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giusta l'opinione dello Imperatore. Ed appunto « definizione» dev'essere quivi la legittima parola: 1. 35, 40.

25. Il secondo de' due membri, cui sopra s'accenna (1. 23), reca la variazione che nella definizione, data dall'Imperatore, s'introdusse dalla gente volgare, ignuda d'ogni ragione, come quelli che a modo di pecore, non già d' uomini, vivono secondo senso e non secondo ragione: Conv., I, 11.

29. Federigo di Soave, ultimo Imperadore e Re dei Romani, ultimo, dico, per rispetto al tempo presente, non ostante che Ridolfo e Adolfo e Alberto poi eletti sieno appresso la sua morte e de' suoi discendenti. Bastava pur fare avvertenza che l'Imperatore del Mondo era anche Re de' Romani, e si sarebbe riconosciuta prontamente la mancanza del vocabolo « Re » nella Volgata, la quale infatti ha soltanto « Imperatore de' Romani. » Del resto, eziandio nella Commedia, il secondo Federigo di Soave è detto l'ultima Possanza (Par., III, 120), non tanto in risguardo alla Casa di Svevia, quanto per la dignità dell' Imperio esercitata efficacemente: come non vollero o non seppero fare gli Habsburgesi, che in seguito l'ebbero ottenuta. Or qui non si vede fatto ancora verun cenno d'Arrigo di Lussemburgo, che, morto Alberto d'Austria addi 1o di maggio 1308, venne eletto Imperatore il 27 di novembre dello stesso anno, benchè non abbia ricevuto la Corona di ferro infin al di dell' Epifania del 1311, nè conseguita l'Autorità imperiale se non il 29 di giugno dell'anno successivo. Di che può dunque argo. mentarsi con piena certezza che questo Trattato, parimente che gli altri precedenti, dovette essere stato scritto dall'esule Poeta dopo il 1308 e, se non prima che finisse il 1309, certo non più tardi del 1311, quando per la favoreggiata discesa d'Arrigo in Italia sollevaronsi le speranze degli sbandeggiati Fiorentini e singolarmente del nostro Dante, fervido sostenitore delle ragioni dell' Impero: Ep. Sanctissimo Triumphatori et Domino singulari, domino Henrico, divina Providentia Romanorum Regi: § 2 e 5.

45. Quasi tutti così latrano bestialmente; dacchè non

Il Convito.

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vivendo conforme a ragione (Conv., II, 8), pur gridano, secondo che ascoltano. Ed il Perticari ci ammonisce di porre questo dire sotto l'altro « chiaro l'abbaja » (Inf., vii, 43), del quale si fanno tante vanissime ciance. Ma, soggiungono gli E. M., altrettante e più ciarle si son fatte sul verso: Bruto con Cassio nell' Inferno latra: Par., VI, 74. Si mettano dunque tutti questi luoghi di Dante l' uno a confronto dell' altro, e s' avrà il particolar valore di ciascheduno.

46. L'una delle due premostrate opinioni, la quale del tutto vuolsi non curare, si è quella della gente volgare d'ogni ragione ignuda e piena d' errore: 1. 26.

47. La prima delle due gravissime ragioni, quella che viene in ajuto dell'opinione che, rispetto alla definizione di Gentilezza, sembra essere propria quasi di tutti (1. 42), si è il detto di Aristotile, che cioè quello, che pare alli più, essendo impossibile che del tutto sia falso, non potrebbe riguardarsi come falsa un' opinione si divolgata. La seconda ragione invece porge ajuto all' opinione di Federigo, in quanto ch' ei fu Imperatore, ed è poi l'autorità dell' Imperatore eccellentissima sovra ogni altra.

51. L'autorità della definizione dell' Imperatore. Aggiunsi « eccellentissima » ad « autorità, » appoggiandomi a Dante (Conv., IV, 4, 1. 61) ed al codice Vat. 3332, il quale veramente qui legge diverso dagli altri codici e dalle stampe : « la eccellentissima Autoritade della reale Maestà.» Nè io son lontano dal credere che questa sia la vera lezione, pur che « reale » si muti in « imperiale, » giusta che si ripete nel principio del Capitolo seguente. Gli è certo poi, che al presente non si vuol rammentare l'autorità della definizione dell'Imperatore, ma l'Autorità imperiale (1. 55) o dell' imperiale Maestà; autorità che poteva addursi a sostegno dell'opinione di Federigo, come quegli che appunto tenne Impero: Conv., IV, 4, l. 1 e 63.

53. Ragionare intendo quanto l' una e l'altra di queste ragioni è ajutatrice dell'opinione, cui a vicenda prestano ajuto, e sia inoltre possente di sua natura, valida in sè stessa.

54. E prima dell'imperiale Autorità sapere non si può,

se non, ec. Per vie meglio rendere intera e sicura la connessione del periodo, non dubitai di scrivere «perocchè » in cambio di « prima » (Conv., Iv, 5, 1. 14); tanto più che, innanzi ad ogni altra ricerca, bisogna trovar le radici o il radicale fondamento di quella Autorità, chi voglia acquistarne una giusta conoscenza: Ante omnia de principio scrutandum esse videtur, in cujus virtute inferiora consistant: Mon., 1, 2.

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Lin. 1. Lo fondamento radicale della imperiale Maestà, secondo il vero, è la necessità dell' umana Civiltà, che a uno fine è ordinuta, cioè a vita felice. A ciò s'accorda quello che altrove l'Autore ragiona: Id, quod est finis universalis Civilitatis humani generis, hoc erit principium, per quod omnia quæ inferius probanda sunt, erunt manifesta sufficienter: Mon., I, 3. Che anzi quivi assottigliando di più il suo concetto e conformandosi ad una più matura dottrina sull' ordine de' fini, viene a stabilire che il Fine principalissimo, cui soggiacciono i fini dell' Uomo, considerato singolarmente, della Casa, della Vicinanza, della Città e del Regno, si è lo esplicamento della virtù o potenza Intellettiva del genere umano, senza la perfezione della quale l' Uomo non può giugnere a Felicità: Ivi, 1, 4. Sopra che non lascia di ritornare sullo stesso argomento, donde poi da ultimo stabilisce che la Felicità, o il vivere in sicura pace, è il fine dell' università degli uomini solo possibile a conseguirsi, allorchè la Terra si regge a Monarchia, cioè ad un solo Principato. Ben s'ha da fare avvertenza che al luogo presente «< civiltà » importa il medesimo che « compagnia, società, cittadinanza » (Conv., Iv, 5), come pur « compagnevole (1. 9) significa il medesimo che « civile» o « cive: » Par., VIII, 106; Conv., IV, 27.

4. Senza l'ajuto d'alcuno. Gli uni avendo bisogno degli altri uomini, appunto perchè l' Uomo è animale compagnevole, son d'avviso e mi tengo anzi certissimo, che sia da leggere « altrui » invece di « alcuno. »

8. Un Uomo a sua sufficienza, al soddisfacimento de'suoi bisogni, richiede compagnia domestica di Famiglia, ec.

14. La Città richiede alle sue arti e alla sua defensione avere vicenda e fratellanza colle circonvicine Cittadi. Qualvolta si ponga mente che la fratellanza delle Cittadi dev'essere scambievole, affinchè vivano in pace (1. 32) e arrivino al punto della mutua sufficienza (ad mutuam sufficientiam: Mon., 1, 5), avremo donde persuaderci che, ove pur non si voglia scrivere « vicenda di fratellanza, » ciò stesso deve intendersi per endiadi nelle parole « vicenda e fratellanza; » similmente che « vice ed ufficio » importano quanto « vicenda di ufficio: » Par., XXVII, 17.

17. Conciossiacosachè l'animo umano in terminata possessione di terra non si quieti, ma sempre desideri gloria acquistare. Non so come gli interpreti non siensi accorti che « gloria » è tal vocabolo, che qui non può aver luogo, dove si accenna all' umana cupidigia, che quanto più possiede terra o danaro, e più vorrebbe averne. Onde vuolsi leggere, non « gloria, » ma « terra, » come porta il codice Vat. 190, e la divinatrice ragione ci consiglia.

24. Conviene di necessità tutta la Terra e quanto all'umana generazione a possedere è dato esser Monarchia, cioè un solo Principato e un Principe avere, il quale, ec. Discostandomi da questa Volgata, ho scritto invece « esser a Monarchia,» riuscendo la Terra ottimamente disposta allora « quand' ella è a Monarchia » (Conv., IV, 5, 1. 20); quando uni Principi totaliter subjacet: Mon., I, 8. Ipsa regna ordinari debent ad unum Principem, sive Principatum, hoc est ad Monarcham, sive Monarchiam: Mon., 1, 6. Del rimanente giova qui rammentare: Est temporalis Monarchia, quam dicunt Imperium, unius Principatus et super omnes in tempore, in iis et super iis quæ tempore mensurantur: Mon., 1, 2.

27. Uno Principe.... tutto possedendo e più desiderare non possendo, ec. Con più stretta e dottrinale argomentazione ciò vien meglio confermato nella Monarchia, dove il Principe sommo si riguarda come il fondamento della Giu

stizia e quindi della Felicità universale: Remota cupiditate omnino, nihil Justitiæ restat adversum.... Ubi ergo non est quod possit optare, impossibile est ibi cupiditatem esse. Sed Monarcha non habet quod possit optare.... Ex quo sequitur, quod Monarcha sincerissimum inter mortales Justitiæ possit esse subjectum: Mon., I, 11.

35. Aristotile nella Politica dice, che « quando più cose a uno fine sono ordinate, ec.» Adserit enim ibi venerabilis ejus auctoritas « quod, quando aliqua plura ordinantur ad unum, oportet unum eorum regulare seu regere, alia vero regulari seu regi: » Mon., 11, 7.

38. Siccome vedemo in una Nave, che diversi ufficj e diversi fini di quella a uno solo fine sono ordinati. Dante quindi raffermerà come, allorchè il mondo alla voce di un solo Principe fu ordinato, « la Nave dell' umana Compagnia dirittamente per dolce cammino a debito porto correa: » Conv., IV,

5.

40. Lo desiderato, anzichè « lor desiderato, » leggo io, come pur gli E. M. conghietturarono che si dovesse leggere, giacchè uno è il « porto,» al quale, come al fine comune, devon mirare quanti servono in una Nave.

45. E questo vedemo nelle Religioni e negli Eserciti, ec. L'ordine dev'essere considerato nelle parti fra di loro e ad uno, che non è parte: Sicut ordo partium Exercitus inter se et ordo earum ad Ducem: Mon., 1, 9.

49. A perfezione dell'universale Religione dell'umana specie, conviene esser uno quasi Nocchiere, ec. Ben s' apposero gli E. M., supponendo che qui « Religione » valesse quasi « vincolo o nodo, » e simili: giacchè l' umana Civiltà o Compagnia vien costituita e si regge per quell' Amore che naturalmente collega gli uomini. Or questo vincol d' Amor che fa Natura (Inf., XI, 55) è appunto l'universale Religione dell' umana specie.

56. Di tutti li comandamenti è Comandatore. Siccome ciò si è già stabilito (1. 54), e qui invece vuol determinarsi che l'Imperatore è Re de' Re, Principe universale, gli è manifesto che in luogo di « comandamenti » sia da porsi «co

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