Ballata IV. Quantunque volte, lasso! mi rimembra, Ch' io non debbo giammai Veder la donna, ond' io vo si dolente, Ch' io dico: Anima mia, chè non ten vai? Nel secol che t' è già tanto nojoso, Mi fan pensoso di paura forte; Come soave e dolce mio riposo, E dico: „Vieni a me!" con tanto amore, E' si raccoglie negli miei sospiri Un suono di pietate, Che va chiamando Morte tuttavia: Fu giunta dalla sua crudelitate; Sehnsucht nach dem Tode. o oft ich Armer nur daran gedenke, daß ich nie wieder foll die Donna sehn, um die ich mich so härme, daß ich „Was säumst du noch, o Seele?" rufe; in dieser Welt, die dir schon so verhaßt ist, als meiner stillen, füßen Ruhestätte, und sage: „Komm zu mir!“ mit solcher Liebe, Es mischt in alle meine Seufzer fich ein Ton der Weheklage, der allerwegen nach dem Tode ruft. Nach ihm gerichtet find all meine Wünsche, seit meine Donna mir von seiner Grausamkeit entriffen ward. Denn das holdsel'ge Wesen ihrer Schönheit, Dante's lar. Geb. 5 Partendo se dalla nostra veduta, Luce d' Amor, che gli Angeli saluta, indem es unserm Anblick sich entzog, ward eine geistige erhabne Schöne, die durch den Himmel breitet das Licht der Liebe, das die Engel grüßt uud ihrem hohen und tieffinn'gen Geist Bewunderung erregt; so edel ist ste! Sonetto XVII. ra venuta nella mente mia La gentil donna, che per suo valore Era venuta nella mente mia Quella donna gentil, cui piange Amore, Entro quel punto, che lo suo valore Vi trasse a riguardar quel ch' io facia. Amor, che nella mente la sentia, S'era svegliato nel distrutto core, E diceva a' sospiri: „Andate fuore;" Per che ciascun dolente sen partia. Piangendo usciano fuori del mio petto, Con una voce che sovente mena Le lagrime dogliose agli occhi tristi. Ma quelli, che n' uscian con maggior pena, Venien dicendo: O nobile intelletto, Oggi fa l'anno che nel ciel salisti!" |