Sayfadaki görseller
PDF
ePub

432

105 le potenze dell' Anima stanno sopra sè, come la figura dello quadrangolo sta sopra lo triangolo, e lo pentagono sta sopra lo quadrangolo; così la sensitiva sta sopra la vegetativa, e la intellettiva sta sopra la sensitiva. Dunque, come levando l'ultimo canto del pentagono, 110 rimane quadrangolo; così levando l'ultima potenza dell'Anima, cioè la ragione, non rimane più uomo, ma cosa con anima sensitiva solamente, cioè animale bruto. E questa è la sentenza del secondo Verso della Canzone impresa, nella quale si pongono l' altrui opinioni.

CAPITOLO VIII.

Lo più bello ramo che dalla radice razionale consurga, si è la discrezione. Chè, siccome dice Tommaso sopra il Prologo dell' Etica, conoscere l'ordine d'una cosa ad altra è proprio atto di ragione; e questo è 5 discrezione. Uno de' più belli e dolci frutti di questo ramo è la reverenza, che debbe al maggiore il minore. Onde Tullio nel primo degli Ufficj, parlando della bellezza che in sull' onestà risplende, dice la reverenza essere di quella; e così come questa è bellezza d'one10 stà, così lo suo contrario è turpezza e menomanza del

l'onesto: il quale contrario irriverenza ovvero tracotanza dicere in nostro Volgare si può. E però esso Tullio nel medesimo luogo dice: « Mettere a negghienza di sa» pere quello che gli altri sentono di lui, non solamente 15 » è di persona arrogante, ma di dissoluta; » che non

vuole altro dire, se non che arroganza e dissoluzione è sè medesimo non conoscere, che è principio della misura d'ogni reverenza. Perch' io volendo (con tutta reverenza e al Principe e al Filosofo parlando) la malizia d'alquanti dalla mente levare, per fondarvi poi suso la 20 luce della Verità, prima che a riprovare le poste opinioni proceda, mostrerò come, quelle riprovando, nè contro all' Imperiale Maestà nè contro al Filosofo si ragiona irriverentemente. Che se in alcuna parte di tutto questo Libro irreverente mi mostrassi, non sarebbe 25 tanto laido, quanto in questo Trattato; nel quale, di Nobiltà trattando, me nobile e non villano deggio mostrare. E prima mostrerò me non presumere contro alla autorità del Filosofo; poi mostrerò me non presumere contro alla Maestà imperiale.

30

Dico adunque, che quando il Filosofo dice: « quello > che pare alli più, impossibile è del tutto esser falso,» non intende dire del parere di fuori, cioè sensuale, ma di quello di dentro, cioè razionale; conciossiacosachè 'l sensuale parere, secondo la più gente, sia molte volte 35 falsissimo, massimamente nelli sensibili comuni, là dove il senso spesse volte è ingannato. Onde sapemo che alla più gente il Sole pare di larghezza nel diametro d'un piede: e sì è ciò falsissimo, che, secondo il cercamento e la invenzione che ha fatto la umana ragione coll' al- 40 tre sue arti, il diametro del corpo del Sole è cinque volte quanto quello della Terra, e anche una mezza volta. Conciossiacosachè la Terra per lo diametro suo sia seimila cinquecento miglia, lo diametro del Sole, che alla sensuale apparenza appare di quantità di uno piede, 45 è trentacinquemila settecento cinquanta miglia. Per che

Il Convito.

28

manifesto è Aristotile non avere inteso della sensuale

apparenza. E però se io intendo solo alla sensuale apparenza riprovare, non faccio contro alla intenzione del 50 Filosofo; e però nè la reverenza che a lui si dee non offendo. E che la sensuale apparenza intenda riprovare è manifesto; chè costoro che così giudicano, non giudicano se non per quello che sentono di queste cose che la fortuna può dare e tòrre; chè, perchè veg55 giono fare le parentele e gli alti matrimonj, gli edificj

mirabili, le possessioni larghe, le signorie grandi, credono quelle essere cagioni di nobiltà, anzi essa Nobiltà credono quelle essere. Che s'elli giudicassono coll' apparenza razionale, direbbono il contrario, cioè 60 la Nobiltà essere cagione di queste, siccome di sotto in questo Trattato si vedrà.

E come io, secondochè veder si può, contro alla reverenza del Filosofo non parlo, ciò riprovando; così non parlo contro alla reverenza dello Imperio: e la ragione 65 mostrare intendo. Ma perocchè dinanzi all' avversario si ragiona, il Rettorico dee molta cautela usare nel suo sermone, acciocchè l' avversario quindi non prenda materia di turbare la verità. Io, che al cospetto di tanti avversarj parlo in questo Trattato, non posso brevemente parlare. 70 Onde, se le mie disgressioni sono lunghe, nullo si maravigli. Dico adunque che, a mostrare me non essere irreverente alla maestà dello Imperio, prima è da vedere che è Reverenza. Dico che Reverenza non è altro, che confessione di debita suggezione per manifesto segno. 75 E veduto questo, da distinguere è intra lo irreverente e non riverente: irreverente, dice privazione, e non reveren

dice negazione. E però la irreverenza è disconfes

sare la debita suggezione per manifesto segno: la non reverenza è negare la non debita suggezione. Puote l'uomo disdire la cosa doppiamente: per un modo puote 80 l'uomo disdire, offendendo alla verità, quando della debita confessione si priva; e questo propriamente è disconfessare: per altro modo può l'uomo disdire, non offendendo alla verità, quando quello, che non è, non confessa; e questo è proprio negare; siccome disdire 85 l'uomo sè essere del tutto mortale, è negare propriamente parlando. Per che se io niego la reverenza dello Imperio, io non sono irreverente, ma sono non reverente; che non è contro alla reverenza, conciossiacosachè quello non offenda, siccome lo non vivere non 90 offende la vita, ma offende quella la morte, ch'è di quella privazione; onde altro è la morte, e altro è non vivere; chè non vivere è nelle pietre. E perocchè morte dice privazione, che non può essere se non nel suggetto dell'abito, e le pietre non sono suggetto di vita; per 95 che, non morte, ma non vivere dire si deono. Similmente io, che in questo caso allo Imperio reverenza avere non debbo, se la disdico, irreverente non sono, ma sono non reverente, che non è tracotanza, nè cosa da biasimare. Ma tracotanza sarebbe l' essere reverente, se re- 100 verenza si potesse dire, perocchè in maggiore e in più vera irreverenza si caderebbe, cioè della Natura e della Verità, siccome di sotto si vedrà. Da questo fallo si guardò quello Maestro de' Filosofi, Aristotile, nel principio dell' Etica, quando dice: « Se due sono gli amici, 105 » e l'uno è la Verità, alla Verità è da consentire. » Veramente, perchè detto ho ch'io sono non reverente, ch'è la reverenza negare, la non debita sug

cioè negare

gezione per manifesto segno, da vedere è come questo 110 è negare e non disconfessare; cioè da vedere è come in questo caso io non sia debitamente alla Imperiale Maesta suggetto. E perchè lunga conviene essere la ragione, per proprio Capitolo immediatamente intendo ciò mostrare.

CAPITOLO IX.

A vedere come in questo caso, cioè in riprovando o in approvando l' opinione dello Imperadore, a lui non sono tenuto a suggezione, reducere alla mente si conviene quello che dello imperiale Ufficio di sopra nel quarto Capitolo di questo Trattato è ragionato; cioè, che a perfezione dell'umana vita la imperiale Autorità fue trovata; e ch'ella è regolatrice e reggitrice di tutte le nostre operazioni giustamente, perchè quanto le nostre operazioni si stendono, tant' oltre la Maestà Imperiale ha giurisdi10 zione, e fuori di quelli termini non si amplia. Ma siccome ciascuna arte e ufficio umano dallo imperiale è a certi termini limitato, così questo Imperio da Dio a certi termini è finito; e non è da maravigliare, chè l' ufficio e l'arte della Natura finito in tutte sue operazioni ve15 demo. Che se prendere volemo la Natura universale di tutto, tanto ha giurisdizione, quanto tutto il mondo, cioè quanto il Cielo e la Terra si stende: e questo è a certo termine, siccome per lo terzo della Fisica, e per primo di Cielo e Mondo è provato. Dunque la giuri

« ÖncekiDevam »