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della lingua, le frasi, le leggi sembrano respirare e vivere, e da cui i grammatici ed i lessicografi han cura poi d'estrarle e spiegarle. La lingua Italiana ha in ciò avuto miglior sorte che la latina: è stata essa felice al par della greca, Corta fu la sua infanzia: giunse alla virilità quasi nell' uscir dalla culla.

Cominciò Dante a cantar sulla Cetra: egli, non meno che i suoi confratelli, non conoscendo altro oggetto di Poesia che l' amore, scrisse Sonetti, Ballate e Canzoni amorose. Era innamorato d'una fiorentina Donzella, per nome Beatrice, che con dolore egli vide morire nel di lei Aprile degli anni, poichè Dio, maravigliato delle perfezioni di essa, fece a sè venire tanta virtù, di cui vedeva che questa nojosa vita non era degna.

Passò i Cieli con tanta virtute,

Che fe' maravigliar l' eterno Sire
Sì, che dolce desire

Lo giunse di chiamar tanta salute,
E félla di quaggiù a sè venire,
Perchè vedea, ch' esta vita nojosa
Non era degna di sì gentil cosa.

I versi che fece per lei mentr' ella visse e dopo che fu morta son pieni di dolce e patetica tenerezza: portan seco quel carattere che amatorio chiamasi dagli Italiani, e che varj Italiani bramerebbero di trovare nel Poema di Dante; ma han torto.

Questi scherzi della sua Musa son però negletti oggi giorno e quasi sommersi in oblio. Il gran Poema è quello su cui si fonda la gloria di Dante, e quella stessa di Beatrice, ch' in esso ritorna più splendida e più bella a godere d'una doppia immortalità, di quella, cioè, vera del cielo, e di quella del nome ne' versi del suo amante, e nella memoria degli uomini.

L'Inferno, il Purgatorio ed il Paradiso sono i soggetti di questo Poema, soggetti importanti, e capaci di ricevere le più grandi bellezze poetiche.

Non è nè può esser per alcuno indifferente lo stato dopo la morte. Quand' anche vi fossero degli spiriti fermamente convinti che tutto muore con noi, il loro numero non sarebbe ch' infinita

nere umano.

mente picciolo, paragonato alla totalità del ge Questa persuasione stessa sembra impossibile, poichè a quali certe prove potranno essi appoggiarla? E con quali autorità potranno esser essi decisivi sopra materie nelle quali v' ha luce sì fioca? E che mai scopron essi per mezzo della loro ragione e della loro filosofia in questa profonda notte che scevro sia di dubbj, d' incertezza e d'oscurità? Dante direbbe loro così: (Par. C. xix. v. 79.)

O tu, chi sei, che vuoi sedere a scranna,
E giudicar da lungi mille miglia

Con la veduta corta d' una spanna?

Il numero di coloro che inclinano a questa deplorabile opinione senza esserne persuasi, è più vasto, il confesso, ma a questi resta sempre una specie di celata curiosità per questo grande avvenire, la cui dottrina è stata loro fin dai teneri anni inculcata, e forma una parte essenziale della loro educazione. Quand' anche i loro filosofici ragionamenti fossero speciosi quanto son lungi dall' esserlo, non potrebber ciò non ostante soffocare in essi quelle impressioni ch' han ricevuto

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nella loro infanzia, e succhiato, per così dire, col latte materno.

Ma gli uni e gli altri, in somma, tutti coloro io voglio dire, i quali trattan di favola queste cose, lungi dal bandirle da' Regni della Poesia, ad essi anzi le rilegano, ed accordano che sian ivi al lor posto; e a dispetto della loro arcigna filosofia, saranno i primi a valersene se il Dio de' versi verrà mai a spirargli.

La ragione di questo si è, che indipendentemente dalle nostre opinioni religiose, hanno esse un incanto che ci vince e ci trasporta. Tutti ci dilettiamo delle descrizioni dell' Olimpo, del Tartaro, dei Campi Elisi. Ci dilettiamo di veder gli Dei, gli Eroi, gli Angeli scendere ; e le ombre, i fantasmi, i Demonj sorger dall' Erebo. Che lungi vadano dal Santuario delle Muse quegli spiriti freddi e sterili, ne' quali tali oggetti generan noja.

Non si può dunque negare che il soggetto di Dante sia altamente poetico. Egli ha eretto il suo Teatro nel mondo invisibile: le scene ch' ivi fa rappresentare, i personaggi e gli oggetti de' quali ne circonda, sono sì convenevoli alla sublime poesia, che difficilmente può farne senza.

Quel generale interesse che il suo poema fa nascere, viene anche rilevato dall' interesse locale; dai tempi, cioè, dai luoghi e dalle circostanze nelle quali l'autor si trovava.

La religione influiva in tutte le cose nel Secol di Dante. Le stesse superstizioni che la deturpavano aprivano un campo più vasto alla Poesia ; le prestavano nuovi ornamenti, e disponevano altrui a vie più assaporarli. La pubblica curiosità era volta a quelle stesse regioni nelle quali egli finge di viaggiare. E` facile immaginarsi con qual ardore si dovè allora accogliere la mappa ch' ei tracciò di quelle ignote Regioni, e delle alte cose ch' ivi egli scôrse. Se in tutte le età del mondo veggonsi gli uomini vaghi delle cose soprannaturali ed estraordinarie, cosa doveva accadere in quei tempi d'ignoranza per oggetti, coi quali legioni di Preti e di Frati d'ogni ordine e d'ogni colore piaggiavano di continuo la credula devozion della gente ?

Un caso accaduto in Firenze nel 1304, ce lo farà meglio capire. Il Cardinal del Prato Legato della Santa Sede, essendo ivi andato per pacificarla, vollero i Fiorentini divertirlo con

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