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sdizione della Natura universale è a certo termine fini- 20 ta, e per conseguente la particolare: e anche di costei egli è limitatore Colui che da nulla è limitato, cioè la prima Bontà, ch'è Iddio, che solo colla infinita capacità l'Infinito comprende.

E, a vedere i termini delle nostre operazioni, è da 25 sapere che solo quelle sono nostre operazioni, che soggiacciono alla ragione e alla volontà; chè, se in noi è l'operazione digestiva, questa non è umana, ma naturale. Ed è da sapere che la nostra ragione a quattro maniere d'operazioni, diversamente da considerare, è 30 ordinata: chè operazioni sono, che ella solamente considera e non fa, nè può fare alcuna di quelle, siccome sono le cose naturali e le soprannaturali e le matematiche; e operazioni ch'essa considera e fa nel proprio atto suo, le quali si chiamano razionali, siccome sono 35 arti di parlare; e operazioni sono ch'ella considera e fa in materia fuori sè, siccome sono arti meccaniche. E queste tutte operazioni, avvegnachè 'l considerare loro soggiaccia alla nostra volontà, elle per loro a nostra volontà non soggiacciono. Chè, perchè noi volessimo 40 che le cose gravi salissino per natura suso, non potrebbono salire; e perchè noi volessimo che 'l sillogismo con falsi principj conchiudesse verità dimostrando, non conchiuderebbe; e perchè noi volessimo che la casa sedesse così forte, pendente, come diritta, non sa- 45 rebbe; perocchè di queste operazioni non fattori propriamente, ma li trovatori semo: altri le ordinò e fecele maggior Fattore. Sono anche operazioni che la nostra ragione considera nell' atto della volontà, siccome of fendere e giovare; siccome stare fermo e fuggire alla bat- 50

taglia; siccome stare casto e lussuriare; e queste del tutto soggiacciono alla nostra volontà; e però semo detti da loro buoni e rei, perch' elle sono proprio nostre del tutto; perchè, quanto la nostra volontà ottenere puote, 55 tanto le nostre operazioni si stendono. E conciossiacosachè in tutte queste volontarie operazioni sia equità alcuna da conservare, e iniquità da fuggire; la quale equità per due cagioni si può perdere, o per non sapere qual' essa si sia, o per non volere quella seguita60 re; trovata fu la Ragione scritta, e per mostrarla e per

comandarla. Onde dice Augustino: «Se questa (cioè » equità) gli uomini la conoscessero, e conosciuta ser» vassero, la Ragione scritta non sarebbe mestieri. » E però è scritto nel principio del vecchio Digesto: « La 65 » Ragione scritta è arte di bene e d'equità. » A questa scrivere, mostrare e comandare, è questo Ufficiale posto, di cui si parla, cioè lo Imperadore, al quale tanto, quanto le nostre operazioni proprie, che dette sono, si stendono, siamo suggetti; e più oltre no. Per questa 70 ragione in ciascuna Arte e in ciascuno mestiere gli ar

tefici e li discenti sono ed esser deono suggetti al Principe e al Maestro di quelle, in quelli mestieri e in quella arte; fuori di quelle la suggezione pêre, perocchè pêre lo principato. Sicchè quasi dire si può dello 75 Imperadore, volendo il suo ufficio figurare con una immagine, che egli sia il Cavalcatore della umana Volontà. Lo qual Cavallo come vada senza il Cavalcatore per lo campo assai è manifesto, e spezialmente nella misera Italia che senza mezzo alcuno alla sua governaso zione è rimasa.

E da considerare è, che quanto la cosa è più pro

pria dell' Arte o del magistero, tanto è maggiore in quella la suggezione; chè, multiplicata la cagione, multiplicato è l'effetto. Onde è da sapere che certe cose sono sì proprie dell' Arte, che la Natura è strumento del- 85 l'Arte; siccome vogare col remo, dove l'Arte fa suo strumento della impulsione, che è naturale moto; siccome nel trebbiare il formento, che l' Arte fa suo strumento del caldo, ch' è naturale qualitade. E in questo massimamente al Principe e Maestro dell'Arte esser si 90 dee suggetto. E cose vi sono dove l' Arte è istrumento della Natura; e queste sono meno arti: è in esse sono meno suggetti gli artefici al loro Principe, siccom' a dare lo seme alla terra, dove si vuole attendere la volontà della Natura; siccom' a uscire di porto, dove si 95 vuole attendere la naturale disposizione del tempo. E però vedemo in queste cose spesse volte contenzione tra gli artefici, e domandare consiglio il maggiore al minore. Altre cose vi sono, che non sono dell' Arte, e pajono avere con quella alcuna parentela; e quinci 100 sono gli uomini molte volte ingannati: e in queste li discenti all' Artefice, ovvero Maestro, suggetti non sono, nè credere a lui sono tenuti quanto è per l' Arte; siccome pescare pare avere parentela col navicare; e conoscere la virtù dell' erbe pare avere parentela col- 105 l'Agricoltura; che non hanno insieme alcuna regola, conciossiacosachè il pescare sia sotto l'arte della Venagione, e sotto suo comandare; il conoscere la virtù dell' erbe sia sotto la Medicina, ovvero sotto più nobile dottrina.

Queste cose, che simigliantemente dell' altre arti sono ragionate, veder si possono nell' Arte Imperiale;

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chè regole sono in quella che sono pure arti,

siccome sono le leggi de' matrimonj, delli servi, delle milizie, 115 delli successori in ereditade: e di queste in tutto siamo allo Imperadore suggetti senza dubbio o sospetto alcuno. Altre leggi sonvi, che sono quasi seguitatrici di Natura, siccome costituire l'uomo d'etade sufficiente ad amministrare; e di questo non semo in tutto suggetti. Altre 120 molte vi sono, che pajono avere alcuna parentela coll'Arte Imperiale, e qui fu ingannato ed è chi crede che la Sentenza Imperiale sia in questa parte autentica: siccom'è dir che sia Giovanezza, sovra la quale nullo imperiale Giudicio è da consentire, in quanto egli è Impera125 dore: però quello che è di Dio, sia renduto a Dio. Onde non è da credere, nè da consentire a Nerone imperadore, che disse che giovanezza era bellezza e fortezza del corpo, ma a colui, che dicesse che giovanezza è colmo della natural vita, che sarebbe filosofo. E però è mani150 festo che difinire gentilezza non è dell' Arte Imperiale:

e se non è dell' Arte, trattando di quella, a lui non siamo suggetti; e se non suggetti, reverire lui in ciò non siamo tenuti e questo è quello ch' eziandio s'andava cercando. Per che omai con tutta licenza, con tutta 135 franchezza d'animo è da ferire nel petto alle falsate opinioni, quelle per terra versando, acciocchè la verace per questa mia vittoria tenga lo campo della mente di coloro, per cui fa questa luce avere vigore.

CAPITOLO X.

Poichè poste sono l' altrui opinioni di Nobiltà, e mostrato è quelle riprovare a me essere licito, verrò a quella parte ragionare della Canzone, che ciò riprova, che comincia, siccome è detto di sopra: Chi difinisce: Uomo è legno animato. E però è da sapere che l'opi- 5 nione dello Imperadore (avvegnachè con difetto quella ponga) nell' una particola, cioè dove disse belli costumi, toccò delli costumi di Nobiltade; e però in quella parte riprovare non s'intende. L'altra particola, che da natura di Nobiltà è del tutto diversa, s'intende riprova- 10 re; la quale due cose par dire, quando dice antica ricchezza, cioè tempo e divizie, le quali da Nobiltà sono del tutto diverse, com' è detto, e come di sotto si mostrerà. E però riprovando si fanno due parti; prima si riprovano le divizie, poi si riprova il tempo essere ca- 15 gione di Nobiltà. La seconda parte comincia: Nè voglion, che vil uom gentil divegna.

E da saper è che, riprovate le divizie, è riprovata non solamente l'opinione dello Imperadore in quella parte che le divizie tocca, ma eziandio quella del Vulgo 20 interamente, che solo nelle divizie si fondava. La prima parte in due si divide: chè nella prima generalmente si dice l' Imperadore essere stato erroneo nella difinizione di Nobiltà; secondamente si dimostra ragione per ch'è: e comincia questa seconda parte: Chè le divizie, siccome 25 si crede.

Dico adunque che chi difinisce: Uomo è legno ani

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