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mille ne sono comperati. E chi non ha ancora nel cuore Alessandro, per li suoi reali beneficj? Chi non ha an- 90 cora il buon Re di Castella, o il Saladino, o il buono Marchese di Monferrato, o il buono Conte di Tolosa, o Beltramo dal Bornio, o Galasso da Montefeltro, quando delle loro messioni si fa menzione? Certo non solamente quelli che ciò farebbono volentieri, ma quelli che prima 95 morire vorrebbono, che ciò fare, amore hanno alla memoria di costoro.

CAPITOLO XII.

Come detto è, la imperfezione delle ricchezze non solamente nel loro indiscreto avvenimento si può comprendere, ma eziandio nel pericoloso loro accrescimento; e però che in ciò più si può vedere di loro difetto, solo di questo fa menzione il Testo, dicendo quelle, 5 quantunque collette, non solamente non quietare, ma dare più sete e rendere altrui più difettivo e insufficiente. E qui si vuole sapere, che le cose difettive possono avere i loro difetti per modo, che nella prima faccia non pajono, ma sotto pretesto di perfezione la 10 imperfezione si nasconde, e possono avere quelli sì del tutto discoperti, che apertamente nella prima faccia si conosce la imperfezione. E quelle cose che nella prima faccia non mostrano i loro difetti sono più pericolose; perocchè di loro molte fiate prendere guardia non si 15 può, siccome vedemo nel traditore, che nella faccia di

nanzi si mostra amico, sicchè fa di sè fede avere, e sotto pretesto d'amistà chiude il difetto della nimistà. E per questo modo le ricchezze pericolosamente nel 20 loro accrescimento sono imperfette; chè, sommettendo ciò che promettono, apportano il contrario. Promettono le false traditrici sempre, in certo numero adunate, rendere il raunatore pieno d'ogni appagamento; e con questa promessione conducono l'umana volontà a vizio 25 d'avarizia. E per questo le chiama Boezio, in quello di Consolazione, pericolose, dicendo: Ohimè! chi fu » quel primo che li pesi dell'oro coperto, e le pietre >> che si voleano ascondere, preziosi pericoli cavò? › Promettono le false traditrici, se ben si guarda, di 30 tòrre ogni sete e ogni mancanza, e apportar saziamento e bastanza. E questo fanno nel principio a ciascuno uomo, questa promissione in certa quantità di loro accrescimento affermando; e poichè quivi sono adunate, in loco di saziamento e di refrigerio, dánno e recano 35 sete di essé con febbre intollerabile: e in loco di bastanza, recano nuovo termine, cioè maggior quantità al desiderio; e con questo paura e sollecitudine grande sopra l'acquisto. Sicchè veramente non quietano, ma dánno più cura, la qual prima senza loro non s'avea. E 40 però dice Tullio in quello di Paradosso, abbominando le ricchezze: « Io in nullo tempo per fermo nè le pe > cunie di costoro, nè le magioni magnifiche, nè le » ricchezze, nè le signorie, nè l'allegrezze, delle quali >> massimamente sono astretti, tra cose buone o deside45 » rabili essere dissi; conciossiacosachè io vedessi certo

gli uomini nell'abbondanza di queste cose massima» mente desiderare quelle, di che abbondano. Perocchè

> in nullo tempo si compie nè si sazia la sete della » cupidità: nè solamente per desiderio d'accrescere >> le cose che quelli hanno, si tormentano, ma eziandio 50 > tormento hanno nella paura di perdere quelle. » E queste parole sono tutte di Tullio, e così giacciono in quello libro ch'è detto. E a maggior testimonianza di questa imperfezione, ecco Boezio in quello di Consolazione dicente: « Se quanta rena volge lo mare tur- 55 » bato dal vento, se quante stelle rilucono, la Dea » della ricchezza largisca, l'umana generazione non » cesserà di piangere. » E perchè più testimonianza, a ciò ridurre per prova, si conviene, lascisi stare quanto contra esse Salomone e suo padre grida, quanto con- 60 tra esse Seneca, massimamente a Lucillo scrivendo, quanto Orazio, quanto Giovenale, e brievemente quanto ogni scrittore, ogni poeta, e quanto la verace Scrittura divina chiama contro a queste false meretrici, piene di tutti difetti, e pongasi mente, per avere oculata fede, pur 65 alla vita di coloro che dietro ad esse vanno, come vivono sicuri quando 'di quelle hanno raunate, come si appagano, come si riposano. E che altro cotidianamente pericola e uccide le città, le contrade, le singulari persone tanto, quanto lo nuovo raunamento d'avere 70 appo alcuno? Lo quale raunamento nuovi desiderj discopre, al fine delli quali senza ingiuria d'alcuno venire non si può. E che altro intende di medicare l'una e l'altra Ragione, Canonica dico e Civile, tanto, quanto a riparare alla cupidità che, raunando ricchezze, cre- 75 sce? Certo assai lo manifesta l'una e l'altra Ragione, se li loro cominciamenti, dico della loro. scrittura, si leggono. Oh come è manifesto, anzi manifestissimo,

Il Convito.

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quelle in accrescendo essere del tutto imperfette, quando so di loro altro che imperfezione nascere non può, quantunque che accolte sieno! E questo è quello che 'l Testo dice.

Veramente qui surge in dubbio una quistione, da non trapassare senza farla e rispondere a quella. Po85 trebbe dire alcuno calunniatore della Verità, che se per

crescere desiderio, acquistando, le ricchezze sono imperfette e però vili, che per questa ragione sia imperfetta e vile la Scienza, nell' acquisto della quale cresce sempre lo desiderio di quella; onde Seneca dice: « Se 90 l'uno de' piedi avessi nel sepolcro, apprendere vorrei. » Ma non è vero che la Scienza sia vile per imperfezione; adunque per la distruzione del conseguente, il crescere desiderio non è cagione di viltà alla Scienza. Che sia perfetta, è manifesto per lo Filosofo nel sesto dell'Etica 95 che dice: « la Scienza essere perfetta ragione di certe » cose. A questa quistione brievemente è da rispondere; ma prima è da vedere, se nell'acquisto della Scienza il desiderio si amplia, come nella quistione si pone, e se sia per ragione. Per che io dico che non 100 solamente nell'acquisto della Scienza e delle ricchezze, ma in ciascuno acquisto il desiderio umano si dilata, avvegnachè per altro e altro modo; e la ragione è questa: che il sommo desiderio di ciascuna cosa, e prima dalla Natura dato, è lo ritornare al suo Principio. E 105 perocchè Iddio è Principio delle nostre anime e Fattore di quelle simili a sè, siccom'è scritto: « Facciamo l'uo» mo ad immagine e simiglianza nostra ; » essa Anima massimamente desidera tornare a quello. E siccome peregrino che va per una via, per la quale mai non fu,

che ogni casa, che da lungi vede, crede che sia l'al- 110 bergo, e non trovando ciò essere, dirizza la credenza all' altra, e così di casa in casa tanto che all'albergo viene; così l'Anima nostra, incontanente che nel nuovo e mai non fatto cammino di questa Vita entra, dirizza gli occhi al termine del suo sommo Bene, e però qua- 115 lunque cosa vede, che paja avere in sè alcun bene, crede che sia esso. E perchè la sua conoscenza è imperfetta, per non essere sperta nè dottrinata, piccioli beni le pajono grandi; e però da quelli comincia prima. a desiderare. Onde vedemo li parvoli desiderare mas- 120 simamente un pomo; e poi più oltre procedendo, desiderare uno uccellino; e poi più oltre, desiderare bello vestimento; e poi il cavallo, e poi una donna: e poi ricchezza non grande, e poi grande, e poi più. E questo incontra perchè in nulla di queste cose trova quello 125 che va cercando, e credelo trovare più oltre. Per che vedere si puote che l'uno desiderabile sta dinanzi all'altro agli occhi della nostra Anima per modo quasi piramidale, chè 'l minimo li copre prima tutti, ed è quasi punta dell'ultimo desiderabile, ch'è Dio, quasi 130 base di tutti. Sicchè quanto dalla punta vêr la base più si procede, maggiori appariscono li desiderabili; e quest'è la ragione per che, acquistando, li desiderj umani si fanno più ampj l'uno appresso l'altro. Veramente così questo cammino si perde per errore, come le 135 strade della terra: chè siccome da una città a un'altra di necessità è un'ottima e dirittissima via, e un'altra che sempre se ne dilunga, cioè quella che va nell'altra parte, e molte altre, qual meno dilungandosi e qual meno appressandosi; così nella Vita umana sono diversi 140

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