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CANZONE QUARTA.

(Amor, che muovi tua virtù dal Cielo. - Pag. 743.)

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Per crescere bellezza e dar più di magnificenza alla Canzone, l'Allighieri avvisò che ai versi endecasillabi si dovessero talora accompagnare gli eptasillabi. Il che ei ne dichiara di aver fatto nella Canzone presente: Licet hoc endecasyllabum celeberrimum carmen videatur omnium aliorum, si eptasyllabi aliqualem societatem assumat, dummodo principatum obtineat, clarius magisque sursum superbire videtur: Vulg. El., 11, 5.

Strofa 1. Amor, che muovi (derivi, prendi : Inf., x1, 95) le tue salutevoli influenze dall'Intelligenza motrice della sfera di Venere, e quindi da Dio che fa ministra di sua Provvidenza la virtù trasfusa nei grandi corpi celestiali: Par., viii, 97. « Ragionevole è il credere, che li movitori del cielo di Venere siano li Troni, li quali, naturati dall' amore del Santo Spirito, fanno la loro operazione connaturale ad esso, cioè lo movimento di quello Cielo pieno d'amore. Per il quale movimento prende la forma del detto Cielo un ardore virtuoso, onde le anime di quaggiù s' accendono ad amare secondo la loro disposizione: » Conv., II, 6.

E questi influssi Amore gli attinge dal Cielo, similmente che il Sole ne deriva il suo vivificante splendore, e può indi rendersi padre d'ogni mortal vita: Par., XXII, 106. « Dio pinge la sua virtù.... in alcune cose per modo di splendore riverberato: » Conv., III, 4.

Mirabile è veramente ne' suoi effetti il Sole, perchè il valore o la virtù che per esso si spande nel mondo, s'appiglia viepiù là, dove il suo raggio discopre cose di maggior nobiltà, siccome sono le pietre margherite. Tanto che « se una pietra margherita è male disposta, ovvero imperfetta, quella virtù celestiale ricevere non puote: » Conv., IV, 20. A ciò meglio intendere si vuol sapere che « in ciascuna specie di cose veggiamo la immagine di Nobiltà e viltà.... onde diciamo nobile margherita e nobile qualunque cosa in sua natura si vede essere perfetta: » Conv., Iv, 15, 16. Si noti inoltre, che il Sole del valor del Cielo il mondo imprenta (Par., x, 29), e quindi « riduce le cose a sua similitudine di lume, quanto esse per disposizione della loro virtù possono lume ricevere: » Conv., III, 14.

E come il Sole fuga oscurità e gelo (mediante i colpi delli caldi rai: Par., II, 106), cosi Amore, di tanta nobiltà che è, e potente signore della Virtù, discaccia la viltà dai cuori altrui, gl' innobilisce, conformandoli a similitudine della sua natura gentile: Conv., III, 4. Buona « è la signoria d'Amore, perocchè trae lo intendimento del suo fedele da tutte le vili cose: » V. N., § XIII.

Da te convien che muova ogni bene, Per lo qual si travaglia (s' affanna) il mondo tutto. Ciò vuol dire che da Amore procede la Virtù e la seguace Felicità, che per tanti rami va cercando la cura de' mortali: Purg., XXVII, 116. Senza Amore è distrutto ogni buono operare che abbiam in potenza, perchè Amore è sementa in noi d' ogni virtute (Purg., xvIII, 104); le quali si giacciono morte, ove quel santo ardore non le ravvivi, producendole in atto. Siccome una leggiadra pittura, la quale, se venga collocata in parte dove il Sole non giunge, non può mostrarsi qual' è, nè dilettare gli altrui sguardi colla bellezza de' colori e dell'arte che vi pose il maestro; così la bellezza dell' Anima, che è la Virtù, non si dispiega nè apparisce, se non per vivida luce e conveniente influsso d' Amore: Conv., III, 15.

St. 2. Féremi il core sempre la tua luce. La si gran luce d'Amore mai non cessava di penetrare e ferire il cuore del

Poeta, come il raggio del Sole ferisce la stella, che perciò splende di lume riverberato. Nella scienza di Dante il Sole è fonte universale della luce (Conv., III, 7), di che poi « tutte le altre stelle s'informano: » Ivi, II, 16. Ma per somigliante guisa che le stelle s'avvivano dal Sole, sono pronti i cuori ad infiammarsi d'Amore, le cui influenze da essi per altro s' accolgono più o meno, non altrimenti che la luce del Sole, ancorchè derivata « da un solo fonte, è diversamente ricevuta dai differenti corpi: » Conv., III, 7.

Ed alla forza d'amore l' Allighieri soggiacque si fattamente, che Amore divenne il potente signore della sua vita, e di più in più bastò a sollevarlo dalla contemplazione della sensibile Bellezza all' amoroso uso della Sapienza.

Da cotanto amore, che con sua dolce favella gli ragionava nel cuore, traea vita un pensiero che il conduceva a rimirare ogni cosa bella, e con tanto più diletto, quanto più bella gli appariva. E di ciò egli vuol assicurarne, affinchè si chiarisca come il primo amore per la sua Beatrice gli sia stato cagione e avviamento a più sublime amore, ch'è quello della Sapienza. Il quale venne a dominargli l'animo a grado a grado, perocchè non « subitamente nasce amore e fassi grande e perfetto, ma vuole alcuno tempo e nutrimento di pensieri, massimamente colà dove son pensieri contrarj che possono impedirlo: » Conv., II, 2.

Per questo mio guardare m'è entrata nella mente una Giovane, ond'io son rimasto tutto acceso d'amore. E costei è la Filosofia, la quale, benchè da picciol tempo conosciuta per istudio, valse ad attrarre e occupare tutti i pensieri dell'alto Poeta.

Com'acqua per chiarezza (nitida: Par., III, 14) risplende, percossa che sia e accesa da fiamma viva; così a Dante parve che la sua nuova Donna, al venirgli innanzi, raccogliesse negli occhi i raggi d'Amore, e indi a lui li tramandasse. Tutta piena d'amore, la Filosofia lo comunicava al suo Amante, imperocchè «< incontra che le passioni della persona amata entrano nella persona amante, si che l'amor dell' una si comunica nell'altra, e così l'odio e il desiderio e ogni

altra passione. » Ond'è che Dante, fatto amico della Filosofia, ad esempio di essa prese ad « amare i seguitatori della Verità e odiare i seguitatori dell'errore e della falsità, ma per sola malizia delle cose: » Conv., IV, 1.

Accendere qui vale « percuotere co' raggi, » come pur anco altrove: Rivolto ad essi (specchi) fa che dopo il dosso Ti stea un lume che i tre specchi accenda, E torni a te da tutti ripercosso: Par., II, 102.

St. 3. Quant'è nell'esser suo bella questa Giovane, che m'è entrata nel cuore, e gentile negli atti e piena d'amore, altrettanto e più la mia Mente se la vien dipingendo nel suo incessante immaginare. Or qui vuolsi avvertire che la « bellezza della Sapienza, che è corpo di Filosofia, risulta dall'ordine delle Virtù morali che fanno quella piacere sensibilmente: » Conv., II, 14. Ed è poi tanto gentile, che gli atti soavi ch' ella mostra altrui, Vanno chiamando Amor ciascuno a prova In quella voce che lo fa sentire. Di costei si più dire: Gentile è in donna ciò che in lei si trova, E bello è tanto, quanto lei simiglia: Canz., « Amor che nella mente mi ragiona. » Dov'è da sapere che il « guardare questa Donna (l' affissarsi col guardo nella Filosofia) fu a noi così largamente ordinato, non pure per vedere la faccia ch'ella ne dimostra, ma per desiderare e apparare le cose che ne tiene celate: » Conv., III, 14.

E la mia immaginzione, soggiugne Dante, non è che da sè medesima sia perspicace, quanto si convien essere a viepiù abbellire il concetto di cosi alta Donna, ma ottiene dalla virtù d' Amore di poter oltre a quanto da Natura ci si concede. Là, dove il «pensiero nasce d'Amore, quivi l'Anima profondamente più che altrove s'ingegna: » Conv., III, 4. È sua beltà (la bellezza di essa Donna) conforto (ajuto, accrescimento) del valor d'Amore, in quanto cotal valore si può riguardare come effetto sopra degno soggetto, qual' è una si grande e nuova bellezza. E ciò non altrimenti, che al valore del Sole è conforto un fuoco raggiante; il quale non gli då nè toglie virtù, ma lo fa altamente apparire di più salute (efficacia o bontà nell'effetto). Di qui è che la cera ai raggi

del Sole, avvalorati da fuoco vivo, viemeglio e più presto si strugge. Insomma, è a dire che Amore per quella nobile Donna diveniva maggiore ne' suoi effetti, come sempre più potente nelle sue influenze. « La celestiale Bontà in tutte le cose discende, ma dove più, dove meno, secondo il modo della virtù propria di ciascuna cosa e secondo il modo del loro essere. E nella Donna, or tanto magnificata, la divina Virtù discende largamente e diretta, del pari che nelle Intelligenze superiori: » Conv., III, 7. Quindi si origina la gran potenza di lei ad innamorar i cuori gentili e dominarli.

Ho senz'altro preferita la lezione « raggio di fuoco,» riscontrata nel codice Casanatense, perchè è del tutto richiesta dalla verità del concetto espresso. La quale non si potrebbe intendere nè raccapezzar in alcun modo, ove si legga colla Volgata: « segno di fuoco. » E parimente credetti di dover, invece di «< in altro loco,» leggere « in alto loco, » conforme al codice Ottoboni 2321, sembrandomi che meglio si presti a compiere il pensiero che per la similitudine si dichiara.

St. 4. Dunque (continua Dante, rivolto sempre ad Amore) Signor, di si gentil natura, che questa Nobiltà, e ogni altro « ottimo dato e dono perfetto » (Conv., IV, 20), lieva principio (prende origine) dal tuo divino Spirito, guarda la vita mia quanto è grave e affannosa: e muoviti a pietà del si misero stato, dacchè il fuoco che da te discende, e onde io tutto ardo per la vivace beltà di Costei, mi si fa sentire troppo faticoso e quasi incomportabile al mio cuore. Assai dura cosa è l' amare senza essere riamato, siccome avveniva a Dante rispetto alla Filosofia, quando ancor gli pareva acerba donna.

Guarda la vita mia quant'ella è dura, richiama l'altro verso: Guarda la mia virtù, s'ell' è possente: Inf., II, 12. Similmente << Mi fa sentire al cor troppa gravezza » può rammentarci quella bramosa Lupa, che allo smarrito Viatore porse tanto di gravezza Con la paura ch' uscia di sua vista: Inf., 1, 53. Amore è si dolce nome, da parer « impossibile che la sua operazione sia nelle più cose altro che dolce: » V. N., § XIII. E perciò l'Allighieri lo prega che faccia

Il Convito.

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