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pria dell' Arte o del magistero, tanto è maggiore in quella la suggezione; chè, multiplicata la cagione, multiplicato è l'effetto. Onde è da sapere che certe cose sono si proprie dell' Arte, che la Natura è strumento del- 85 l'Arte; siccome vogare col remo, dove l'Arte fa suo strumento della impulsione, che è naturale moto; siccome nel trebbiare il formento, che l' Arte fa suo strumento del caldo, ch' è naturale qualitade. E in questo massimamente al Principe e Maestro dell'Arte esser si 90 dee suggetto. E cose vi sono dove l' Arte è istrumento della Natura; e queste sono meno arti: è in esse sono meno suggetti gli artefici al loro Principe, siccom'a dare lo seme alla terra, dove si vuole attendere la volontà della Natura; siccom' a uscire di porto, dove si 95 vuole attendere la naturale disposizione del tempo. E però vedemo in queste cose spesse volte contenzione tra gli artefici, e domandare consiglio il maggiore al minore. Altre cose vi sono, che non sono dell' Arte, e pajono avere con quella alcuna parentela; e quinci 100 sono gli uomini molte volte ingannati: e in queste li discenti all' Artefice, ovvero Maestro, suggetti non sono, nè credere a lui sono tenuti quanto è per l' Arte; siccome pescare pare avere parentela col navicare; e conoscere la virtù dell' erbe pare avere parentela col- 105 l'Agricoltura; che non hanno insieme alcuna regola, conciossiacosachè il pescare sia sotto l'arte della Venagione, e sotto suo comandare; il conoscere la virtù dell' erbe sia sotto la Medicina, ovvero sotto più nobile dottrina.

ין

Queste cose, che simigliantemente dell' altre arti sono ragionate, veder si possono nell' Arte Imperiale;

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chè regole sono in quella che sono pure arti, siccome sono le leggi de' matrimonj, delli servi, delle milizie, 115 delli successori in ereditade: e di queste in tutto siamo

allo Imperadore suggetti senza dubbio o sospetto alcuno. Altre leggi sonvi, che sono quasi seguitatrici di Natura, siccome costituire l'uomo d'etade sufficiente ad amministrare; e di questo non semo in tutto suggetti. Altre 120 molte vi sono, che pajono avere alcuna parentela coll'Arte Imperiale, e qui fu ingannato ed è chi crede che la Sentenza Imperiale sia in questa parte autentica: siccom'è dir che sia Giovanezza, sovra la quale nullo imperiale Giudicio è da consentire, in quanto egli è Impera125 dore: però quello che è di Dio, sia renduto a Dio. Onde non è da credere, nè da consentire a Nerone imperadore, che disse che giovanezza era bellezza e fortezza del corpo, ma a colui, che dicesse che giovanezza è colmo della natural vita, che sarebbe filosofo. E però è mani150 festo che difinire gentilezza non è dell' Arte Imperiale: e se non è dell' Arte, trattando di quella, a lui non siamo suggetti; e se non suggetti, reverire lui in ciò non siamo tenuti e questo è quello ch' eziandio s' andava cercando. Per che omai con tutta licenza, con tutta 155 franchezza d'animo è da ferire nel petto alle falsate opinioni, quelle per terra versando, acciocchè la verace per questa mia vittoria tenga lo campo della mente di coloro, per cui fa questa luce avere vigore.

CAPITOLO X.

Poichè poste sono l'altrui opinioni di Nobiltà, e mostrato è quelle riprovare a me essere licito, verrò a quella parte ragionare della Canzone, che ciò riprova, che comincia, siccome è detto di sopra: Chi difinisce: Uomo è legno animato. E però è da sapere che l'opi- 5 nione dello Imperadore (avvegnachè con difetto quella ponga) nell' una particola, cioè dove disse belli costumi, toccò delli costumi di Nobiltade; e però in quella parte riprovare non s'intende. L'altra particola, che da natura di Nobiltà è del tutto diversa, s'intende riprova- 10 re; la ale due cose par dire, quando dice antica ricchezza, cioè tempo e divizie, le quali da Nobiltà sono del tutto diverse, com'è detto, e come di sotto si mostrerà. E però riprovando si fanno due parti; prima si riprovano le divizie, poi si riprova il tempo essere ca- 15 gione di Nobiltà. La seconda parte comincia: Nè voglion, che vil uom gentil divegna.

E da saper è che, riprovate le divizie, è riprovata non solamente l'opinione dello Imperadore in quella parte che le divizie tocca, ma eziandio quella del Vulgo 20 interamente, che solo nelle divizie si fondava. La prima parte in due si divide: chè nella prima generalmente si dice l' Imperadore essere stato erroneo nella difinizione di Nobiltà; secondamente si dimostra ragione per ch'è: e comincia questa seconda parte: Chè le divizie, siccome 25 si crede.

Dico adunque che chi difinisce: Uomo è legno ani

mato; prima dice non vero, cioè falso, in quanto dice legno, e poi parla non intero, cioè con difetto, in quanto 50 dice animato, non dicendo razionale, che è differenza, per la quale l'uomo dalla bestia si parte. Poi dico, che per questo modo fu erroneo in difinire Quegli che tenne Impero, non dicendo Imperadore, ma Quegli che tenne Impero, a mostrare, come detto è di sopra, quella cosa 35 determinare essere fuori d'imperiale Ufficio. Però dico similmente lui errare, chè pose della Nobiltà falso suggetto, cioè antica ricchezza, e poi procedette a difettiva forma, ovvero differenza, cioè belli costumi, che non comprendono ogni formalità di Nobiltà, ma molto pic40 cola parte, siccome di sotto si mostrerà. E non è da

lasciare, tuttochè il Testo si taccia, che messere lo Imperadore in questa parte non errò pur nelle parti della difinizione, ma eziandio nel modo del difinire (avvegnachè, secondo la fama che di lui grida, egli 45 fosse Loico e Cherico grande), chè la difinizione della Nobiltà più degnamente si faccia dagli effetti che dai principj; conciossiacosachè essa paja avere ragione di principio, che non si può notificare per cose prime, ma per posteriori. Poi quando dico: Chè le divizie, siccome 50 si crede, mostro com' elle non possono causare Nobiltà, perchè sono vili: e mostro quelle non poterla tòrre, perchè sono disgiunte molto da Nobiltà. E provo quelle essere vili per uno loro massimo e manifestissimo difetto: e questo fo, quando dico: Chè sieno vili appare, ec. 55 Ultimamente conchiudo, per virtù di quello che è detto di sopra, l'animo diritto non mutarsi per loro trasmutazione; e così provo, quelle essere da Nobiltà disgiunte, per non seguire l'effetto della congiunzione. Ove è da

sapere che, siccome vuole lo Filosofo, tutte le cose che fanno alcuna cosa, conviene essere prima quella per- 60 fettamente. Onde dice nel settimo della Metafisica: « Quando una cosa si genera da un'altra, generasi di » quella, essendo in quello essere. » Ancora è da sapere che ogni cosa che si corrompe, sì si corrompe, precedente alcuna alterazione; e ogni cosa ch'è alte- 65 rata, conviene essere congiunta coll' alterazione; siccome vuole il Filosofo nel settimo della Fisica e nel primo di Generazione. Queste cose preposte, così procedo e dico, che le divizie, come altri credea, non possono dare Nobiltà: e, a mostrare maggiore diversità 70 avere con quella, dico che non la possono tòrre a chi l'ha. Dare non la possono; conciossiacosachè naturalmente siano vili, e per la viltà sieno contrarie a Nobilta. E qui s'intende viltà per degenerazione, la quale alla Nobiltà s'oppone: conciossiacosachè l' uno contra- 75 rio non sia fattore dell' altro, nè possa essere per la prenarrata cagione. La quale brievemente s' aggiugne al Testo, dicendo: Poi chi pinge figura, Se non può esser lei, non la può porre. Onde nullo dipintore potrebbe porre alcuna figura, se intenzionalmente non si facesse so prima tale, quale la figura essere dee. Ancora tòrre non la possono; perocchè da lungi sono di Nobiltà: e per la ragione prenarrata, che ciò, che altera o corrompe alcuna cosa, convegna essere congiunto con quella; e però soggiugne: Nè la diritta torre Fa piegar 85 rivo, che da lungi corre; che non vuole altro dire, se non rispondere a ciò che detto è dinanzi, che le divizie non possono tòrre Nobiltà, dicendo quella essere torre diritta, e le divizie, fiume da lungi corrente.

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