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L'«amoroso messer Cino»,3) il poeta che divise con Guido Cavalcanti e col fratello di Beatrice i più caldi sentimenti d'amicizia nel cuore di Dante, si scusa con lui di non essersi prima d'ora rivolto a quei due benigni iddii, la Pietà e l'Amore, che vengano a confortarlo. Pensa tuttavia che egli è sempre nel lutto del cuore e dell'anima, per l'andata in cielo di quella veramente beata gioia come il nome stesso diceva. Desidera rivederlo; nè sa quando. Intanto, finchè dura il suo lutto, giungeranno sempre opportuni i conforti. E così, a dettatura d'Amore, Voi avete torto, lo

ammonisce, ad accorarvi che dalla miseria di questa vita Beatrice sia volata alla compiuta gioia del cielo. Voi stesso avevate cantato che un Angelo l'aveva chiesta a Dio, come la sola cosa bella che mancasse al paradiso: ed ora ella è lassù, fra i Santi e le Virtù celesti, dinanzi alla suprema Salute, alla Divinità. L'oggetto del

l'amor vostro, quello nel quale la mente e l'intelletto vostro si fissavano, ora lo avete

nel regno celeste: ei vostri spiriti affettivi Amore li indirizza lassù. Perchè dunque dolervi? Confortatevi, rallegratevi nel cuore e nell'aspetto; perchè, sebbene collocata da Dio in paradiso, ella è pur sempre con voi. Ai conforti che Amore vi porge, si aggiungono quelli della Pietà, la quale vi scongiura che cessiate di piangere. Ascoltatela, deponete il vostro lutto; pensate che il dolor disperato priva l'anima della grazia di Dio; e che in tal modo Voi sareste crudele verso l'anima vostra, e verso la speranza che questa ha di rivedere un giorno Beatrice nel paradiso e riposare nelle braccia di lei. Dunque vi piaccia accogliere speranza di conforto. E già fin d'ora Voi potete fissar gli occhi nell'eterna beatitudine, dove dimora la vostra donna, che fra i beati è coronata: così la speranza vostra è in paradiso, l'innamora

mento vostro è santificato, contemplando l'anima di Beatrice fatta celeste. Or com'è che il cuor vostro non si dà pace, avendo pure in sè medesimo dipinte quelle beate sembianze? Beatrice è colassù la medesima meraviglia che era nel mondo, anzi maggiore, perchè ivi è dalle intelligenze celesti conosciuta compiutamente. E con quanta festa l'abbiano gli angeli ricevuta, Voi medesimo, i cui spiriti fanno spesso quel viaggio, lo avete riferito nelle vostre rime. Essa, parlando di Voi con gli spiriti beati, ricorda le lodi di che l'avete onorata in vita e prega il Signore, che vi conforti, come ormai Voi stesso dovete desiderare.

Dante non dimenticò la Canzone di messer Cino: e fra le citate dell' amico suo pistoiese nel libro di Volgare Eloquenza, è, col primo suo verso, anche questa.84) Le allusioni che essa sparsamente contiene alle rime dell'Alighieri, possono più specialmente riscontrarsi nella prima, nella

seconda e nella ultima fra le Canzoni della Vita Nuova.) Nè questo confronto può farsi senza pensare altresì, che anche sulla tomba di Dante, e già prima su quella del loro imperatore, dell'<< alto Arrigo », la voce del fedele amico e compagno di parte recò il tributo della poesia toscana.) Di Arrigo rapito (così egli dolorosamente) « alle speranze degli esuli », cantò che aveva raggiunto nel cielo la virtuosa sua moglie, Margherita di Brabante, morta anch'essa in quella infelice spedizione italica. Per Dante, pregò Dio che « lo ri<< coverasse nel grembo di Beatrice », e imprecò all' << iniqua setta » che aveva arricchito Ravenna del tesoro che Firenze aveva perduto.

Pochi anni appresso, uno de' primi e più autorevoli a commentare la Commedia, l'Ottimo, ricordò la Canzone consolatoria di Cino a Dante insieme con le Rime di

questo in onore di Beatrice « in quanto ella

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<< fu tra' mortali corporalmente ».87) Più tardi, i nomi dei due poeti e delle loro donne congiungeva, nel gentil vincolo della idealità amorosa, il Poeta dell'amore Francesco Petrarca: 88) « Ecco Dante e Bea<< trice; ecco Selvaggia, ecco Cin da Pi<< stoia »; appagando, in altro modo, il desiderio, anzi il rammarico, di Cino, il quale avrebbe voluto che nel paradiso dantesco la sua Selvaggia avesse avuto un seggio di gloria accanto a Beatrice.89)

VII

Questi di messer Cino, poetici, non i romanzeggiati domesticamente dal Boccaccio, furono i conforti che Dante ricevè per la morte della « donna della sua mente». E se proprio li ricevè in mezzo a quel giovanile traviamento, è da credere che non saranno stati senza efficacia a risvegliare entro lui, nel nome di Beatrice,

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