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mori. E dacchè mi furono liberalmente fidati, io m'assunsi d'innestarli ordinati in un libro destinato a purgare la biografia di Foscolo dei molti errori che la noncuranza altrui v'introdusse e redimerne la fama dai sospetti che l'invidia e la servilità letteraria gli avventarono contro anni sono e gli avventano tuttavia. Ma il tempo fugge; la morte può cogliermi impreveduta da un giorno all'altro, nè la vita mi corre si lieta o pacata ch'io possa a ogni modo assegnare un termine al mio lavoro. Ho dunque deciso ch'io, sperando pure mantener la promessa e serbando inedite quelle carte che più particolarmente rivelano in Foscolo l'uomo e il letterato e mi gioveranno a documentarne la Vita, procurerei senza altro indugio la stampa di quelle che più riguardano il cittadino: e formano questo volume. Nè io poteva contendere più lungamente all' Italia la piena discolpa d'un uomo che l'amò tanto, nè a me la gioia, delle rarissime che l'esilio conceda, di vedere giustificato, avverato agli occhi di tutti un presentimento del cuore tante volte pur troppo illuso e tradito.

Ricordo i tempi nei quali io m'affacciava giovinetto alle lettere, e come atterrito del divorzio consumato in Italia da secoli fra la nazione e gli ingegni e cercando fra quelle dei più recenti scrittori una immagine in ch'io potessi con fiducia e conforto affisarmi a trarne gli auspicii della Letteratura sociale invocata, io m'affratellava - non colle opinioni di Foscolo; le mie correvano fin d'allora avverse generalmente alle sue ma colla sincerità delle opinioni ch'ei professava, coll'armonia costantissima in lui fra le tendenze dell'intelletto e quelle del core, coll'unità potente, non mai tradita, dell'anima sua.

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Allora io, con altri giovani amici, alcuni or morti e altri peggio che morti, combatteva gregario sotto le bandiere del Romanticismo le prime battaglie della libertà dello spirito; e allora appunto, mentre il nome di Foscolo, più ch'emancipato emancipatore, ci suonava venerato sul labbro e imparavamo da lui la connessione delle lettere col viver civile e l'indipendenza da tutte autorità fuorchè dall'eterna natura e dal Genio, le accuse contro gli atti della sua vita, gittate prima da uomini ligi dell'Austria nel 1814, riecheggiavano non so di dove più inviperite che mai; e a quelle s'aggiungevano altre novissime toccanti gli anni da lui passati in esilio; accuse non provate a dir vero e alle quali contrastava il complesso della vita autentica e degli scritti di Foscolo; pur combattute tiepidamente da uomini che gli si spacciavano amici, ripetute da creduli sfaccendati, e raccolte per amor di sistema dai molti scettici ai quali ogni contradizione fra la pratica e la teorica pare una necessità dell'umana natura, solcavano d'un dubbio amaro l'anima di molti giovani; non la mia. A me le accuse ai grandi d'ingegno paiono sempre quando non sono innegabilmente documentate favole o peggio.

Lo accusavano d'esser fuggito d'Italia per debiti, o perchè risaputosi dagli amici un patto da lui stretto col governo Austriaco di promoverne cogli scritti la potenza e le mire, ei correva rischio d'ottenersi dai suoi compatrioti infamia di traditore e di spia. Lo accusavano d'avere, a procacciarsi fama tra gli stranieri, dettato egli stesso a un letterato inglese un libro pieno di critica per altrui, di lodi immodeste per sè: poi, d'avere, a procacciarsi fama e lucro a

un tempo, coniato e falsificato due lettere del Petrarca inorpellando Lord Holland a crederle autografe. Lo accusavano d'avere soppresso per oro e minacce del governo inglese un libro da lui scritto a richiesta d'uomini greci su le sventure di Parga. E oggi le accuse rivivono; e a sommarle, trascriverò, con rossore, poche linee d'uno scrittore cattolico, uomo d'ingegno non comune, ma irreparabilmente travolto da credenze retrograde, da una vanità irrequieta, e da stolide lodi d'adulatori pigmei. « Affettò « ricchezza, nobiltà, leggiadria; si stropicciò nel lezzo a dei nobili e degli eleganti; e prima che riconfondersi « alla materia (com'egli dice nell' Ortis) s'invischiò << troppo in quella sudicia materia che chiamano il << danaro altrui; e mori d'uggia, di disinganno, di de« biti. Morì dopo soppresso un libro che narrava le << cose di Parga; e senza aver mosso un grido di spe« ranza e di compassione alla misera patria sua. » (Tommaseo. Diz. Estet. pag. 170): Linee più sfacciatamente calunniatrici di queste, io non so d'averne, da molto, veduto; e le registro perchè i giovani v'imparino la moralità della Scuola, e perchè gridino all'autore, ogniqualvolta ei parla d'amore, di religione e di patria: tacete: quando un uomo che non seppe rassegnarsi ai dolori della servitù, nè sostenere i quai dell'esilio, avventa la bestemmia della maldicenza alla sepoltura di chi lasciò l'ossa in un cimitero d'Inghilterra per non aver voluto contaminare la dignità dell'anima sua, e piangeva pochi giorni innanzi la morte sulle sciagure d'Italia (1), ei profana, parlandoli, quei santi vocaboli.

(1) Foreign Quarterly. Art. Ugo Foscolo, 1821.

Parecchie di quelle accuse furono pur troppo, come accennai, avvalorate dagli errori o dal silenzio, forzato in alcuni, inesplicabile in altri, dei biografi d'Ugo. Le cagioni assegnate, con modi d'uomo che dubita, all' esilio di Foscolo in un libro scritto con manifesta irriverenza all' amico da Giuseppe Pecchio, lasciarono aperto l'adito alla calunnia, come le spiegazioni ipotetiche date da lui, e dopo lui da Camillo Ugoni, della soppressione del libro su Parga incoraggirono il Tommaseo ad accagionarne la codardia, e fors' anche, com'egli gesuiticamente insinua, la venalità dell'autore. Ultimo il Carrer, tenero della fama di Foscolo e giudice abbastanza savio dell' uomo e del letterato, ma incapace, se pur le condizioni del paese ov'ei scrive, non lo forzarono a parer tale, d'intendere il cittadino, accetta corrivo le opinioni altrui sul libro di Parga, tace sulle cagioni della partenza. E oggi soltanto i documenti ch'io pubblico sciolgono i dubbi e imporranno, spero, fine alle accuse.

E parmi cosa importante più ch'altri non pensa. Lasciando anche che gli uomini nei quali vita e scritti concordino non s' incontrano tanto frequenti nella storia italiana degli ultimi cinquanta anni da poter senza colpa trasandare quest' uno, l'armonia fra il pensiero e l'azione in un sommo è in ogni tempo spettacolo che rinvergina l'anima e conforta supremamente a patire, sperare, operare. L'affetto riverente posto dagli uomini negli intelletti potenti e virtuosi il Culto degli Eroi, come direbbe Carlyle frutta solo credenti all'Umanità: l'adorazione all'idea nuda, metafisica, astratta, non dà che filosofi. E oggi che alla gioventù d'Italia manca non

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l'idea, ma la fede, strozzata pur troppo al nascere dalla versatilità degli ingegni e dallo squilibrio visibile nei migliori fra i precetti e le azioni, è gioia poterle dire: ecco un' anima incontaminata: l'uomo che ammiraste scrittore è degno del vostro amore, però ch' ei mantenne tra le sciagure, l'esilio e la povertà, la costanza dei principii, l' indipendenza delle opinioni e l'affetto alla patria vostra. Imitatelo e confortatevi. Una opinione serpeggia fra voi che dice bella e santa la verità, ma tristi gli uomini e sogno il pensiero di prepararle trionfo qui sulla terra. Respingete, o giovani, quella opinione, perch'essa è veleno all' anime vostre, e mortale alla potenza di vita operosa, trasformatrice, che Dio 'vi dava. Stringetevi, come a bandiera di speranza, alle immagini di quei pochi che vissero e morirono fedeli alla vocazione insegnata dalla Provvidenza al loro intelletto. Riconciliatevi in essi all' umana natura. Non sospettate mai degli ingegni potenti. La mediocrità invidiosa non potendo sperderne o negarne gli scritti, si ricaccia sulla loro vita meno evidente agli occhi di tutti e quindi più soggetta a interpretazioni maligne. E la tirannide, tremante d'ogni influenza di verità, s'affretta a giovarsi di quelle invidie per inocularvi la diffidenza e condannarvi, poichè all' ignoranza assoluta non può, alla inerzia dei contemplatori. Ma perchè oggi venerate ispiratrice la memoria di Socrate dannato a morte, plaudente il popolo, dai giudici supremi nella sua città? Perchè rispettate fra i migliori Benedetto Spinosa maledetto a una voce dai contemporanei? Perchè la luce di virtù che albergava nell' anima di quei Grandi non cominciò a splendere se non fra'po

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