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masugli d'idolatriche iscrizioni, tuttora conservate in questa città. Ve n' ha una infatti, su cui si leggono appena le sole parole:

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Un'altra pietra, che sembra il limitare o la soglia di una porta del tempio a lui consecrato, offre l'esametro:

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Venere, Giunone, Diana, Ercole, avevano in Benevento magnifici templi, iscrizioni, statue ed altre solenni dimostrazioni di ossequio e di culto: se ne trovano tuttora non pochi avanzi. Di tuttociò ha fatto pregievoli illustrazioni il De Vita, nel citato Tesoro delle antichità beneventane (1).

Ma vengasi alfine a parlare dell' epoca felicissima, in cui su Benevento furono dileguate le dense tenebre dell'idolatria, e la fulgida luce balenò dell' evangelica fede. Primo predicatore dell' annunzio di redenzione e di pace a lei si presentò, in sulla metà del primo secolo, un discepolo di san

(1) Dissert. 11, nella quale tratta : De rebus sacris veterum Beneventanorum. De diis patris veterum Beneventanorum.

De superstitiosis ritibus veterum Beneventanorum: dalla pag. 62 alla 99.

Pietro, il quale aveva nome FOTINO; e si profonde piantò le radici della cristiana religione, ch' essa non più venne meno: produsse anzi collo scorrer dei secoli vieppiù preziosi germogli. Nè qui posso celare, che per dugento e cinquant' anni tacciono del tutto le beneventane storie, tacciono i monumenti sacri, sicchè non ci è fatto di trovare neppure i nomi dei pastori, che dopo s. Fotino, morto non si sa quando, ne governarono lo spiritual gregge. Ma se ci mancano i nomi, si venne per altro a saperne il numero, allorchè nell' anno 44419 l' arcivescovo Landolfo II, per collocare più onorevolmente alcune reliquie degli antichi santi beneventani, trovò non equivoca indicazione di un Giovanni, che aveva posseduto questa cattedra per trentatrè anni, ed era stato il vigesimoprimo a possederla (1). Ciò basta per farci sapere, che dopo Fotino UNDICI vescovi ANONIMI precedettero SAN GENNARO, che ne fu perciò il decimo terzo : e procedendo colla serie, si vedrà, che il Giovanni sopraccennato ne fu il XXI.

Tuttavolta in questo frammezzo di tempo si trovano i nomi di alcuni santi beneventani, i quali, dalla loro patria partiti, altrove fiorirono illustri tra questi è ricordato in principalità un Piato, o Piatone, il quale in sul cadere del primo secolo (2) insieme con s. Dionigi, portò nelle Gallie la fede evangelica e là sostenne il martirio. Perciò il carnotense vescovo s. Fulberto nell' inno, che compose in onore di lui, così cominciò ad encomiarlo (3):

In tellure Beneventi

Clarus ortus patribus
Insignis mundo Piatus

Sacris fultus moribus etc.

Ma ritornando al vescovo s. Gennaro m'è d' uopo notare, ch' egli di patria non era napoletano, come a taluno piacque spargere l'opinione : egli era nato in Benevento, e con abbastanza chiari argomenti lo dimostrò il De Vita (4) nè a verun' altra prova si vede appoggiata la pretesa

(1) Falc. benev., presso il Muratori, Rer. Italic., tom. v.

(2) Erroneamente l' Ughelli lo pose quarto secolo.

nel

(3) Nel tom. xvIII della bibliot. dei

Padri, stampata a Lione nel 1677, tra le opere di s. Fulberto.

(4) Dissert. 111, De tempore, quo primum Beneventi suscepta est christiana fides.

de' napoletani, che lo vorrebbero loro concittadino, fuorchè alla sorte faustissima di posse derne da tanti secoli le venerabili spoglie. Anzi da un antichissimo martirologio della chiesa beneventana, che tuttora conservasi manoscritto, rilevasi, essere stato sempre invocato come concittadino suo cantavasi infatti un' antifona di questo tenore: Salve defensor Patriae, Januari sanctissime, pio interventu culpas nostras ablue, ut coelestis regni sedem valeamus scandere. Ma di ciò nel narrare di Napoli, dovrò nuovamente parlare.

La fierezza del martirio, con che il prefetto Timoteo tormentò il santo vescovo Gennaro ci fa conoscere evidentemente l'abbondanza della messe da lui raccolta nell' evangelico campo, nel tempo del suo pastorale ministero. Nella dura persecuzione di Diocleziano e di Massimiano, intorno all'anno 505, fu strascinato a Nola per dar conto della sua religione dinanzi all'idolatra prefetto. Indarno colle lusinge tentatane la costanza, si venne ai supplizii: nei quali Iddio maravigliosamente lo serbò illeso. Gli furono intanto associati nel glorioso conflitto il suo diacono Festo e il suo lettore Desiderio, Socio misenese, Procolo diacono di Pozzuoli, e due laici Eutiche e Acuzio. Quindi furono cacciati tutti nell'anfiteatro ad esser pasto delle belve; queste, dimentiche della loro naturale ferocità, si prostesero ai loro piedi: il solo Timoteo, più delle fiere inferocito, se ne adirava vieppiù ; nè valse a mitigarne la rabbia la repentina cecità, da cui fu colto nel pronunziare la sentenza capitale contro i magnanimi atleti. Bensi la celeste punizione di lui fece aprire gli occhi dell' intelletto a cinque mila spellatori, che senza indugio rinunziarono alla stolta superstizione dei loro padri e la vera religione abbracciarono, per cui Gennaro affrontava coraggiosamente i supplizii. E tanto più con amorevole persuasione l'abbracciarono allorchè videro alle preci del tormentato pastore ridonata all' empio prefetto la perduta luce degli occhi. La capitale sentenza, già pronunziata, non si rivocò; a Gennaro ed a' suoi compagni fu troncato per la fede il capo i corpi ne furono raccolti dai cristiani delle diverse circostanti città: s' impadronirono di quello di Gennaro i napoletani (1). Assunse, lui morto, lo spirituale governo del gregge beneventano TEOFILO, e lo assunse allorchè, dopo quella di Diocleziano, cominciò ad infierire la persecuzione di Massimiano e di Lici

(1) Del culto, con che quelli lo onorano, parlerò alla sua volta nella chiesa di Napoli.

nio troviamo il nome di lui presso Ottato milevitano nella narrazione del concilio lateranese contro i Donatisti. Correva l'anno 345, nè si sa quanto più oltre arrivasse il venerando pastore colla sua vita. Si sa bensi che nel 320 gli succedeva sulla cattedra episcopale SAN DORO, di cui la chiesa beneventana celebra la memoria addi 20 novembre: anche di lui s' ignora l'anno della morte. Pare, che non vivesse a lungo, perciocchè nel 326 gli si trova sostituito SANTO APOLLONIO, di cui non altro ci tramandò la storia, tranne, che per sottrarsi dalle persecuzioni degli empii e poter governare in pari tempo il suo gregge, si fabbricò una piccola casa fuori della città ed ivi santamente dopo alcuni anni morì. La chiesa di Benevento ne celebra la festa agli 8 di luglio. Un SAN CASSIANO VESCOVO di questa chiesa è ricordato intorno all' anno 540. V'ha chi lo disse quel Cassiano vescovo di Sabiona, che in Imola consumò col martirio il suo mortale pellegrinaggio: ma dottamente nota il Ferrari, che a questo la chiesa beneventana, siccome a proprio pastore, prestò sempre culto di confessore e nel sinodo provinciale altresì lo commemora.

Di un secondo SAN GENNARO si trova onorevole memoria nel concilio famoso di Sardica, intorno all' anno 348. Presso il Beda, e colle stesse parole di lui anche nel decreto di Graziano (1) così è nominato: « Quarta » Sardicensis, in qua Patres sexaginta statuerunt canones XXI, quorum >> auctor maxime Osius cordubensis episcopus, et Vincentius capuanus » episcopus, et Januarius beneventanus et Calepodius napoletanus sanctae » Romanae ecclesiae legati extiterunt. » E Severino Bini lo colloca tra i più illustri vescovi italiani, che per sapienza e per santità e per eccellenza di sede siansi trovati a quel concilio, e dice: « Ex Italia vero lu>> mina clarissima eamdem synodum illustrarunt, nobiles sanctitate et >> illustrium sedium episcopi: Protasius mediolanensis, Severus ravennas, » Lucillus veronensis, Januarius beneventanus episcopi. A questo Gennaro è attribuito il capo XVIII del prefato concilio sul divieto di consecrare ministri delle altrui diocesi. Nè si sa in qual anno il santo vescovo morisse la sua festa si celebra nel mese di novembre. Secondo il Vipera, pare che verso il 569 vivesse LINIANO, che nei sacri dittici beneventani si trova succeduto immediatamente a s. Gennaro II. A Liniano venne dietro SANT' EMILIO, il quale nel 404, a quanto narra il Metafraste (2), andò a

(1) Beda de Temp. cap. 65; Graziano nella parte del Decr., dist. xvi, cap. x1.

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(2) Nella vita di s. Giovanni Griso

stomo.

Costantinopoli incaricato di presentare all' imperatore Arcadio le lettere del papa Innocenzo I, dell' imperatore Onorio e dei vescovi italiani a favore del perseguitato Crisostomo. Ebbe Emilio una figlia, che aveva nome Ia questa prese marito il figlio di Memore vescovo di Eclana, quel Giuliano, che poi successe al padre sulla medesima cattedra, e che fu si accanito difensore dell' eresia pelagiana da provocare contro di sè la penna del grande Agostino. Nella occasione di queste nozze, il vescovo s. Paolino di Nola scrisse un epitalamio, in cui a lode dei vescovi genitori e degli sposi lor figli, tra le altre cose cantò:

Hic vir, hic est Domini numeroso munere Christi
Dives, vir superi luminis Æmilius.

» Surge, Memor, venerare patrem, complectere fratrem
» Uno utrumque tibi nomen in Emilio est.

>> Junior et senior Memor est, mirabile magni

» Munus opusque Dei; qui minor hic pater est

» Posterius natus senior; qui sede sacerdos

» Gestat apostolicam pectore canitiem.

» Filius est, fraterque Memor; laetatur adesse

>> Comunem sibimet, pignoribusque patrem.

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Per migliore intelligenza di questi versi, noterò che il vescovo Emilio era di età minore a Memore, ed eragli di anzianità superiore, perchè la sede di Eclana dipendeva allora da quella di Benevento (1). Dubita il Papebrocchio sul culto prestato a questo santo vescovo, per ciò soltanto, che non lo trova indicato nei martirologii e nelle cronache colla qualificazione di santo. Certo è per altro, che la chiesa, di cui fu pastore, lo venera come santo e ne celebra la memoria annualmente a'12 di maggio. L'anno della sua morte s'ignora.

Vigesimoprimo nella serie dei vescovi beneventani ci si presenta quel SAN GIOVANNI, che in sul principio ho nominato (2): quando nel 1449 il vescovo Landolfo ne trovò il venerabile corpo, trovò anche l'iscrizione che gli assegnava nella serie il numero sopraccennato. Perciò Folco nella

(1) Ved. il Dalla Vita, Thesaur. antiq. Benevent., dissert. v, cap. 1.

(2) Nella pag. 12.

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