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Pagina, linea.

507, 144. Di Telamone, di Peleo e di Foco, ec.

509, 50. Ogni mondano affetto e opera diponendo. 511, 110. Dammi, Signor mio, omai lo riposo in Te; dammi, ec.

512, 28. Caput mundi: Phars., 11, 26; Mon., II, 11. 513, 35. Chi dirà nobile per la buona generazione quello che della buona generazione degno non è? Questo non è altro che, ec.

513, 50. Chè dice loro alcuno pensiero: Non può essere, che delli Maggiori di questo sia quanto si dice. 535, 16. Firenze, Tipografia M. Cellini, 1865. 544, 10. Ben annovera Tullio fra i sapienti: Inf., Iv, 141. 550, 12. Nè per fermo aveano dottrina bastevole a tanto. 594, 21. Questo nobile Signore gli è sicuramente quel buon Gherardo, ec.

594, 30. Riccardo da Camino occupava già sin da quell'anno la signoria di Trevigi.

Troppe altre cose forsanco si desiderano e mi rimarrebbero or qui da dover aggiugnere od accennare e correggere. Ma l'attenta considerazione de' cortesi lettori supplirà a qualsiasi difetto, bastandomi al presente d'aver dato nuova testimonianza com' io mi sia recato a coscienza di ponderar ogni particella di questo gravissimo Libro, senza poi risparmiare fatica veruna nè diligenza per renderne più sicuro e profittevole lo studio, ed accrescere in meglio il pronto nostro amore al Poeta, onde la Civiltà italica vien derivando una vigoria sempre nuova e benefattrice sempre.

APPENDICE

AL CONVITO DI DANTE ALLIGHIERI.

П Convito.

47

« La bontà e la bellezza di ciascun sermone sono intra loro partite e diverse, chè la bontà è nella sentenza e la bellezza nell' ornamento delle parole; e l'una e l'altra è con diletto, avvegnachè la bontade sia massimamente dilettosa. » Così l'Allighieri, spiegando sè stesso nel suo dottrinale Convito: dove appunto avea divisato di commentare quattordici delle sue Canzoni, perchè a' molti « la lor bellezza più che la loro bontà era in grado. » Ma, come abbiamo potuto ravvisare per effetto, solo tre di esse Canzoni ci pervennero belle e dichiarate. L'una, che determina la natura d'Amore e distingue l'amore sensibile dall' amore spirituale contrastanti nell'animo del Poeta, si potrebbe perciò intitolare dall'Amore. E poichè in quel contrasto l'amore per la Filosofia restò vittorioso, di questa si esaltano le lodi nella seconda Canzone, che indi se ne appropria il nome. Aggirandosi poi la terza sulla Nobiltà, desiderabile sovrattutto nelle Anime filosofanti, dalla Nobiltà la si denomina a buona ragione.

Ond'è che ora sarebbe a rintracciarsi quali fossero le altre Canzoni che doveano far parte del Convito, e se fra quelle, che ci rimangono sicuramente proprie di Dante, alcuna ve ne sia meritevole di venir allogata in esso Libro. Una siffatta ricerca, oltrechè può giovare a viemeglio chiarire l'importanza del Libro medesimo, basterà forsanco a renderlo meno imperfetto, quanto alla sua forma, e più concorde al primitivo disegno. Bensì è da porre a tale proposito

una gran diligenza per allontanare le sterili e pronte congetture, riguardando invece ai fatti, sui quali l'evidenza e la forza del Vero ne obblighi a posarci e stabilire le nostre deduzioni. In consimili studj se qualche volente intelletto cerca le novità e pretende di farle accogliere come sicure invenzioni, potrà a tutta prima occupare l' altrui meraviglia, l'assenso non mai. E dove ciò manchi, il resto non approda a nulla: Nisi id quod facimus utile est, stulta est gloria.

Importa or dunque tenere in prima ben fermo il pensiero, come le suddette Canzoni fossero tutte « materiate di Virtù e di Amore » che nel Convito, significando la stessa cosa che Studio, viene poi a indicare l'abitudine del Sapere, sì per acquistarlo e sì per usarne. Di che l'Autore dirittamente potè ivi proporsi di voler guidare gli uomini a Virtù e Scienza. Al quale uopo gli convenne puranco di collegare que' componimenti per modo, che l'uno servisse all' altro e tutti insieme cooperassero a formare un Libro di Scienza morale. Questo premeditato disegno apparisce di certo nelle tre Canzoni a noi tramandate col loro rispettivo commento. Anzi possiamo indi persuaderci, che Dante, mentre stava applicato all'impreso Lavoro, lo avesse già concepito per intero e in ciascuna sua parte, se pur non l'ebbe, più che abbozzato, composto di primo getto.

Tant'è, che nel ventesimosesto Capitolo del Trattato quarto, là dove si tocca della Temperanza, virtù necessaria alla Giovinezza, l'assennato Scrittore, che ne adduce in esempio Enea, promette di voler dire nel settimo Trattato come e con quanta piacevolezza d'affetto quel valoroso Capitano si vide accolto dall'innamorata Didone, e tuttavia non gli mancò forza sovra sè stesso e virtù per dipartirsene. Quindi, avuto anco risguardo che il primo Trattato è una Introduzione o il Proemio a tutta l'Opera, può inferirsene che la materia del settimo Trattato e perciò della sesta fra le Canzoni prescelte e ordinate per il Convito, doveva precisamente risguardare la Temperanza.

Il Trattato quattordicesimo poi, insieme con la tredicesima Canzone, non v' ha dubbio, e l' Allighieri stesso cel rafferma,

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