti del primo mobile. Così parlerassi con egual verità dicendo di queste nove sfere e de' corpi che vi si aggirano, (Par. xxviii, 129.)

Tutti tirati sono e tutti tirano.

Altro non cerco quì ch' una casuale, ma felice, applicazione, una specie di germe poetico della grande idea di Newton, se così m'è lecito d'esprimermi.

E non è fors' anche un lontano indizio di quest' idea in Dante, quando chiama il Sole,

Lo ministro maggior della Natura,
Che del valor del cielo il Mondo imprenta,
E col suo lume il tempo ne misura ?

(Par. x. 28.)

Descrizione a dritto ammirata dai conoscitori Italiani, mentre l'altra in cui il Sole vien chiamato lucerna del mondo offende la delicatezza del loro odorato.

Non è forse cosa maravigliosa che senza l' ajuto del Telescopio, poichè allora appena conoscevasi l'uso degli occhiali da naso, abbia Dante concepito l'idea che la bianchezza della via lattea proveniva dalla confusa luce d'una moltitudine innumerevole di stelle ?

Come distinta da minori in maggi
Lumi biancheggia tra i poli del mondo
Galassia sì che fa dubbiar ben saggi.

(Par. xiv. 97.)

Aveva egli preso questa congettura da Plutarco, il quale onora Democrito di tale invenzione? Ciò potrà forse vedersi in un' altra delle sue opere, cioè nel Convivio, ov' egli debbe averla ripetuta; ma non ho mezzo di poter consultarlo. Doveva egli però pensare che quelle stelle non

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