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uno Spettacolo d' una specie quanto singolare altrettanto confacente allo spirito di quel Secolo.

Fu pubblicato a suon di tromba che quelli che desideravano aver nuove dell' altro mondo si dovessero trovare il primo di maggio sul ponte alla Carraja, e sulle sponde dell' Arno. Là, sopra un Teatro eretto nel fiume, fu fatta una rappresentazione delle pene dell' Inferno. Alcuni uomini mascherati da diavoli gettavano nelle fiamine altri uomini che facevan la parte di dannati, sgretolando i denti, e mandando fuori spaventevoli grida (4). Il ponte cadde sotto la moltitudine degli spettatori, de' quali innumerabil quantità fu sommersa, e andossene a dirittura, come dice il Villani, a satisfare la sua curiosità circa le cose dell' altro mondo.

Si è preteso da alcuni che questo spettacolo fornisse a Dante, il quale però non vi si potè trovar presente, l' idea del suo Poema. Tre anni erano allora scorsi dacchè era egli stato

(4) Con grandissime grida e strida e tempeste. (Villani St. Fior. lib. viii. c. 70.)

esiliato di Firenze ed è verisimile che la sua Divina Commedia fosse cominciata prima della rappresentazione di questa tragedia infernale, e fors' anche prima del suo esilio.

Ciò che vi ha di più certo si è che il soggetto: del suo Poema contribuì molto alla generale sua fama, ed alla sua splendida fortuna. So che, uno de' più bei momenti della sua vita fu quello, in cui passando per una Strada di Verona, fu da una volgar donna mostrato a dito alle sue vicine con queste parole: Vedete voi quell' uomo che va all' Inferno quando vuole, e torna poi a contar ciò ch' ivi si fa? Al che un' altra rispose, che ben si vedeva alla barba crespa ed al viso dal fumo e dal fuoco abbronzato. Non credo che i bellingegni ed i Poeti de' giorni nostri godan sovente di sì fatti piaceri.

Il Poema di Dante riceve anche dalla storia de' suoi tempi un particolare interesse, il quale molto forte debbe essere stato pe' suoi contemporanei, ed il quale, lungi dall' esser perduto per noi, l'istruzione andrà insiem col diletto se ci trasporteremo in quei tempi medesimi.

Le dissensioni tra 'l Sacerdozio e l' Impero, le

fazioni che disturbavano le libere città dell' Italia, e specialmente Firenze, offrono al Poeta una ricca messe d' Episodj. Siccome egli stesso trovossi involto in tali disturbi, de' quali fu quindi una vittima, il suo estro doppiamente acceso spande il suo fuoco su ciò ch' ei dipinge, e pennelleggia a gran tratti i caratteri, le opinioni, i costumi, la guerra delle passioni, e gli eventi che nati ne sono. Varj fatti, un numero di particolarità ch' egli ci ha conservato, e che in vano si cercherebbero altrove, spandono la luce sullo stato politico e religioso della sua patria nel secolo decimoquarto.

Il soggetto di questo Poema ha insomma un campo senza limiti. I tre mondi ne' quali Dante viaggia, hanno, oltre alla loro propria singolarità, i principj del tutto, e raccolgono le rovine del mondo in cui viviamo.

Illuc recidimus quid quid mortale creamur. Là si raduna ciò ch' esiste, ciò ch' esisterà; tutti i possibili, tutti gli uomini, i loro sentimenti, le loro azioni, le loro cognizioni, le loro arti; l' istoria di tutti i secoli, il mondo dei corpi e degli spiriti, l'universalità delle cose.

E dunque a ragione che Dante piegasi sotto il peso di questo gran soggetto, e teme che non gli bastino le forze mortali. (Par. xxiii. 64.)

Ma chi pensasse al ponderoso tema,

E l'omero mortal che se ne carca,

Non biasmerebbe se sott' esso trema.

Il suo vero torto è quello d' aver voluto esaurir la materia, e d' esservisi fermato più che la Poesia nol comportava.

Se mi si dimandasse a qual genere di Poesia appartiene il suo Poema, mi troverei assai imbrogliato a rispondere. Egli non è d'alcun genere particolare, ma d'ogni genere promiscuamente. Or prende la via dell' Epopea, ed ora il volo dell' Ode. Nell' Inferno s' avvicina al genere della Tragedia: nel Purgatorio fa risuonare le affettuose note dell' Elegia: una parte è didattica, ma non è la migliore: cade sovente nel comico, e perfino nel burlesco. Il flagello della satira si sente in quasi ogni canto del suo Poema.

Quest' opera, considerata in corpo, non po

trebbe se non malamente chiamarsi Epopea. Dante le ha dato il nome di Divina Commedia : ma il nome di Commedia non ha qui il significato suo naturale, ed i dotti non vanno d' accordo nello spiegarlo. Perchè non credere a lui stesso Nella Dedica del suo Paradiso egli dà due ragioni d' averlo intitolato Commedia : La prima, in quanto alla materia, e sì è perchè il suo Poema ha uno scioglimento felice (5); la seconda in quanto alla forma, e si è perchè è scritto in semplice stile: (6). Povere ragioni, il confesso, la seconda delle quali altro non prova, che la modestia, non dell' autore, ma del dedicante.

(5) Mentre lo scioglimento della Tragedia è infelice. L'etimologia che dà a questa voce è curiosa: significa, secondo lui, canto di Capro, perchè il capro è un animal fetido: cantus hircinus i. e. fætidus ad modum hirci.

(6) Stylo remisso et humili. Non ho però citato qui il libro de Vulgari eloquentia, ove fa la distinzione di tre differenti stili; l'elegiaco od umile; il tragico o sublime; il comico o misto. Abbiamo veduto pria d' ora che non si può con certezza asserire se questo libro sia di Dante.

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