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che è da notare che pericolosissima negligenza è a lasciare la mala opinione prendere piede; chè così come l'erba multiplica nel campo non cultivato, e sormonta e cuopre la spiga del formento, sicchè, disparte ag- 15 guardando, il formento non pare, e perdesi in tutto finalmente; così la mala opinione nella mente non gastigata nè corretta cresce e multiplica, sicchè la spiga della ragione, cioè la vera opinione, si nasconde e quasi sepulta si perde. Oh come è grande la mia impresa in 20 questa Canzone, a volere omai così trafoglioso campo. sarchiare, com'è quello della comune sentenza, sì lungamente da questa cultura abbandonata! Certo non del tutto questo mondare intendo, ma solo in quelle parti, dove le spighe della ragione non sono del tutto 25 sorprese, cioè coloro dirizzare intendo, ne' quali alcuno lumetto di ragione, per buona loro natura, vive ancora; chè degli altri tanto è da curare, quanto di bruti animali; perocchè non minore maraviglia mi sembra, reducere a ragione colui, nel quale è del tutto spenta, 30 che reducere in vita colui che quattro dì è stato nel sepolcro.

Poichè la mala condizione di questa popolare opinione è narrata, subitamente, quasi come cosa orribile, quella percuoto fuori di tutto l'ordine della reprova- 36 zione, dicendo: Ma vilissimo sembra, a chi 'l ver guata, a dare a intendere la sua intollerabile malizia, dicendo costoro mentire massimamente. Perocchè non solamente colui è vile, cioè non gentile, che disceso di buoni è malvagio, ma eziandio è vilissimo: e pongo esemplo 40 del cammino mostrato. Dove a ciò mostrare far mi conviene una quistione, e rispondere a quella in que

sto modo. Una pianura è, con stretti sentieri; ma poi con siepi, con fossati, con pietre, con legname, con 45 tutti quasi impedimenti, fuori delli suoi stretti sentieri. E nevato è sì, che tutto cuopre la neve e rende una figura in ogni parte, sicchè d' alcuno sentiero vestigio non si vede. Viene alcuno dall' una parte della campagna, e vuole andare a una magione ch'è dall'altra 50 parte, e per sua industria, cioè per accorgimento e per bontà d'ingegno, solo da sè guidato, per lo diritto cammino si va là dove intende, lasciando le vestigie de' suoi passi dietro da sè. Viene un altro appresso costui, e vuole a questa magione andare, e non gli è 55 mestiere se non seguire le vestigie lasciate, e per suo difetto il cammino, che altri senza scorta ha saputo tenere, questo scôrto erra, e tortisce per li pruni e per le ruine, ed alla parte dove dee non va. Quale di costoro si dee dicere valente? Rispondo: quello che andò 60 dinanzi. Quest'altro come si chiamerà? Rispondo: vilissimo. Perchè non si chiama non valente, cioè vile? Rispondo: perchè non valente, cioè vile, sarebbe da chiamare colui che, non avendo alcuna scorta, non fosse bene camminato ; ma perocchè questi l'ebbe, lo suo 65 errore e 'l suo difetto non può salire; e però è da dire non vile, ma vilissimo. E così quelli che dal padre o da alcuno suo maggiore di schiatta è nobilitato, e non persevera in quella, non solamente è vile, ma vilissimo, e degno d'ogni dispetto e vituperio più che altro vil70 lano. E perchè l'uomo da questa infima viltà si guardi, comanda Salomone a colui che valente anticessore ha avuto, nel vigesimo secondo Capitolo de' Proverbj: << Non trapasserai i termini antichi, che posero li padri

> tuoi; e dinanzi dice, nel quarto Capitolo del detto Libro: « La via de' giusti, cioè de' valenti, quasi luce 75 >> splendiente procede, e quella delli malvagi è oscura, >> ed essi non sanno dove rovinano. » Ultimamente, quando si dice: E tocca a tal, ch'è morto, e va per terra, a maggiore detrimento dico questo cotal vilissimo essere morto, parendo vivo. Dov'è da sapere che ve- 80 ramente morto il malvagio uomo dire si può, e massimamente quegli che dalla via del buono suo antecessore si parte. E ciò si può così mostrare: Siccome dice Aristotile, nel secondo dell' Anima, vivere è l'essere delli viventi; e perciocchè vivere è per molti modi 85 (siccome nelle piante vegetare, negli animali vegetare e sentire, negli uomini vegetare, sentire, e ragionare ovvero intendere), e le cose si deono denominare dalla più nobile parte, manifesto è, che vivere negli animali è sentire, animali, dico, bruti, vivere nell'uomo è ragione 90 usare. Dunque se vivere è l'essere dell'uomo, e così da quello uso partire è partire da essere, e così è essere morto. E non si parte dall'uso della ragione chi non ragiona il Fine della sua vita? E non si parte dall' uso della ragione chi non ragiona il cammino che far dee? 95 Certo, si parte. E ciò si manifesta massimamente in colui che ha le vestigie innanzi, e non le mira; e però dice Salomone nel quinto Capitolo dei Proverbj: « Que» gli morrà che non ebbe disciplina, e nella molti» tudine della sua stoltizia sarà ingannato; » cioè a 100 dire: Colui è morto, che non segue il Maestro; e vilissimo è quello. Potrebbe alcuno dire: come è morto e va? Rispondo, che è morto uomo, ed è rimaso bestia. Chè, siccome dice il Filosofo nel secondo dell' Anima,

105 le potenze dell' Anima stanno sopra sè, come la figura dello quadrangolo sta sopra lo triangolo, e lo pentagono sta sopra lo quadrangolo; così la sensitiva sta sopra la vegetativa, e la intellettiva sta sopra la sensitiva. Dunque, come levando l'ultimo canto del pentagono, 110 rimane quadrangolo; così levando l'ultima potenza dell'Anima, cioè la ragione, non rimane più uomo, ma cosa con anima sensitiva solamente, cioè animale bruto. E questa è la sentenza del secondo Verso della Canzone impresa, nella quale si pongono l' altrui opinioni.

CAPITOLO VIII.

Lo più bello ramo che dalla radice razionale consurga, si è la discrezione. Chè, siccome dice Tommaso sopra il Prologo dell' Etica, conoscere l'ordine d'una cosa ad altra è proprio atto di ragione; e questo è 5 discrezione. Uno de' più belli e dolci frutti di questo ramo è la reverenza, che debbe al maggiore il minore. Onde Tullio nel primo degli Ufficj, parlando della bellezza che in sull' onestà risplende, dice la reverenza essere di quella; e così come questa è bellezza d'one10 stà, così lo suo contrario è turpezza e menomanza del

l'onesto: il quale contrario irriverenza ovvero tracotanza dicere in nostro Volgare si può. E però esso Tullio nel medesimo luogo dice: « Mettere a negghienza di sa» pere quello che gli altri sentono di lui, non solamente 15 » è di persona arrogante, ma di dissoluta; » che non

vuole altro dire, se non che arroganza e dissoluzione è sè medesimo non conoscere, che è principio della misura d'ogni reverenza. Perch' io volendo (con tutta reverenza e al Principe e al Filosofo parlando) la malizia d'alquanti dalla mente levare, per fondarvi poi suso la 20 luce della Verità, prima che a riprovare le poste opinioni proceda, mostrerò come, quelle riprovando, nè contro all' Imperiale Maestà nè contro al Filosofo si ragiona irriverentemente. Che se in alcuna parte di tutto questo Libro irreverente mi mostrassi, non sarebbe 25 tanto laido, quanto in questo Trattato; nel quale, di Nobiltà trattando, me nobile e non villano deggio mostrare. E prima mostrerò me non presumere contro alla autorità del Filosofo; poi mostrerò me non presumere contro alla Maestà imperiale.

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Dico adunque, che quando il Filosofo dice: « quello > che pare alli più, impossibile è del tutto esser falso, > non intende dire del parere di fuori, cioè sensuale, ma di quello di dentro, cioè razionale; conciossiacosachè 'l sensuale parere, secondo la più gente, sia molte volte 35 falsissimo, massimamente nelli sensibili comuni, là dove il senso spesse volte è ingannato. Onde sapemo che alla più gente il Sole pare di larghezza nel diametro d'un piede: e sì è ciò falsissimo, che, secondo il cercamento e la invenzione che ha fatto la umana ragione coll' al- 40 tre sue arti, il diametro del corpo del Sole è cinque volte quanto quello della Terra, e anche una mezza volta. Conciossiacosachè la Terra per lo diametro suo sia seimila cinquecento miglia, lo diametro del Sole, che alla sensuale apparenza appare di quantità di uno piede, 45 è trentacinquemila settecento cinquanta miglia. Per che

Il Convito.

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