Sayfadaki görseller
PDF
ePub

751

CANZONE SETTIMA.

1.

Amor, tu vedi ben, che questa Donna
La tua virtù non cura in alcun tempo,
Che suol dell' altre belle farsi donna.
E poi s'accorse ch'ell' era mia donna,
Per lo tuo raggio, che al volto mi luce,
D'ogni crudelità si fece donna:
Sicchè non par ch'ell' abbia cuor di donna,
Ma di qual fiera l'ha d'amor più freddo.
Chè per lo tempo caldo e per lo freddo
Mi fa sembianti pur com' una donna,
Che fosse fatta d'una bella pietra

Per man di quel, che me' intagliasse in pietra.

2.

Ed io che son costante più che pietra
In ubbidirti per beltà di donna,
Porto nascosto il colpo della pietra,
Con la qual mi feristi come pietra,
Che t'avesse nojato lungo tempo:
Talchè mi giunse al core, ov' io son pietra.
E mai non si scoperse alcuna pietra
O da virtù di Sole, o da sua luce,
Che tanta avesse nè virtù nè luce,
Che mi potesse aitar da questa pietra,
Sicch'ella non mi meni col suo freddo
Colà, dov' io sarò di morte freddo.

3.

Signor, tu sai che per ingente freddo
L'acqua diventa cristallina pietra

Là sotto Tramontana, ov'è il gran freddo;
E l'aer sempre in elemento freddo

Vi si converte sì, che l'acqua è donna
In quella parte, per cagion del freddo.
Così dinanzi dal sembiante freddo

Mi ghiaccia il sangue sempre d'ogni tempo:
E quel pensier, che più m' accorcia il tempo,
Mi si converte tutto in umor freddo,

Che m'esce poi per mezzo della luce
Là, ov' entrò la dispietata luce.

4.

In lei s' accoglie d'ogni beltà luce;
Così di tutta crudeltate il freddo
Le corre al core, ove non va tua luce:
Perchè negli occhi sì bella mi luce
Quando la miro, ch' io la veggio in pietra,
O in altra parte, ov' io volga mia luce.
Dagli occhi suoi mi vien la dolce luce,
Che mi fa non caler d'ogni altra donna:
Così foss' ella più pietosa donna
Vêr me che chiamo di notte e di luce,
Solo per lei servire, e luogo e tempo;
Nè per altro desio viver gran tempo.

5.

Però, Virtù, che sei prima che tempo,
Prima che moto e che sensibil luce,
Increscati di me, c'ho sì mal tempo.
Entrale in core omai, chè n'è ben tempo,
Sicchè per te se n'esca fuora il freddo,
Che non mi lascia aver, com' altri, tempo:
Chè se mi giugne lo tuo forte tempo
In tale stato, questa gentil pietra
Mi vedrà coricare in poca pietra

Per non levarmi, se non dopo il tempo,
Quando vedrò se mai fu bella donna
Nel mondo, come questa acerba donna.

6.

Canzone, io porto nella mente Donna

Tal, che con tutto ch'ella mi sia pietra,
Mi dà baldanza, ov' ogni Uom mi par freddo:
Sicch'io ardisco a far per questo freddo
La novità che per tua forma luce,
Che mai non fu pensata in alcun tempo.

CANZONE OTTAVA.

1.

Io son venuto al punto della rota

Ch' all'orizzonte, quando il Sol si corca,
Ci partorisce l'ingemmato Cielo,
E la Stella d'amor ci sta rimota
Per lo raggio lucente, che la 'nforca
Sì di traverso, che le si fa velo:
E quel Pianeta, che conforta il gelo,
Si mostra tutto a noi per lo grand' arco,
Nel qual ciascun de' Sette fa poco ombra:
E però non disgombra

Un sol pensier d'amore, ond' io son carco,
La mente mia, ch'è più dura che pietra
In tener forte immagine di pietra.

2.

Levasi della rena d' Etiopia

Un vento pellegrin, che l'aer turba,
Per la spera del Sol, ch'or la riscalda;
E passa il mare, onde n' adduce copia

Il Convito.

48

Di nebbia tal, che, s' altro non la sturba,
Questo emispero chiude tutto, e salda:
E poi si solve, e cade in bianca falda
Di fredda neve, ed in nojosa pioggia;
Onde l'aere s'attrista tutto, e piagne:
Ed Amor, che sue ragne

Ritira al Ciel per lo vento che poggia,
Non m'abbandona; sì è bella donna
Questa crudel, che m'è data per Donna.

3.

Fuggito è ogni augel, ch'l caldo segue,
Dal paese d'Europa, che non perde
Le sette Stelle gelide unquemai:

E gli altri han posto alle lor voci triegue
Per non sonarle infino al tempo verde,
Se ciò non fosse per cagion di guai:
E tutti gli animali, che son gai
Di lor natura, son d'amor disciolti,
Perocchè il freddo lor spirito ammorta.
E'l mio più d'amor porta;

Chè gli dolci pensier non mi son tolti,
Nè mi son dati per volta di tempo,

Ma donna gli mi dà, c'ha picciol tempo.

4.

Passato hanno lor termine le fronde,

Che trasse fuor la virtù d' Arïete,

Per adornare il mondo, e morta è l'erba;
Ed ogni ramo verde a noi s' asconde,
Se non se in pino, lauro od abete,
Od in alcun che sua verdura serba:
E tanto è la stagion forte ed acérba,
Ch' ammorta gli fioretti per le piagge,
Li quai non posson tollerar la brina:

E l'amorosa spina

Amor però di cor non la mi tragge,

Perch' io son fermo di portarla sempre
Ch' io sarò in vita, s'io vivessi sempre.

5.

Versan le vene le fumifere acque

Per li vapor, che la terra ha nel ventre,
Chè d'abisso le tira suso in alto;
Onde 'l cammino al bel giorno mi piacque,
Che ora è fatto rivo, e sarà, mentre
Che durerà del verno il grande assalto.
La terra fa un suol che par di smalto,
E l'acqua morta si converte in vetro
Per la freddura, che di fuor la serra.
Ed io della mia guerra

Non son però tornato un passo a retro,
Nè vo' tornar; chè se'l martirio è dolce,
La morte de' passare ogni altro dolce.

6.

Canzone, or che sarà di me nell' altro
Dolce tempo novello, quando piove
Amore in terra da tutti li Cieli;
Quando per questi geli

Amore è solo in me, e non altrove?

Saranne quello, ch'è d' un uom di marmo,

Se in pargoletta fia per cuore un marmo.

CANZONE NONA.

1.

E' m' incresce di me sì duramente,

Ch' altrettanto di doglia

« ÖncekiDevam »